Andy Brehme

Quando gli dei dell’olimpo calcistico si riducono a pulire i cessi

Esistono tantissimi casi di giocatori prima famosi e ricchi e poi ridotti in povertà

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Quando gli dei dell’olimpo calcistico si riducono a pulire i cessi

Andy Brehme a sinistra; a destra Lothar Mattheus

Anche ieri sera una TV tedesca ha mandato in onda uno special su Andy Brehme, ex immenso terzino di fascia di Bayern Monaco, Inter e Germania.

E’ la storia di un grande atleta rimasto sul lastrico a chiedere l’elemosina ai vecchi compagni ancora più oculatamente ricchi, e obbligato ad accettare il lavoro in un’impresa di pulizia.

Sì ora lava i gabinetti, o cessi o latrine o come caspita vogliamo chiamarli.

“Motoretta” Brehme, era ricordato per i tanti scudetti vinti, per il rigore che permise alla Germania di vincere i Mondiali del 1990 in Italia, per i suoi cross pennellati per le teste di Ramon Diaz o Aldo Serena, per i suoi piedi al cashmere nonostante il ruolo di difensore.

Grazie al grande Franz Beckenbauer, suo compagno di tante battaglie, è riuscito a trovare un lavoro, quello di lavare i bagni e i sanitari, ma allo stesso tempo il Kaiser ha tenuto a precisare “ In questo modo, con questo lavoro, si renderà conto davvero cosa significa sgobbare e qual è la vera vita”.

La vita ti porta a metamorfosi inaspettate, i nubifragi si abbattono con violenza e nel pantano di un campo di calcio è facile essere risucchiati dalla melma.

E non esiste solo il caso di Brehme, in molti si sono sporcati in quella fanghiglia e pochi ne sono usciti senza aver ingurgitato un bel po’ di quella poltiglia velenosa, altri addirittura sono stati inghiottiti da quelle sabbie mobili appena sotto al manto erboso. 

Uno è l’ex difensore interista Fabio Macellari che adesso fa il cantante quando lo chiamano; Roberto Tavola ex centrocampista della Juve che si sveglia all’alba per consegnare i giornali alle edicole e ai centri commerciali. E potremmo continuare con tanti altri calciatori italiani, inglesi, francesi…

Qualche mese fa abbiamo parlato della categoria di giocatori che al fischio finale, lontani dalle grida della curva e dai taccuini dei giornalisti, sono stati assaliti da una malattia subdola, cattiva, qual è la depressione, e non hanno potuto far altro che suicidarsi, come i due portieri tedeschi Enke e Biermann.

Altri, invece, si sono dedicati anima e cuore  all’alcool e alla droga e ora sono irriconocibili larve umane.

La causa, molto spesso, è il non saper amministrare l’ingente denaro guadagnato, e allora si diventa come Brehme, senza un lavoro dal 2006 e con cento, mille idee brutte per la testa.

Vengono a finire i soldi, la gloria, ma soprattutto il rispetto per te stesso. I casi, come già detto, sono tantissimi, troppi, basti pensare a un certo Gascoigne, alla stesso Maradona, a Garrincha.

Il biondo, elegante terzino che incantava San Siro in quella fantastica Inter guidata da Trapattoni, è uno dei tanti, uno di quei personaggi che uscito dall’olimpo della fama non è stato capace di autocontrollarsi, sfidando apertamente il destino. 

Gascoigne, Brehme, Macellari, tutti dei decaduti. Ieri come oggi. 

Pensiamo ad Adriano, potenzialmente uno dei più grandi centravanti di sempre, costretto a mettere in vendita la sua villa pochi mesi fa, o George Best ricchissimo, alcolizzato, che morirà si narra a causa di un mix di droga, alcool, e psicofarmaci, mentre altri invece diranno che trattavasi di suicidio. 

Adesso mio caro Andy, tu che davi spettacolo in tutti gli stadi del mondo e correvi sulle fasce come il più famoso dei cavalli alati, devi ridestarti, salvarti perché l’ultimo tuo spettacolo che dovrai dedicarci sarà quello della tua rinascita.

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