Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Matteo Renzi
Non passa giorno che il nostro beneamato Presidente del Consiglio non ripeta la solita, monotona frase: “ L’Italia deve diventare più smart”.
Cavolo, ogni volta che spunta in foto o in immagine mobile, cioè sempre e su tutti i media che la tecnologia abbia concepito, sposta l’argomento sul tema a lui caro della modernizzazione del Paese, che essa è una grande priorità e che ne guadagnerebbe soprattutto il mercato del lavoro.
E chi può dargli torto, dopo questa continua tiritera ripetuta infinitamente. Le parole di Renzi appaiono abbastanza condivisibili.
È ovvio che ci siano da impugnare provvedimenti urgenti, però per favore che venga fatto con meno retorica, con meno magniloquenza.
Ormai abbiamo capito che Matteo Renzi è uno dei più grandi conferenzieri che la storia della politica ricordi, ed è importantissimo soffermarsi sui fatti e rendersi conto, in primis, se coincidono con i numerosi impegni da lui presi in passato e se hanno avuto un influsso positivo sullo Stivale.
Questo suo continuativo utilizzo del termine “modernizzazione”, può essere infatti variamente interpretato, e molto probabilmente è una parola ben studiata a tavolino.
Se ci soffermiamo sul suo Jobs Act, o riforma del lavoro come lui la intende, capiamo senza sforzo alcuno che per lui modernizzare rappresenta una forma di precarizzazione maggiore in un mercato del lavoro in profonda crisi.
Il contratto definito “a tutele crescenti” introdotto dal Premier, oltre ad evidenziare un nome quasi esotico, in realtà sta a spiegare che un neoassunto non è tutelato all'istante, e di conseguenza è licenziabile quando lo vuole il datore di lavoro.
Modernizzazione per lui vuol dire anche far sparire definitivamente l’articolo 18, sempre e comunque in nome dello sviluppo più progredito.
“Modernizzazione” per l’ex sindaco di Firenze, è anche la riforma della scuola, che “apre le porte agli interessi delle imprese, che dà più poteri ai presidi, che valuta e punisce i docenti, studenti e gli stessi istituti”.
Ora non venitemi a raccontare che da Matteino vi sareste aspettati molto di più, dopo tutte le promesse
e la sua aria da primo della classe.
Avete capito o no, che altri non è che un capo di Governo divenuto tale senza
la legittimazione delle urne, alla pari di Monti e Letta; che afferma senza ripensamenti
di non avere mai letto Marx, amico di finanzieri e banchieri, e che sta
trasformando il PD in una nuovo forza di destra?
Grazie soprattutto a lui la sinistra italiana ha del tutto perso la propria credibilità, avendo ripudiato la lotta anticapitalistica, e Matteo Renzi ne è il perfetto simbolo.
Se modernizzare vuol dire parteggiare per le banche e le società multinazionali allora, amici miei, è meglio restare conservatori di quegli esigui valori che ancora sopravvivono in noi.
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