Editoriale

Politica fatta solo di parole è l'ergastolo degli italiani, fine pena mai

L'anno renziano si chiude in sostanziale fallimento, da destra arrivano buoni propositi, ma solo quelli

Vincenzo Pacifici

di Vincenzo Pacifici

Professore ordinario di Storia Contemporanea Roma La Sapiena

a conclusione del 2014 ci porta un barlume di speranza: dopo l’ubriacatura delle europee del maggio scorso gli italiani stanno rinsavendo e cominciano a giudicare  il puffo nella misura adeguata e conforme alla realtà. Secondo un sondaggio Euromedia realizzato da Nando Pagnoncelli «gli italiani bocciano su tutta la linea l’operato del governo. E’ soprattutto il premier che viene demolito dai giudizi di chi subisce la sue scelte. Alla domanda “cosa pensano gli italiani di Matteo Renzi”, il 31.01% sostiene che sia un affabulatore, il 15,8% lo ritiene uno scaltro opportunista, il 13,2% inconcludente» mentre il rimanente 40% risponde positivamente.

Dai dati Ipsos emerge che solo l’1% (un per cento!!!!!!!!!!!) pensa che “abbia mantenuto le promesse”.

Le notizie tremende per l’Italia a causa della presenza del pifferaio non finiscono mai, perché di fronte alle sue proposte il governo indiano, alle cui orecchie sono arrivate la sua fama di fanfarone, verboso, inconcludente e le sue boriose vanterie, ha risposto in maniera lapidaria che la vicenda di Latorre e Girone “non è solo una discussione fra due esecutivi, ma è un tema all’esame della magistratura”, dalla quale si attende l’indispensabile verdetto, aggiungendo in modo eloquente che “la giustizia indiana è libera, trasparente, imparziale”. Sentito? Che lezione ! Sembra quella italiana.

Debbo poi confessare che, deluso dalla loro formidabile inconcludenza palesata, (raramente)  mi sono dichiarato in (quasi) totale sintonia con Storace e con la Meloni.   

Oggi mentre il primo in un editoriale del suo “Giornale d’Italia”, senza lanciare discutibili chiamate ad altri raggruppamenti politici, per linea politica, per logica e tradizione, ha detto di preferire un nuovo capo dello Stato “presidenzialista e noeuro”, la seconda in un appello e ha tracciato questa centrata fisionomia: “europeista ed eurocritico, un presidenzialista, una persona estranea al palazzo e ai giochi di partito e di spartizione di potere”. Il dissenso nasce dall’invito alla  utopistica convergenza rivolto alla Lega di Salvini, al M5S di Grillo, a Forza Italia “e a tutti quei movimenti eurocritici che dicono voler cambiare l’Unione europea: scegliamo e votiamo assieme un nome che corrisponda a queste caratteristiche. Basta ingerenze di potenze straniere, no a candidati filo – Troika come Prodi e Padoan o espressione del palazzo come Amato [o potenziale scendiletto del “capo del Consiglio”]: la nostra Nazione ha diritti ad un presidente della Repubblica che difenda gli interessi degli italiani e non della casta e non sia servo dei tedeschi o di Bruxelles”.

L’argomento è tanto serio e coinvolgente da richiedere, anzi da esigere obiettività e realismo.  Ma serietà ed amore di verità, rifiuto degli slogans e rispetto di se stessi e della propria identità, portano a formulare una domanda: quando una siffatta armata Brancaleone potrà entrare in sintonia ed indicare un nome? Non è difficile rispondere con l’avverbio presente sul timbro delle cartelle biografiche dei soggetti condannati all’ergastolo: mai.

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