Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Ieri su Sky hanno trasmesso, per l’ennesima volta, il film “Young Adult” con Charlize Theron e Patton Oswalt, e per la centesima volta ho pensato a quanto siano inutili e banali le fatidiche rimpatriate fra ex compagni di scuola. Purtroppo, dal momento che il nostro Paese ama farsi condizionare da tutto quanto proviene dall’estero, ha copiato pedissequamente, oltre ad Halloween e altre miriadi di “stoltaggini”, anche questa terribile consuetudine di rivedersi a cadenze regolari, cioè organizzare feste con vetusti ex compagni di classe a distanza di 20-30-40-50 anni dal diploma.
Sulla base di certuni racconti, di chi ha partecipato a siffatti ridicoli amarcord di provincia, non ho potuto che rafforzare la mia idea sull’inutilità e il cinismo grottesco dell’avvenimento. Psicologicamente, nel periodo pre-incontro, c’è una predisposizione collettiva all’idea che il tempo non sia poi così cambiato, come se quella riunione di ex giovani raffigurasse una sorta di time-machine a ritroso.
Infatti, in partenza, si mettono in atto gli stessi automatismi “sociali” di quando eravamo degli adolescenti e si rispolvera la figura del timido, del bello, del simpatico, dell’elegante, dell’antipatico e via dicendo, per smascherare, poi, con l’impatto visivo, che il tempo non solo ha modificato fisicamente le persone, ma anche e soprattutto i loro caratteri e le loro speranze.
La più bella della classe nella migliore delle ipotesi si è trasformata in “qualcosa” di affascinante, nonostante i 35-40 kg in più; ora, sicuramente, non desta più le invidie del tempo che fu.
Il primo della classe è diventato una persona normale e non è più visto come il nuovo Pitagora o l’Einstein della scuola, e persino gli ex atleti, speranze del calcio di allora, capisci al volo che -al momento- non fanno nemmeno dieci minuti al giorno di corsa intorno all’abitato.
Gli stessi meccanismi dell’amicizia sono deformati, del tutto stravolti, soprattutto se non siamo rimasti in contatto negli anni.
Stranamente chi, lustri fa, poteva apparire una vera palla al piede ora può risultare cambiato, quasi interessante; ma scopri, però, che alcuni di loro sono rimasti attraccati al solito porto, ancorati disperatamente a ciò che erano, in un demenziale e ridicolo rifiuto del tempo che scorre inesorabile.
E nasce, da questa non esplicita paura, l’abitudine di farsi rivedere dopo decine di anni da chi ci ha visto giovani e pieni di sogni; c’è l’assoluta negazione che tempus fugit, e che quello che prima ci differenziava l’uno dall’altro adesso ci accomuna un po’ tutti; il fatto di essere, a parte le realizzazioni professionali e sentimentali, delle persone semplicemente normali.
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