Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
econdo Giovanni Orsina, politologo e docente di storia contemporanea alla Luiss, quella italiana è “La destra che rischia la scomparsa”– come titola un suo articolo, pubblicato recentemente da La Stampa.
Quali le ragioni di questa crisi ? Venuti meno - secondo Orsina - i tre fattori (l’idea del meno Stato e più mercato; la politica estera atlantista, targata Bush junior; il pontificato d’impronta conservatrice di Benedetto XVI) che avevano sostenuto, tra il 1994 ed il 2011, l’ascesa della destra berlusconiana, non sono pochi i dubbi sulla necessità e legittimità di una presenza “moderata” nel confuso panorama politico italiano.
Oggi l’area culturale di centro destra appare segnata dalla presenza dei “due Mattei” – scrive Orsina: “Matteo Salvini da un lato, accampato sul terreno ostile all’Europa; Matteo Renzi dall’altro, che sempre più dilaga al centro”. In mezzo le contraddittorie strategie del Cavaliere, tra patti di convivenza e cittadinanza agli immigrati, collateralismo nei confronti del Pd e tentazioni di abbandono della politica. Il rischio – nota il politologo – è che alla fine il sistema politico italiano si riveli del tutto “disfunzionale”, diviso tra l’ egemonia renziana e l’“opposizione vociante” di grillini e leghisti.
Eppure, proprio le domande dell’opinione pubblica, dovrebbero favorire la crescita di una proposta “alternativa” sia all’egemonia governante che alla mera protesta. A patto ovviamente di avere le idee chiare e di essere in grado di dare forma politica alle aspirazioni diffuse della gente.
Il tema – a destra - non è nuovo, tanto esso ricorre, nello scandirsi dei decenni, tra crisi e rinascita, attendismo e dibattiti sempre uguali sul chi siamo-da dove veniamo-dove vogliamo andare.
Non è però con finalità consolatorie che siamo andati a ripescare il titolo, “Le destre e i problemi della coltivazione dei cavoli”, ed il senso dell’articolo a firma di Giuseppe Bottai, il discusso intellettuale-politico fascista, pubblicato, nel dopoguerra, sulla sua rivista “Abc” (16 giugno 1957).
Perché un titolo così bizzarro e surreale? Bottai parte dalla domanda, rivolta, durante un convegno, da un agricoltore sovietico a Kruscev, proprio sui problemi della … coltivazione dei cavoli. Il capo comunista, mettendo fine al “confronto”, avrebbe risposto che il cavolo non ha problemi, crescendo sempre uguale dai tempi degli zar.
Sulla scia di questo episodio il direttore di “Abc” pone un quesito molto concreto: “Cosa avrebbe dovuto chiedere quell’agricoltore, se non chiarimenti o dibattiti sui problemi della propria attività lavorativa ?”.
Emerge, già nella domanda, la visione sociale di Bottai ed il suo invito, questa volta rivolto alle destre dell’epoca, ad uscire dal genericismo, per guardare – scrive – alle “esigenze della vita dei singoli e della collettività” ai “problemi dei cavoli” per riprendere la domanda del contadino russo, e dunque alle questioni concrete che si trovano “in ogni settore della vita pubblica, da quello costituzionale a quello amministrativo, economico e finanziario; dal sociale e professionale a quello scolastico; da quello della politica estera a quello sportivo, e così via”. Per riuscire a formulare risposte adeguate, ieri come oggi, non basta insomma sventolare il tricolore ed appellarsi a qualche sacro principio, ma occorre “costruire – conclude Bottai – vicino agli apparati organizzativi, quello dello studio dei problemi, della loro soluzione e delle conseguenti formule”.
Se la destra non vuole rischiare di scomparire – per usare l’immagine di Orsina – la strada, anche oggi, non può che essere questa: la strada segnata dalle analisi ricostruttive, dalla ricerca tecnicamente fondata, dalle proposte serie. Occorre insomma alimentare le idee, rifuggendo ogni facile genericismo, nella convinzione che – come scriveva Bottai – “i frutti nascono più copiosi dove viene gettato certo concime”.