Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Il Presidente del Giappone Shinzo Abe e quello della Cina Xi Jinping
Dopo due anni di dispute che hanno congelato le loro relazioni, il presidente della Cina, Xi Jinping, si è incontrato questo lunedì col primo ministro del Giappone, Shinzo Abe, approfittando del vertice di Pechino indetto dall’APEC (Cooperazione Economica Asiatico-Pacifica). Benché la loro stretta di mano sia stata la più fredda che ambedue potessero dispensare, il loro mero incontro è servito almeno a rompere il ghiaccio tra i due Paesi, affrontando il delicato argomento delle isole Senkaku-Diaoyu, ove ancora sono aperte le ferite per l'occupazione imperiale nipponica sulla Cina, tra il 1931 e il 1945.
Con sorrisi appena accennati, i due leaders hanno mostrato quanto alta si mantenga la tensione tra Giappone e Cina e tutto reso ancor più visibile dai primi piani delle telecamere delle agenzie internazionali.
Inoltre, rompendo le regole della diplomazia internazionale, Abe ha dovuto attendere l'arrivo di Xi nella stanza della Grande Sala del Popolo, dove avrebbero dovuto posare per alcune foto ufficiali da consegnare ai posteri, ma niente, ancora una volta, a causa della Cina, il protocollo delle buone maniere è saltato del tutto. L'agenzia statale di notizie Xinhua ha poi dichiarato che l'intervista è stata effettuata “a petizione” del primo ministro nipponico.
“Credo che non solo i nostri vicini dell'Asia, bensì molti altri paesi, abbiano sperato per molto tempo che Giappone e Cina riaprissero le conversazioni”, ha detto Abe, che poi ha aggiunto “finalmente queste aspettative sono state realizzate e fatto un primo passo per migliorare le nostre relazioni.”
Da parte sua, Xi Jinping, ha sollecitato il Governo nipponico a “fare di più per aiutare a migliorare la mutua fiducia tra Giappone e i paesi vicini, come svolgere un ruolo costruttivo per salvaguardare la pace e la stabilità della regione.”
Col ricordo ancora vivo delle atrocità commesse dall’Esercito imperiale nipponico durante la conquista della Cina nella II Guerra Mondiale, a causa della quale le relazioni tra i due paesi si sono ulteriormente deteriorate per la disputa delle isole Senkaku che la Cina, ancora oggi, reclama al Giappone. Situato tra Okinawa e Taiwan, quest’arcipelago composto da cinque isole e tre scogli è stato rivendicato dal Giappone sin dal 1895, dopo averci costruito una fabbrica per la vendita del pesce.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti si sono impossessati di queste terre fino al 1972, quando sono tornate sotto il dominio nipponico che le considera di sua proprietà, affittandole da anni ai suoi proprietari originali. Nel settembre 2012, Tokyo ha comprato tre dei suoi cinque isolotti dall'impresario Kunioki Kurihara per 2.050 milioni di yen, 20 milioni di euro, provocando miriadi di proteste in Cina, perché tale azione è stata definita un affronto agli interessi dei cinesi.
L’anno scorso a novembre, l'autoritario regime di Pechino ha incluso detto arcipelago nella propria zona difensiva d’identificazione aerea, sul Mare Orientale della Cina. Mediante tale misura, Pechino ha obbligato tutti gli aeroplani, che sorvolano la zona, di comunicare per radio la rotta, in caso contrario verranno portate a termine le “misure difensive di emergenza.”
Una decisione che il Giappone ha definito “inaccettabile”, considerandola un'intrusione sulla sovranità nazionale delle Senkaku. Sfidando gli avvertimenti di Pechino, diversi aerei da combattimento provenienti dagli Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud hanno attraversato l’area di identificazione aerea senza preavviso e sono stati immediatamente presi di mira dai cannoni e dagli aerei militari delle truppe cinesi, aumentando così le tensioni belliche nella regione.
Benché questi isolotti siano disabitati, interessano molto alla Cina e al Giappone per i loro supposti giacimenti sottomarini di gas e petrolio, e per i ricchi banchi di pesca. Ma, a parte l'importanza delle risorse o della loro posizione geo-strategica, esse si sono trasformate in una ricorrente arma missilistica tra i due Governi.
Peggiorando ancor più la situazione, Shinzo Abe lo scorso anno ha visitato il santuario di Yasukuni, inchiodato tra il Palazzo Imperiale di Tokyo ed il Museo Militare di Yushukan. Lì si venerano le anime dei 2,5 milioni di soldati nipponici caduti nel conflitto per restaurare la dinastia imperiale Meiji, 1866 -69, e i morti in battaglia della Seconda Guerra Mondiale, (1939 -45). Tra essi figurano più di un migliaio di criminali di guerra, addirittura quattordici di prima classe, giustiziati dagli Alleati al termine del conflitto. Nel 1978, ognuno di loro è stato compreso nel Registro delle Anime di Yasukuni con un atto segreto. Niente più!
Perciò, ogni visita di parlamentari e ministri giapponesi suppone una grave offesa per le nazioni che più hanno sofferto l'occupazione nipponica, come Cina e Corea, dove si calcola che siano morte quasi 30milioni di persone.
Cercando di migliorare le loro relazioni, Cina e Giappone, si sono riproposte di riannodare i contatti sia politici, diplomatici e di sicurezza.
Tokyo nel suo comunicato ha riconosciuto che esistono punti di vista ben distinti in merito alla sovranità sulle isole Senkaku-Diaoyu, e tutto quanto è parso essere una mera e futile concessione per compiacere i vertici di Pechino.
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