Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Whitney Houston
Quando esplose sulla scena mondiale nella metà degli anni '80, sembrava la tipica junior che aveva e poteva arrivare a tutto.
La sua faccia faceva invidia a qualsiasi stella del cinema, la voce perfetta intrisa di musica soul e solarità facevano pensare ad un ingrediente segreto che le arrivava direttamente dal cielo.
Era più di una bellissima ragazza, con una voce ineguagliabile; c’era qualcosa di speciale, qualcosa di unico. Fin da subito.
A 21 anni di età, esce la sua “I Wanna Dance With Somebody (Who Loves Me)”, dove Whitney mostra un entusiasmo palpabile che durerà in tutti quegli anni d'oro.
Il mondo guardava fisso verso la giovane e in qualche modo si sentiva meglio anch’esso.
Per certo, questo pianeta non poteva essere poi così brutto se vantava la bellezza fresca e spontanea di W.
Il mondo, insomma, si era innamorato di lei.
Quanto sopra rende, la sua caduta in disgrazia e la solitaria morte, tutto molto difficile da comprendere.
Per certi versi, è la mesma tragica traiettoria presa da Amy Winehouse - una fiamma che bruciava troppa luminosamente e troppo presto, un talento sprecato verso il basso, le estremità tristi e mortali di alcol e sostanze chimiche, una vita che è stata inizialmente benedetta e, alla fine, brutalmente buttata via .
Al momento della morte, Whitney, era quasi irriconoscibile.
Mai vi è stata una stella così bella all'inizio della carriera, ma che sembrava così totalmente devastata, dagli eccessi, alla sua fine.
Whitney è nata per essere una stella, grazie alla bellezza di quegli occhi assonnati, quel sorriso da Mona Lisa , e quella voce che ti sapeva suscitare poesia pura.
Siamo ormai così abituati alla celebrità istantanea, ai talent show televisivi, che abbiamo quasi dimenticato chi davvero può definirsi “una star”.
W. H. lo era e, molto probabilmente, l’ultima vera diva della canzone.
La sua formazione è iniziata il giorno stesso della nascita. Dionne Warwick era sua cugina.
La madrina, la più grande cantante di tutti i tempi , Aretha Franklin. Cissy Houston, la cantante gospel, era sua madre.
Predestinata? Si, fortunatamente si!
Suo padre John era un ex soldato, con ambizioni nel mondo dello spettacolo, che finirà per gestire la carriera della figlia.
All'età di cinque anni cantava con tutto il suo amore, ogni settimana, alla New Hope Baptist Church di Newark.
A 11 anni, si esibiva come solista. A 15, vocalizzava come back-up vocals – con hit di Chaka Khan tipo “Every Woman” - e facendo così della sperimentazione.
Poi, a 19 anni, iniziava a cantare in un night club di New York, con il leggendario Clive Davis “Music Man”, e dopo poco firmava un contratto con l’etichetta dello stesso, l’ Arista.
Consapevole del fatto che aveva tra le mani una ragazza prodigio, Davis impiegherà due anni, come suo sovrintendente, per farla debuttare (1985).
Egli aveva collaborato con artisti come Janis Joplin, Bruce Springsteen, Laura Nyro, Pink Floyd e Billy Joel. Ma il più grande successo della sua carriera è stato quello di incontrare Whitney.
Un esordio con tale clamore non aveva mai toccato nessun altro artista, con ben sette singoli piazzati consecutivamente al primo posto della Hit americana : “Saving All My Love For You”, “How Will I Know”, “The Greatest Love of All”, “I Wanna Dance With Somebody (Who Loves Me)”, “Didn 't We Almost Have It All”, “Where Do Broken Hearts Go”.
Clive Davis la guidava e la consigliava appassionatamente, sia per l’amore filiale che nutriva per lei, sia per il fatto che era diventata la cosiddetta gallina dalle uova d’oro: il suo successo commerciale e finanziario non avevano precedenti.
Nel 1987 il suo secondo album, Whitney, è il primo LP -di un'artista femminile- ad entrare al no. 1 della Billboard Hot 100.
A seguire, viene nominata per 26 premi Grammy, di cui ne vincerà sei.
Nel 1991 l’ elezione a fidanzata d’ America e, nello stesso anno, mentre gli USA combattevano la guerra del Golfo, cantava “The Star Spangled Banner” al Super Bowl, mandando in fibrillazione l’intera Nazione e commovendo tutti fino alle lacrime.
Possiamo definirlo il momento più brillante della sua carriera, in un’occasione speciale per il suo paese, l'ultimo periodo in cui l’America si poneva di fronte al mondo con la suprema fiducia in se stessa.
Sembrava una donna capace di raggiungere qualsiasi obbiettivo. E così, perlomeno, è stato.
L'uscita del suo primo film “La guardia del corpo” nel 1992, al fianco di un sensuale Kevin Costner, riproponeva un vecchio e consumato tema cinematografico, quello in cui Frank Sinatra e Elvis Presley avevano goduto di grandi successi e popolarità; dove due industrie di intrattenimento, film e musica, si fondono assieme “-in-a-life-time greatness”.
