Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Nulla vi è più di certo in quella terra d'Afghanistan, nulla. Nella nostra pagina del 9 ottobre scorso, avevamo definito la firma di Ashraf Ghani al Bilateral Security Agreament, il patto della condanna, avevano parlato di cessione di sovranità di Stato, tutto questo e molto altro era stato espresso con profondo rammarico, ora, con lo stesso rammarico, maggiore, confessiamo che avremmo desiderato una smentita alla nostra tesi, non è stato, non è così. Questa firma della condanna ha rafforzato la violenza, violenza per di più senza firma, violenza generata da violenza, come fosse autoproduzione. E' così che oggi, 23 novembre, dopo la reiterazione, in mattinata, a Kabul, della famosa firma del patto da parte della Camera dei Rappresentanti, alle ore 17 afghane, 13,30 italiane, durante una partita di palla a volo, chiamata ovviamente volley, un attentatore suicida senza nome né volto, ha lasciato sul terreno, oltre che se stesso, 50 vittime e 60, forse 70, feriti in gravi condizioni, con una percentuale di ragazzi e bambini altissima in entrambi i casi. Ma nessuna rivendicazione è giunta, di alcun tipo, che fosse ufficiale o non, e Zabihullah Mujahid, portavoce dei Taliban, ha taciuto, esattamente come lo scorso 15 luglio aveva negato un'altra strage (90 morti), quella volta in un mercato. La zona però è la stessa, la zona calda, quella ad oriente, quella più facile da accusare, per chi conosca quella terra, lì, nella provincia di Paktika, sul confine pakistano.
Il fatto è che malgrado l'apparenza, a governare si sono
voluti ( dagli Usa) due nemici, dato che questo sono Ghani e Abdullah, Presidente
e Capo dell'Esecutivo, riscaldando così ancor più il Grande Gioco Afghano a
favore degli Usa e della Nato. Ma questa è solo una parte, l'interessante è tra
le quinte: la possibilità di incontro politico tra Afghanistan e Pakistan. Il
15 c. m., infatti, Muhammad Ashraf Ghani ha incontrato in Pakistan Nawaz
Sharif, Primo Ministro pakistano, l'eloquente frase conclusiva di Ghani è
stata: " In 3 giorni abbiamo superato gli ostacoli di 13 anni". E non
finisce qui, c'è anche l'India che sta dimostrando la sua solidarietà al paese
afghano sostenendolo economicamente, per non parlare della Cina che ha promesso
aiuti per 330 milioni di dollari entro il 2017 non solo, ma ultimamente, al
vertice di Pechino " Processo di Istanbul", ha espresso con
determinazione l'ipotesi di un forum per la pace nella regione, con la
partecipazione di Afghanistan, Pakistan e rappresentanti dei Taliban, oltre
ovviamente se stessa.
A noi sembra sufficiente questo brevissimo flash riassuntivo di una parte delle
quinte, e ci chiediamo: come possono sentirsi gli Usa in questa situazione che
va creandosi, se non assaliti da un magone? E allora si inizia col mettere in
circolazione la voce di alcuni analisti, a nostro avviso ignoranti o ben
pagati, a cui dei giornali italiani hanno fatto eco, si inizia con le loro
insinuazioni circa la possibilità di un nuovo Iraq afghano nell'eventualità che
gli Usa, Nato al seguito, possano lasciare quella terra, analisi oltremodo
errata che fa il Gioco di cui sopra, sempre lo stesso. Analisi che non tiene
conto della posizione geografica innanzi tutto, nonché dei rapporti
interregionali storicamente diversi, nel bene o nel male che sia, ma diversi.
Però le "analisi" sottolineano non solo la necessità della
presenza Usa sul suolo afghano, ma anche un ulteriore aumento numerico circa le
unità e gli armamenti. Ad avallare tutto questo, giustificandolo, ecco che
giunge l'incrementarsi degli attentati "terroristici" di varia misura
e portata.
Non c'è altro da dire. Per ora.
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