Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
on c’è niente da fare, viviamo in un paese che definire strano non rende l’idea. Viviamo di polemiche, di recriminazioni, di tentativi inesausti di declinare ogni tipo di responsabilità, qualunque sia il lavoro che facciamo o la situazione nella quale ci troviamo. Fateci caso, ormai nessuno più sembra in grado di chiedere scusa, di ammettere di aver sbagliato, o quanto meno di aver frainteso nel dare informazioni o nel riceverne.
Il caso dell’emergenza neve nella Capitale è emblematico. Abbiamo visto tutti la straordinaria coltre che si è depositata su Roma, citta del centro-sud non abituata a eventi meteorologici di questa entità.
Da giorni però si paventava quel che poi è accaduto, d’altra parte siamo nella parte dell’anno più fredda, e quindi ci stanno anche eventi climatici estremi.
Già martedì eravamo stati tutti avvertiti. Tanto che era stato diramato l’obbligo di entrare in autostrada solo con catene a bordo, e il mercoledì Trenitalia annunciava ai propri passeggeri che dal pomeriggio non sarebbero stati garantiti orari e viaggi per le condizioni di tempo estreme che si preparavano.
A Roma, dove l’emergenza era prevista per giovedì notte, venerdì e i giorni a seguire, il sindaco aveva provveduto a sospendere le lezioni nelle scuole per due giorni. Abbiamo tutti sentito i notiziari avvertire che ci sarebbero stati disagi, di evitare di uscire se non indispensabile, di non prendere la macchina e tantomeno i motorini, insomma credo che tutt’Italia sapesse da giorni che ci si preparava ad un evento eccezionale.
Le previsioni si sono avverate più o meno puntualmente. Ciononostante sembra che nessuno se lo aspettasse! E così ecco le polemiche.
È sembrato che tutti siano stati colti alla sprovvista.
Quando c’è la neve e sono in arrivo temperature polari, tutti sanno che l’unica soluzione è spargere sale su strade e marciapiedi per prevenire la formazione del ghiaccio. Ebbene pare che di sale se ne sia visto pochino.
Si allertano tutti gli operatori dai vigili urbani, all’esercito, dai vigili del fuoco ai volontari e li si organizza per far fronte all’emergenza nel modo più efficace.
Pare che nella Capitale i vigili –forse consapevoli di doversi occupare del traffico, della viabilità e magari dei cittadini invece di fare multe per divieto di sosta– si siano eclissati dalla vista dei romani, forse coperti di neve anche loro?
Insomma una débacle organizzativa francamente poco scusabile.
Se l’organizzazione è stata penosa, tranne forse nelle città più abituate a questi fenomeni imponenti, gli italiani non hanno dato miglior prova di sé.
Se l’allerta vale per chi amministra, dovrebbe valere il doppio per ciascuno di noi: non ci possiamo aspettare che, visto il largo preallarme, tutto sia come se non nevicasse. Insomma quando è previsto uno stato di emergenza ci si comporta di conseguenza rinunciando ai ritmi consueti, organizzando gli impegni, cambiando radicalmente le proprie abitudini subendo magari anche qualche disagio.
Con le forze della natura funziona così, e così è sempre stato, non si può pretendere che il progresso elimini sempre tutti i disagi, li prevenga, e ci faccia fare la nostra vita come sempre. Altrimenti che senso avrebbe chiamarla emergenza!
Invece troppi hanno sottovalutato quel che sarebbe successo o, peggio, hanno stabilito che comunque chi ne aveva il compito avrebbe provveduto con tempestività per evitare i disagi. No, non è così e non può esserlo se non in minima parte, contro le forze della natura la prevenzione serve a ridurre i disagi non ad eliminarli. Se Trenitalia avverte di non poter garantire la percorribilità della rete ferroviaria, è inutile salire su un treno e poi arrabbiarsi se si ferma, arriva tardi o non arriva. Poi potremmo discutere sul perché la tecnologia non è in grado di sopportare le bassissime temperature, ma questo è un altro discorso.
Se le strade sono piene di neve meglio evitare di viaggiare, invece di far conto sul sale sparso che potrebbe anche rivelarsi inefficace o insufficiente.
Morale della favola rimbalzano le accuse, e ciascuno si chiama fuori da qualunque responsabilità. Il cittadino deve andare a lavorare (è vero, ma quando c’è un’emergenza dovrà organizzarsi tenendone conto e non aspettarsi di tenere i soliti ritmi e avere gli stessi servizi), l’amministratore accusa di essere stato male informato da chi doveva; la protezione civile, dice che i dati diffusi erano corretti, ma sono stati letti male.
Già perché è successo anche questo. Il sindaco di Roma sabato mattina di fronte al disastro nelle strade della Capitale, ha invocato una commissione d’inchiesta per far luce sulle “previsioni” inesatte; la protezione civile che quelle previsioni aveva diffuso, gli ha replicato che era stato emanato un bollettino secondo protocollo, dove si avvertiva che ci sarebbero stati almeno 35 mm di neve, sottolineando che tutti sanno (?!)che la cifra convenzionale delle precipitazioni, espressa in millimetri, quando si tratta di neve corrisponde ad altrettanti cm.
Da non credere, qualcuno ha preso i classici fischi per fiaschi, e già è grave, ma la cosa più grave è che non ci siano controlli incrociati e anche magari sottolineature di quel che proprio ovvio non è, e neppure intuitivo: cioè che un mm. di precipitazione nevosa corrisponda ad un cm di neve. Soprattutto di fronte a fenomeni particolarmente allarmanti.
Mah, io credo nel valore dei simboli, e se il sale è mancato per le strade… qualcosa vorrà pure dire!
Non possiamo nn dirci conservatori, e allora attenti con la santificazione della tecnologia
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