The Bodyguard esalterà, come non mai, la canzone colonna sonora del film, I Will Always Love You, una cover di Dolly Parton, trasformata da Whitney in un poema epico lirico.
Ma le nubi si addensavano cupe e minacciose.
Nello stesso anno sposerà il rapper Bobby Brown, un sedicente bad boy.
In un primo momento sembrava tutto latte e miele, con la nascita della loro figlia, dopo nove mesi di matrimonio. Ma ben presto diveniva chiaro, al mondo intero, che i due stavano diventando dei partner, ma solo a livello autodistruttivo.
Prima di Brown, Whitney aveva avuto relazioni a lungo termine con un paio di superstar, il campione NFL Randall Cunningham, e l’attore di Hollywood Eddie Murphy. Questi erano stati rapporti di basso profilo, con normali affari privati -senza titoli sui giornali-, senza il minimo scandalo.
Tutto cambierà, a causa del matrimonio con Brown.
Farmaci, alcolici, violenze domestiche. Apparizioni in tribunali.
Licenziamenti sul lavoro per W. e il suo immenso talento che andava sbriciolandosi.
Le vendite in declino, la felicità solo come lontano ricordo.
Gioventù e salute scivolavano via.
Le voci che abbondavano, in merito, si riferivano agli abusi di droghe, liquori e psicofarmaci, che li stavano accompagnando diritti diritti nella fossa.
Nel 2000, due anni dopo che le autorità delle Hawaii avevano trovato della marijuana nel bagaglio a mano di W. (il caso venne poi archiviato, ma l'arresto causò la sua cancellazione come ospite agli Oscar), fu costretta a indire una conferenza stampa nella quale smentiva che i due stavano facendo uso della sostanza più velenosa di tutti, il crack.
La sua chiesa-famiglia sembrava essere lontana anni luce, soprattutto quando veniva denunciata a pagare un risarcimento di 100 milioni di dollari dalla John Houston Enterprises, istituita dal padre per gestire e programmare la sua carriera.
Questa volta W. vinse la causa.
Il genitore morì l'anno successivo.
Ormai la ragazza d'oro era seriamente compromessa.
Brown si stava rivelando il male che la possedeva ogni giorno, come la cocaina, il crack, le miscele di psicofarmaci inghiottiti con l’alcool.
"Lui è la mia droga", diceva spesso rivolta al pubblico sconcertato.
La ragazza tirata su cantando in chiesa, a questo punto, desiderava venerare il lato oscuro del male e Bobby Brown la stava aiutando a farlo.
In primo luogo la voce non esisteva più, corrosa da tutte quei composti chimici, ma restavano gli sguardi allibiti della gente. “E’ stato straziante; il più lungo suicidio nella storia della musica commerciale” affermerà la Streisand intervistata dalla CNN .
Nel 2003, il marito veniva accusato di aver sferrato più colpi sulla faccia della moglie.
W. aveva allora chiamato la polizia, ma incredibilmente in tribunale terrà la mano di Brown nella sua, con il viso tumefatto da lividi e contusioni.
Un anno dopo partecipava al reality show del marito, “Being Bobby Brown”, dove Whitney metteva in bella mostra tutto il suo crollo fisico, mentale, professionale.
“Era il ritratto straziante di una coppia che stava andando a rotoli in maniera inimmaginabile” - dirà Robin Williams.
Nel 2007 finalmente il divorzio, con la donna che prendeva in custodia la figlia.
Clive Davis, sempre fedele, sempre solidale, cercherà di riproporla con un album in studio, ma i risultati si dimostreranno molto mediocri.
Coloro che speravano che W. avrebbe avuto un recupero, con Brown fuori dalla sua vita, dovevano ancora una volta restare delusi e ricredersi.
Per ben due volte era entrata in riabilitazione e quando aveva dichiarato ai media che finalmente era libera dalle droghe, in pochi l’avevano creduta.
Erano stati, infatti, annullati troppi concerti, e gli spettacoli ai quali partecipava erano caotici e mal interpretati.
Whitney apparirà su The X Factor USA come ospite mentore, ma la sua performance si rivelerà troppo banale e scontata.
Incredibile tanto era bella, quella voce impeccabile era -ora- solo sinonimo di autentica agonia.
Inserito da fangel05 il 19/02/2012 22:44:39
Una storia toccante, raccontata con arte...riesce a toccare Toccante...Una storia che sfiora e fa risuonare le corde più profonde e segrete dell'animo umano. L'articolo coniuga ed esprime perfettamente la magnifica bellezza e l'estremo dolore che hanno convissuto nella esperienza terrena di W.
Inserito da ciroammate il 14/02/2012 12:26:08
Bellissimo e originale. Contro il qualunquismo dei tanti.
Inserito da ginagrassi il 13/02/2012 16:49:46
Massimo, bellissimo articolo e io di musica me ne intendo, modestamente. Un bacione
Inserito da nestore il 13/02/2012 16:32:17
Devo dire, che è l'unico servizio che parla chiaro di questa donna baciata dalla fortuna e dal talento.