Editoriale

Andate e sprangate nel nome del Padre, del Figlio ...e del politicamente corretto

L’aggressione a Salvini giudicata come una naturale reazione ad una ignobile provocazione

Domenico Del Nero

di Domenico Del Nero

n tempo i sacerdoti benedivano stendardi e bandiere,  adesso papa Francesco e i pasdaran nuovi arroganti signori  della curia vaticana  benediranno spranghe e molotov?   Intanto il placet pontificio  è sceso sul capo, più o meno capelluto e pidocchioso, degli esponenti dei centri sociali di mezzo mondo e forse Bergoglio provvederà a coniare  una nuova serie di “beatitudini”: beati gli okkupanti, perché riceveranno gratis le case a spese altrui.  Beati gli sprangatori, perché saranno graziati. Beati gli antifascisti, perché di essi è il Regno … anzi no, la repubblica democratica dei cieli.  Beati coloro che aggrediranno i nemici del popolo, perché saranno chiamati operatori di pace … e così via? Pare infatti sfugga al santo (?) padre e ai suoi più zelanti zelatori che se è certo dovere della Chiesa occuparsi degli ultimi e dei più sfortunati (e non è che abbia aspettato lui per farlo)  dovrebbe esserlo altrettanto condannare la violenza e il sopruso, soprattutto quando si ammantano ipocritamente di buoni propositi, e da chiunque venga fatto.  Ma come, lo stesso pontefice che, quando si tratta dei cristiani perseguitati nelle zone infestate dall’Isis, raccomanda di risolvere la situazione cercando di non usare la forza, che non trova una parola di conforto  per i parenti dei due giovani sposi cristiani bruciati vivi in Pakistan e di condanna per i loro barbari assassini  (lo hanno fatto alcuni suoi collaboratori, ma non è assolutamente la stessa cosa) benedice, incoraggia ed esorta gente che spesso e volentieri della violenza ha fatto e fa quotidianamente la propria bandiera?

