Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
eati i tempi in cui era il partito a … “dare la linea”, a chiedere rigore e coerenza ideologica. Nel liberi tutti della sinistra post marxista è invece la babele dei linguaggi a trionfare. E si vede, non solo per il tesseramento del Pd in calo verticale, ma per il venire meno del pudore semantico che sembra caratterizzare la fase senile della sinistra italiana.
Si dirà: che c’entra la semantica (letteralmente: lo studio del significato delle parole) con i contorsionismi politici del Pd ? Moltissimo, visto che la frantumazione dell’identità politica ha – di fatto – sfarinato lo stesso significato delle parole, lasciando il campo libero alle interpretazioni più spregiudicate.
Accade così che ospite della trasmissione “Che tempo che fa” , su Rai 3, Matteo Renzi, rispondendo ad una domanda di Fabio Fazio sul tema dell’ art. 18, dichiari “L’articolo 18 è una battaglia ideologica della sinistra”. Sbandamento della sala e dell’intervistatore, solitamente tenerone verso gli ospiti “di sinistra”, che puntualizza “Presidente lei è anche il segretario del PD, il più grande partito di sinistra…”. Nessun problema ... battuta su D’Alema e la vecchia sinistra … sorrisi di circostanza … applausi del pubblico … the Show Must Go On ….
Sulla stessa linea Ignazio Marino, sindaco della Capitale, che, intervistato da “La Stampa” la fa ancora più grossa arrivando a giustificare il licenziamento di 182 dipendenti del Teatro dell’Opera di Roma: “Sì licenziare è di sinistra: così rifondiamo l’Opera”. Giustamente c’è chi si è chiesto se l’avesse fatto Alemanno. Ma Alemanno non l’ha fatto, mentre – come denuncia un anonimo orchestrale (“nessun nome … già abbiamo avuto problemi e ritorsioni”) - ingiustizia è stata fatta con un governo di sinistra, un sindaco di sinistra, un governatore della regione di sinistra.
C’è chi evoca Enrico Berlinguer e Sandro Pertini, “traditi dai loro eredi”. Molto più semplicemente è il venire meno del pudore, politico e semantico, a fare perdere di significato le parole e le rispettive appartenenze culturali.
Al punto che, in questo clima di confusi e confusionari, su “Tempi”, dopo essersi chiesto leninisticamente “che fare” rispetto all’avanzata nelle scuole dell’ideologia del gender, alla pratica dell’utero in affitto, a chi inneggia ai fautori dell’aborto di massa dei bimbi down, a chi conciona di omogenitorialità e di omofobia, Mario Adinolfi, già membro della direzione nazionale del PD, non ha saputo fare altro che rispondere “Io, co-fondatore del Pd, dico che quella delle Sentinelle in piedi (il movimento di protesta contro il ddl del Pd Scalfarotto, che introduce il reato di omofobia, ndr) è una battaglia di sinistra”.
Siamo ovviamente lieti che il “deviazionismo di destra” – tanto per usare una terminologia d’annata – abbia fatto breccia nel Pd. A questo punto però un minimo di pudore (nel senso lessicale di “rispetto di sé e degli altri”) non guasterebbe. Soprattutto nei confronti di chi “di sinistra” si è sempre considerato e che ora viene letteralmente preso in giro da chi “di sinistra” è solo a parole. Ai primi, ai vecchi compagni pateticamente duri e puri va il nostro rispetto di avversari non pentiti. Ai secondi, ai neo dirigenti del Pd, il nostro disprezzo per avere strumentalizzato e manipolato i bisogni di tanta gente in buona fede, per poi scaricarli alla prima occasione.
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