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Il professor Porsche

Sulle automobili a gassogeno -Quarta parte-

...la targa ha ancora le sigle in uso nel Reich fino al crollo del 1945

di Piccolo da Chioggia

Sulle automobili a gassogeno -Quarta parte-

Un’altra immagine della Volkswagen mossa dal gassogeno. L’osservatore attento qui si accorge di alcune diversità dall’immagine del capitolo appena precedente; i fanali sono schermati per l’uso militare; è completamente diversa la forma del cofano anteriore; la targa ha ancora le sigle in uso nel Reich fino al crollo del 1945. Si scorge, entro il vano aperto, il lungo cilindro trasversale che alberga la ventola e forse agisce da serbatoio di gas in leggera pressione. 


Tutto si semplifica nella magistrale versione da campo del capolavoro del professor Porsche, la Kübelwagen, ed il muso della macchina con l’abbondante rigonfiamento del gassogeno dovrebbe promettere lunghi percorsi grazie al maggior carico di trucioli possibile. Il cilindro con la ventola spunta dalla paratia laterale prolungandosi nella conduttura che trasporta il gas al mischiatore. Sotto la portiera si scorge la piattaforma di filtraggio e raffreddamento del gas. Sulle qualità della macchina basta rammentare un rapporto tecnico dell’esercito americano nel quale pare fosse stato scritto che la Kübelwagen svolge tutti gli uffici possibili alla famosa e intramontabile Jeep solo consumando un terzo del carburante. Elogio quindi lusinghiero anche in grazia del fatto che la General Purpose Car, abbreviata in G.P. Car donde la contrazione delle iniziali G e P in Jeep, era una macchina assai razionale e affidabile con un motore di cilindrata pari a 2200 centimetri cubi e quattro cilindri. (Lontana mille miglia dalle possibili intenzioni americane l’idea di metter un gassogeno alla Jeep, data la smisurata abbondanza di benzina negli Stati Uniti). Il motore della Kübelwagen era un quattro cilindri contrapposti di soli 1124 centimetri cubi e 26 cavalli di potenza. Aveva però nel raffreddamento ad aria un formidabile aiuto all’affidabilità dimostrata tanto nel deserti bollenti dal caldo quanto nelle desolate steppe invernali russe. La macchina è alquanto più alta dal suolo di quanto non lo sia la graziosa berlina Eiform ovvero dalla forma ad uovo dalla quale deriva. Vale qui di ricordare che di questa automobile gli artefici, Dii ex machina, furono: per il progetto generale il geniale autodidatta della meccanica e dell’elettricità professore honoris causa Ferdinand Porsche, per il motore Franz Xaver Reimspiess, per il disegno delle carrozzerie tanto della berlina che delle derivate, Kübelwagen, furgoni, coupè et cetera il bravissimo disegnatore Erwin Komenda. Tutti austrogermanici come la maggior parte degli altri eccezionali ingegneri dello studio Porsche. La Volkswagen da campo è dunque più alta dal suolo per il fatto di ospitare sui mozzi delle ruote posteriori, che sono quelle motrici, dei gruppi riduttori che permettono così al piccolo motore di non temere alcuna ripida salita si presenti al guidatore. Cosa che viene incontro ancor di più al ridotto vigore del gas di legna. 

Per condurre questa Kübelwagen a gassogeno, così come altri veicoli con l’identica alimentazione, e sfruttarne al meglio l’efficienza i servizi automobilistici di Wehrmacht e Luftwaffe con la solita razionalità organizzativa istituirono dei corsi appositi della durata di circa 7 giorni al termine dei quali, superato un esame, si otteneva un attestato di idoneità da accompagnarsi alla patente.

Un aspetto sul quale riflettere contemplando quest’immagine e fantasticando di riportare la macchina così come è ora su di una nostra strada di collina o alpina o d’Appennino, è quello che il veicolo abbisogna solo di trucioli di legna per muoversi sia pure a velocità modeste e non certo di autostrada. Esso diviene completamente autarchico. Mi chiedo se non sarebbe razionale che qualche amministrazione di comune di montagna o di collina, un poco in disparte dal grande traffico autostradale e da quello dei mezzi pesanti, desse il permesso ovvero incoraggiasse di nuovo degli esperimenti con il gassogeno su automobili di oggi. In provincia di Brescia, un bravo appassionato di meccanica ha adattato una utilitaria Opel, di fabbricazione non troppo recente ma ben tenuta, al montaggio del gassogeno con tutti gli apparati ad esso complementari. Stando ai dati comunicati alla stampa locale si è verificato per la macchina un consumo medio pari a circa un chilogrammo di trucioli per 18/20 chilometri percorsi. E sembra che l’ispettorato della motorizzazione provinciale voglia concedere un permesso sia pure limitato alle strade del circondario a questa vettura dal combustibile autarchico. È un’ottima idea. E si spera che venga coltivata. Analoghi esperimenti ma, come il solito, con molta maggiore apertura mentale e disponibilità da parte delle autorità e impiego di più larghi mezzi da parte degli intraprendenti sperimentatori stanno avvenendo in Austria, Francia, Germania, Svizzera, Russia, Romania e Svezia. Entro quest’ultima vi è stata la prova che pare più interessante e convincente: una robusta Volvo di grossa cilindrata munita di gassogeno ha effettuato un giro dimostrativo per tutto il paese. Gioca qui, come in Austria, Svizzera, Romania e Russia un ruolo di rilievo il fatto che le riserve di legname, e l’attenzione che da sempre le autorità hanno dato a questa importantissima risorsa, sono davvero elevate. Evidentemente l’uso di gassogeni non può soppiantare nel traffico privato l’impiego di benzine e nafta. Ma nel traffico dei veicoli di proprietà delle amministrazioni pubbliche di particolari regioni ricche di legname i gassogeni potrebbero rappresentare un interessante modo di svincolarsi sia pure per una piccola parte dalla servitù del petrolio e dei suoi combustibili derivati. 

 

  

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