 E i frutti stanno iniziando a maturare. Chissà se tra gli esponenti dei centri sociali che hanno aggredito sabato scorso a Bologna  il segretario della Lega Matteo Salvini, sempre con la solita, nobilissima logica del “dieci contro uno” che ha contraddistinto il modo di fare vigliacco e assassino dell’estremismo di sinistra nella notte degli anni di piombo, non ci sia qualcuno di coloro che alla fine di ottobre si sono sentiti dire dal papa “Continuate la lotta”. Comunque sia, nell’assai improbabile caso che qualcuno di questi bei tipi subisca una qualche condanna, potrà sempre chiedere asilo al Vaticano o meglio ancora in Santa Marta.
E non c’è solo questo, naturalmente.  Lucia Annunziata, altra campionessa di faziosità politica a pessimo mercato, titola l’Huffington post con un bel “Salvini provoca, ma viene respinto a sassate.”[1] Nihil sub sole novi, almeno per chi abbia una certa età: un gruppo di teppisti attacca una macchina a calci e pugni e sassate, ma  le mosche cocchiere del politically correct, i  buonisti a senso unico e i compagni allo champagne, in perfetta sintonia con quelli più pulciosi e barricaderi, solidarizzano con gli aggressori. Del resto, Salvini si era macchiato di un “crimine” tra i più nefandi: quello di voler  provare a visitare un campo rom e di protestare contro i fondi  assegnati ai nomadi (centotrentamila euro annui per pagargli le bollette)  mentre tanti cittadini italiani – specie in zone come l’Emilia che ancora non si è ripresa dagli effetti del sisma del 2012 –  non hanno certo di questi privilegi. E tanto per non farsi mancare niente, i cavalieri della spazzatura che hanno aggredito Salvini pare abbiano anche picchiato un giornalista del Resto del Carlino, che se l’è cavata “solo” con la rottura di un gomito. E le immagini parlano chiaro: una violenza bestiale, senza la minima scusante di un dissenso che poteva essere manifestato in modo pacifico ed essere in questo caso legittimo, anche se discutibile.
Ma in questo paese, da sempre il “dissenso” tollerato e incoraggiato è solo quello di chi, in realtà, è servo e tirapiedi del potere e della mentalità dominante. In una nazione dove i fallimenti sono all’ordine del giorno, in cui molta gente che lavora non arriva a fine mese e chi ha lavorato tutta la vita rischia una vecchiaia di miseria, la sinistra al potere e i suoi biechi satelliti si commuovono – e spendono – solo per rom e immigrati clandestini. Forse, dopo che il “proletariato” nostrano si è reso conto di essere abbondantemente preso per i fondelli, stanno cercando di fabbricarsene uno nuovo per trarre legittimazione e ragione d’esistere? Difficile dirlo, anche perché in questo paese in cui tutti si lamentano la sinistra governa oggi con percentuali bulgare, grazie anche a una destra allo sbando e inesistente e a un centro   - Berlusconi compreso, anzi in primis – che fa da sgabello al governo Renzi. Tutto questo mentre i suddetti “nuovi poveri”  si impongono spesso per la loro arroganza nei confronti degli italiani, rendendo l’esistenza di chi ha la disgrazia di vivere nei loro paraggi un vero e proprio inferno. Non solo la pretesa di “essere mantenuti”, ma anche la minaccia, l’estorsione, e talvolta pure le violenze sessuali. Si dirà che tutto questo non è monopolio di rom e immigrati: certamente, come non tutti gli immigrati possono né devono  essere classificati come violenti o delinquenti.  Ma questa non è una buona ragione per tollerare crimini e sopraffazioni che provengono da una certa parte, sempre minimizzati quando non proprio del tutto sottaciuti dai media, mentre anche una semplice protesta da parte di cittadini stufi di angherie e vessazioni viene subito bollata al grido di “razzista”.
Salvini e la Lega possono piacere o meno, ma le loro proposte e attività politiche vanno giudicate con il metro del consenso o di un pacifico dissenso; questo almeno in un paese anche larvatamente civile.  In un momento come questo non si può che essere del tutto solidali con il segretario leghista e sperare che prima o poi i protettori di quel branco di teppisti che lo hanno aggredito subiscano – e con gli interessi – lo stesso trattamento, insieme ovviamente ai loro scagnozzi.
 C’è però  da dubitare che questo possa accadere in un prossimo futuro, visto che ormai tutti i poteri, compresi quello religioso, osannano, incoraggiano e coccolano tale stato di cose. E a proposito di Chiesa, tanto per chiudere il cerchio, ci sarebbe da notare come Francesco, se reputa di non potere e non dovere “giudicare”,  pensa invece di potere e dover condannare chiunque non sia perfettamente allineato al suo corso. Il trasferimento del Cardinale Raimond Leo Burke dalla Penitenzieria Apostolica al  patronato dell’Ordine di Malta, incarico poco più che di cerimoniale, è la “punizione” per aver difeso sino in fondo in quella pagliacciata di sinodo che si è appena concluso i valori della famiglia cristiana: un’assemblea in cui tutti erano stati dallo stesso pontefice invitati ad esprimersi liberamente. Certo, per poter meglio individuare i propri avversari e procedere alle purghe con una solerzia degna di zelo staliniano, anche quando si tratti di persone di grande valore e statura come il cardinale Burke; se non altro un tempo si usava il “promoveatur ut amoveatur” (sia promosso perché sia tolto dai piedi), ora ci si limita a togliersi dai piedi i personaggi scomodi e basta.   E così  la maggior parte dei Cardinali intorno a Francesco potrà senza timore aggiungere alla tonaca rossa una bella falce e martello e chissà che anche Francesco non se li faccia mettere sul pastorale: in fondo  (ipse dixit) Vangelo e comunismo sempre di poveri si …. okkupano!


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