Le dimissioni delle due ministre in Giappone

Quando il codice esiste persino nella corruzione

La politica giapponese è corrottissima, solo che, essendo giapponesi, anche quando rubano lo fanno con un limite e, se scoperti, si dimettono pieni di disonore

di Riccardo Rosati

Quando il codice esiste persino nella corruzione

Doppio scandalo nel giro di poche ore per il governo del premier Shinzō Abe, leader del pachidermico Partito Liberal Democratico giapponese (Jimintō,自民党). Due ministre sono state costrette alle dimissioni. Abe non deve aver gradito quello che ha scoperto sulle sue collaboratrici, lui che ama presentarsi come un duro, con gesti pubblici assai netti, come la visita al Santuario Yasukuni a Tōkyō, imitando il vecchio premier, nonché compagno di partito, Jun'ichirō Koizumi. Un atto che ha fatto imbestialire il governo di Pechino, poiché nel santuario si commemorano molti militari colpevoli di crimini di guerra in Cina. 

Ma cosa ha scatenato l'ira di Abe? Il Ministro dell’Economia, Yuko Obuchi, è sospettata di aver speso tra il 2007 e il 2012 più di 10 milioni di yen (circa 74.000 euro), per acquistare prodotti di bellezza. Il Ministro della Giustizia, Midori Matsushima, è stata accusata di aver violato il codice elettorale, distribuendo dei ventagli-volantini (del valore di 50 centesimi l’uno), con il proprio nome e ritratto, agli elettori della sua circoscrizione. Beh, una forma di “corruzione” all'acqua di rose se giudicata coi canoni italiani. Non solo dimissioni, ma persino delle pubbliche scuse! Infatti, prima di lasciare il proprio incarico, la Obuchi ha fatto ammenda: “Offro le mie più sincere scuse per non essere in grado di contribuire alla ripresa economica e alla realizzazione di una società in cui le donne brillano”, ha affermato visibilmente scossa.

Per chi conosce il paese del Sol Levante non c'è da stupirsi, giacché la politica giapponese è corrottissima, solo che, essendo giapponesi, anche quando rubano lo fanno con un limite e, se scoperti, si dimettono pieni di disonore. L’unico dato particolare è che stavolta si tratta di donne, le quali in Giappone sono delle timorate di Dio. Da una cinese ce lo saremmo aspettato: la donna in Cina gestisce spesso il denaro, ad esempio, nei ristoranti a conduzione familiare, il marito sta in cucina e la moglie bada ai clienti e ai conti. Il fatto che due politici donne giapponesi abbiano mostrato tanta sfrontatezza è la riprova di quello che andiamo sostenendo da anni, ovvero che i celeberrimi codici morali nipponici sono oggi ridotti a una mera facciata di un Giappone ormai “perduto”. Per approfondire la tematica sulla corruzione della politica in questo paese, segnaliamo un manga eccellente, uscito anni fa anche in Italia: Sanctuary di Shō Fumimura e Ryōichi Ikegami.

Questi tristi eventi ci ricordano quella “Società Oscura” (Kuroshakai), così ben rappresentata nei film di Takashi Miike, in cui la popolazione giapponese viene mostrata in modo totalmente antitetico alla patinata immagine che i governi nipponici amano dare del loro paese. Un Giappone che può persino essere gretto e disordinato, senza valori e totalmente alieno alle proprie millenarie e ricchissime radici. Certo è che se pensiamo ai crimini (veri) che commettono i nostri politicanti, allora ci viene un po' di sollievo, poiché – da amanti dell'Arcipelago – ci rendiamo conto che in quella terra lontana non solo certe regole hanno ancora un valore, seppur solo di facciata; ma anche che ci sono popoli e Popoli, e non dobbiamo scomodare il grande Julius Evola per riconoscere in quello italiano di oggi una totale assenza di aristocrazia spirituale, cosa che lo ha fatto precipitare nella porcilaia di questa nostra repubblica. Una nobiltà che i giapponesi sono invece tuttora capaci di salvaguardare, alla faccia della globalizzazione.

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