Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
San Valentino, Vescovo di terni
Il 14 febbraio si celebra nel mondo intero la Festa degli innamorati sotto il patronato di San Valentino, vescovo di Terni nel III secolo. Ma nel breve racconto della sua vita non c’è nessun episodio che lo giustifichi. Di lui si hanno infatti poche notizie certe: che fu martirizzato a Roma nel 273 durante la persecuzione di Aureliano e fu sepolto al XLIII miglio della via Flaminia, in una collinetta nelle vicinanze di Terni, dove sorse nel Seicento la attuale basilica a cinque navate tuttora custodita dai benedettini.
Furono proprio loro, fin dal Medioevo, a diffondere il culto del santo in tutta l’Europa del nord, fino all’Inghilterra dove, grazie a una serie di coincidenze calendariali, com’è accaduto d’altronde con molti altri santi, nacque il patronato sugli innamorati, sebbene san Valentino non li avesse in alcun modo protetti. Ma all’epoca, a causa del calendario giuliano in vigore, il 14 febbraio corrispondeva in realtà alla fine del mese, quando la primavera si avvicinava e gli uccellini cominciavano ad accoppiarsi: sicché si diceva che “Per San Valentino gli uccelli fanno il nido.
Sulla scia degli accoppiamenti degli uccellini, nacque il detto “A San Valentino ogni valentino sceglie la sua valentina”; e insieme con il proverbio anche la festa degli innamorati che in Inghilterra, fin dal Quattrocento, cominciarono a scambiarsi bigliettini teneramente scherzosi, chiamati “valentini”.
In ogni modo, per tentare di giustificarne il patronato di santo vescovo ternano sugli innamorati, s’idearono nel tempo alcune zuccherose leggende come questa che si racconta ancora oggi a Terni.
«C’era una volta una bella fanciulla di nome Serapia che si era innamorata del centurione pagano Sabino. Quando i due giovani riuscirono a vincere le resistenze dei genitori grazie al battesimo di Sabino, Serapia s’ammalò gravemente.
Fu chiamato al capezzale della ragazza il vescovo Valentino e il fidanzato, vedendolo, gli chiese di non essere separato mai dall’amata. Il desiderio fu esaudito: Sabino morì abbracciato a Serapia».
Un’altra leggendina, sorta in America, dove arrivò la festa grazie agli inglesi, narra che san Valentino, sentendo litigare due fidanzati di là della siepe del suo giardino, donò loro una miracolosa rosa che ebbe la virtù di riconciliarli.
Comunque sia, e di là delle leggende, a Terni, diventata la “Città dell’amore”, e dove ogni anno arrivano gli innamorati persino dal Giappone, l’intero mese di febbraio è dedicato a San Valentino, con manifestazioni a non finire fra cui ad esempio la Festa dei 25 anni di Matrimonio e un concerto per le vedove e i vedovi che ancora amano i loro consorti defunti.
Insomma, il buon san Valentino, volente o nolente, è diventato universalmente il santo protettore degli innamorati; e anche la Chiesa si è adeguata, tant’è vero che persino un Papa, Paolo II, che nel 1465 istituì una Confraternita per procurare la dote matrimoniale alle ragazze povere, volle che la prima cerimonia di consegna delle doti avvenisse il giorno di san Valentino.
E così avvenne ogni anno per secoli in tutt’Italia. A Roma, ad esempio, il 14 febbraio le ragazze da marito sfilavano in processione fino alla chiesa della Minerva, dietro il Pantheon, dove ricevevano la dote che avrebbe dato loro la possibilità di sposarsi.
Nei secoli la Festa di San Valentino si è diffusa un po’ dappertutto e sono nate anche molte sagre che celebrano il santo più popolare del mondo. Come, per esempio a Occhiobello, in provincia di Rovigo, dove si svolge una grande fiera con grandi scorpacciate di cappelletti fatti a mano e di zampone: ed è rigorosamente obbligatorio acquistare le arance in vendita nelle bancarelle, perché propiziano l’amore!
Anche gli abitanti di San Valentino Torio, un paese della provincia di Salerno che porta il santo nel nome, festeggiano il loro patrono fin dalla mattina del 14 febbraio con una messa, la processione con i bambini vestiti da comunione, fiori e la banda musicale. Mentre le strade e piazze si riempiono di bancarelle con ogni ben di Dio, fra cui le cosiddette “castagne di san Valentino” portafortuna.
E la sera, quando scocca l’ora magica degli innamorati, in quel di San Valentino Torio si scambiano tenerezze e una sorta di preghiera beneaugurante: “Santu Valentin mio ‘ciò beresseme pure l’anno chi vene”, cioè “san Valentino mio, fa che tutti possano esserci anche l’anno prossimo”.
Domani sera, per festeggiare il loro santo protettore, molte copie prepareranno cenette a lume di candela con costosi cibi propiziatori dell’amore, come tartufo, frutti di mare, caviale. Ma occorre ricordare loro che, nonostante ci siano alcuni alimenti che contribuiscono ad incrementare la circolazione sanguigna, come il peperoncino o il vino rosso bevuto con moderazione, tutto ciò non è necessario.
Come d’altronde scrive Piero Camporesi nel bel libro “I Balsami di Venere”: “una semplice minestra di pane fresco e di chiari d’ovi mal cotti può aiutare al coito se consumata nelle circostanze giuste”.
Perciò, in tempi di crisi, il consiglio a coloro che desiderano prestazioni amorose efficaci la sera del 14 febbario, è quello di preparare qualche manicaretto a base di cibi semplici, ma che, consumati in una atmosfera speciale, possono diventare dei veri e propri “afrodisiaci”.
Attenzione però: un ortaggio da evitare assolutamente in una cenetta romantica è senz’altro la lattuga, vero e proprio sonnifero dei sensi. I Greci antichi la sconsigliavano decisamente; infatti il protagonista della commedia greca “Gli Impotenti”, esclamava a un certo punto: - “Ah moglie, non mettere la lattuga sulla tavola se non vuoi prendertela con te stessa”...
Meglio dunque una saporita ed economica frittata di cipolle oppure di scalogno, più digeribile. In alcuni ricettari arabo-andalusi del Medioevo lo sposo, per aumentare la potenza amorosa, beveva rossi d’uovo col miele, o mangiava dolcetti di miele e uova; oppure, qualche giorno prima delle nozze, seguiva una dieta a base d’uova strapazzate con cipolla e miele.
Le uova, come la dea dell’amore Venere, sono il simbolo della perfezione, ma anche della “nascita” e della “rinascita” perché contengono un alto tasso della vitamina E della fecondità. Già Ovidio affermava infatti che “Un uovo fresco basta spesso per recuperare le forze esaurite dai frequenti amplessi”.
D’altra parte, si racconta che il re di Francia Enrico IV, notoriamente dongiovanni, beveva ogni mattina un bicchiere di cognac con un rosso d’uovo, meglio se di quaglia o di piccione: insomma, una sorta di zabaione al liquore o del classico “ovetto al marsala” che una volta le mamme premurose davano ai figlioli prima degli esami.
E persino Marinetti, in nome del movimento Futurista, ideò una ricetta a base d’uova, chiamata “guerrainletto”, raccomandata “per chiudere un pranzo notturno d’amore”. Provare per credere!
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