La giornata politica di Vincenzo Pacifici

Nessuno smentisce che Marchionne e fratelli forti abbiano messo Renzi alla guida del governo. Allora è vero!

di Vincenzo Pacifici

Nessuno smentisce che Marchionne e fratelli forti abbiano messo Renzi alla guida del governo. Allora è vero!

La frase dell’amministratore delegato di Fiat Chrysler Marchionne, ripresa dalla Camusso e da nessuno smentita, “L’abbiamo messo là”, è di estrema importanza perché, per così dire, ufficializza una realtà, purtroppo a pochi nota, della totale ed assoluta subordinazione dei “tifoso viola”, a certi poteri forti (non solo quello della Fiat), che lo condizionano e lo pilotano. D’altra parte il pupo si dimostra nelle occasioni cruciali (alluvione di Genova, incidenti di Roma, legge stabilità) del tutto inconsistente ed assente. Nella città ligure, che paga una volta di più gli errori delle amministrazioni comunali di sinistra, si è ben guardato dall’andare mentre per i fatti incresciosi della capitali, solito nei momenti tranquilli e comodi, esibirsi con l’assordante quanto umiliante uso della I persona singolare “Io, io, io …”, ha lanciato allo sbaraglio quel povero cristo di Alfano, che non ha saputo fare altro che assumere una ridicola quanto pietosa posizione “ecumenica”.

Si è registrato uno scontro dialettico tra Ferrara, insopportabilmente e, si consenta, ottusamente reggicoda del boy scout, e Sallusti, che – miracolo – sostiene che “Pippo Spacca” deve prendersi “la responsabilità politica della gestione dell’ordine pubblico. Non ci provi neanche il governo a scaricare sulla polizia la colpa di incidenti con operai disoccupati”.

Sulla legge di stabilità, infine, finge di non aver letto che  sulla legge finanziaria non sono escluse, ad esame concluso, nuove, eventuali correzioni.  Come paradossale ed ennesima prova della superficialità di questo esecutivo è il bando per 75 mila euro lanciato dalla Boschi sui sistemi elettorali dell’UE in presenza di un Italicum, già approvato a Montecitorio.

Ieri poi, sempre il sullodato venditore di pignatte ha collezionato un’altra meschina figura: recatosi, tronfio ed arrogante al Quirinale, è stato prima pesantemente stoppato, secondo un centrato titolo di un quotidiano di estrema sinistra, al grido “basta con le Renzate”. Non è stato accettato il nome proposto o forse imposto per il delicato e finora completamente inesistente Ministero degli Esteri (per i marò silenzio assoluto) ed è stato notato da Napolitano l’urgenza di una definizione dell’organico della Corte costituzionale e del CSM. Quindi venerdì – ed era ora – ha riportato una pesante quanto eloquente sconfitta con la nomina, imposta dal presidente della Repubblica, di Gentiloni alla Farnesina.

Intanto, dopo essersi atteggiato, come di consueto, a vittima di fraintendimenti sulle idee espresse a proposito dei diritti delle coppie di fatto e dello ius soli, Berlusconi, contrariamente al suo costume, disattento sui sondaggi, che vedono il suo partito in costante perdita, non ha trovato di meglio che lanciare una nuova assicurazione al “premier” sul patto del Nazareno, che l’opinione pubblica – cav. Berlusconi – è ben lontana dal conoscere, dal momento che nessuno ha sentito il dovere di renderlo noto e giudicabile.

Giorni addietro, da par suo, Mario Bozzi ha esaminato un articolo di Orsina sulla destra, oggi ripercorriamo criticamente una nota di Pierluigi Battista, dedicata ad una critica senza appello alla “destra di governo”, ormai inesistente, “silente, marginale, cupa, risucchiata nella rassegnazione minoritaria”. Sin dalle prime battute il giornalista perpetua l’errore, provocato da Berlusconi, che non è mai stato di destra, non ha mai fatto nulla di destra ed ha fatto del tutto per asservire fino a soffocarla la destra di Alleanza Nazionale. Il raggruppamento berlusconiano, il presunto, preteso e sedicente polo, non è stato altro e non continua ad essere altro che un minestrone confuso, un coacervo presente solo e soltanto in forza del cesarismo del leader di Arcore.

Chi è autenticamente di destra, chi non è stato nemmeno lontanamente simpatizzante per Berlusconi, perché non ne condivideva le idee, spesso, troppo spesso altalenanti, né ancora meno i modi, non può che auspicare, stavo per scrivere, dopo la persistente inconcludenza registrata a destra, sognare con Marcello Veneziani di ritrovare “simboli, gesti, parole e fatti che ci ricorderanno le origini, la nostra storia, le nostre aspettative e la promessa di un avvenire meno straniero”. 

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