Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Professore ordinario di Storia Contemporanea Roma La Sapiena
ue voti assolutamente negativi vanno attribuiti allo “statista”, che scrive e cancella sotto dettatura, e alla Meloni. Lasciamo da parte le ricostruzioni giornalistiche, più o meno fondate sulle ore dell’ approvazione, al solito forzata con il voto di fiducia della legge di stabilità, sull’assoluta confusione in cui si sono svolte le operazioni, sui mille dubbi sulla validità e sulla veridicità delle norme approvate, sui momenti farseschi o sarebbe ora di cominciare a definire drammatici e tragici per l’Italia e per gli italiani.
Rileggiamo invece il commento di Enrico Marro sul “Corriere della Sera”, in cui si sottolinea la sostanziale incertezza della manovra. Come al solito da un governo di “dilettanti allo sbaraglio” non si poteva che ottenere il rinvio di salienti questioni “a successivi incrementi”. Dall’elaborazione del documento è apparso evidente – ma è fatto scontato – il ricorso come scelta obbligata al “finanziamento in deficit, viste le difficoltà di tagliare la spesa pubblica, come dimostra da ultimo la vicenda delle Province. La spending review è rimasta al di sotto delle attese, stretta com’è tra l’incapacità a tutti i livelli di governo, di combattere gli sprechi e l’attenzione che pure va prestata agli effetti recessivi dei tagli” . Concludere come conclude Marro “anche questa, dunque, è una riforma rinviata” non significa altro dimostrare la paurosa insufficienza di questo esecutivo e l’incredibile inconcludenza del “premier”, vantato, onnipresente, appoggiato, sponsorizzato.
Si è accennato sopra ad un improvvido ed infelice intervento della Meloni. Dopo aver rilevato di chiedere “ancora una volta al segretario della Lega Nord se intende fare sul serio oppure no”, chiarisce, invertendo le opzioni presentate, “se si tratta cioè di un partito colonia del Sud, costruito solo per drenare voti ed eleggere al Nord parlamentari antimeridionali, oppure se ci troviamo di fronte ad un’evoluzione positiva che sancisce la fine dell’errore secessionista ed il primo passo per un innovativo Polo delle identità, della produzione, della sovranità”. Rispetta finalmente l’ordine dei quesiti posti, specificando “perché, nel primo caso, siamo davanti all’ennesimo saccheggio della politica ai danni del Mezzogiorno d’Italia e saremo suoi oppositori per difendere gli interessi del Sud. Se invece come auspichiamo l’operazione è genuina, saremo disponibili ad immaginare un futuro insieme e pronti a dare il nostro contributo”. Dopo aver chiarito, non senza fatica, le idee manifestate, occorre rilevare che se Salvini ammettesse “la fine dell’errore secessionista”, mostrerebbe vuoto di idee ed inutilità sostanziale nell’impegno contro la sinistra e lo spadroneggiante ed arrogante “statista”. È indispensabile anche osservare che non esiste alcuna identità che accomuni la destra, se la Meloni intende essere di destra, e il raggruppamento separatista e frazionista, e che la destra, quella vera, riconosce come sola ed esclusiva identità quella nazionale e non quella padana.
Infine è troppo spesso dimenticato che la soglia di accesso alla ripartizione dei seggi è posta al 3%, un limite accessibile alla destra riunita ed organica. Cosa ne impedisce la ripartenza? Le gelosie, i personalismi o gli ordini giunti da qualche città del Nord? Ripetiamo a noi stessi e riflettiamo sulla domanda posta il 22 gennaio scorso da Marcello Veneziani: “dove si sono cacciati i quattro milioni di italiani che votavano Alleanza Nazionale” ?.
Ripresentando loro la nostra identità, i nostri valori, la nostra tradizione, potremo tornare ad essere noi, senza collusioni e senza commistioni con figure e movimenti ostili, se non addirittura – il caso della Lega – antitetici
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