Editoriale

Essere liberi e credere di esserlo, le nostre idee confuse

Sempre più vere le parole di Kierkegaard: “le persone chiedono la libertà di parola come una compensazione per la libertà di pensiero che usano di rado”

Giovanni F.  Accolla

di Giovanni F.  Accolla

ulla libertà, che dovrebbe definire ciò che siamo -  mi ha scritto questa mattina un mio caro amico -, abbiamo idee ben confuse”. E mentre in queste ore assistiamo a infinite appassionate invocazioni alla libertà di opinione e sui diritti di ogni sorta (per carità assai legittime, data l’oggettiva drammaticità degli ultimi fatti criminosi e intollerabili) penso che il mio amico abbia davvero ragione. Spesso chi pretende libertà, ho tante volte constatato, poi non sa cosa farsene.

Ogni speculazione sulla libertà dovrebbe esigere che chi specula, metta in discussione se stesso: perché libertà è una parola che spesso ha più valore che significato. Gronda di teologia, di metafisica, di morale soprattutto e di politica. E finisce che la libertà venga imprigionata in scelte prescritte. Libertà è una parola che porta in sé il seme della controversia, è linfa per l’eloquenza e la dialettica, per sofismi che germinano tempeste.

“La libertà è innanzitutto diritto alla disuguaglianza” scriveva non senza coraggio Nikolaj Berdjaev, ecco: chi oggi - in questo nostro “Eden” della libertà, in questo nostro parco giochi della bontà e della tolleranza inoculata -  dissentisse su quell’idea (interpretazione, mi si passi il termine) di libertà che ora ha conquistato le labbra della maggioranza dei ben pensanti e le testate di tanti giornali italiani, come verrebbe trattato? 

Chi oggi provasse a disegnare e pubblicare un vignetta sulle lobby gay, per esempio, sull’aborto o sulla fecondazione eterologa, certo non rischierebbe di essere trucidato, ma quale vespaio solleverebbe nel nostro liberissimo occidente liberale? Come minimo rischierebbe la proscrizione, il dileggio, forse il giudizio penale.

Oggi, questa è la conquista: abbiamo, ben che vada, la libertà di essere uguali. La libertà di opinione è divenuta dittatura delle opinioni dominanti, dallo società dello spettacolo si è ben presto passati allo spettacolo della società in cui siamo tutti spettatori che pagano  - di fatto - con la propria libertà individuale. C’è ancora una bella differenza tra credersi liberi ed esserlo. E’ un fatto.

Nessuno che non si sia riappropriato della propria libertà, dei propri desideri e delle proprie aspirazioni potrà mai impegnarsi perché altri possano farlo. Per colui che è davvero libero, poi, non c’è opinione ripugnante. Troppo, se si tratta di libertà, non è ancora abbastanza. Ciò detto, chi è davvero libero se non chi, non solo sceglie liberamente le regole della propria vita, ma è anche libero dal giudizio sulla vita degli altri?

Allora, guardiamoci intorno, come dare ancora torto a Søren Kierkegaard: “le persone chiedono la libertà di parola come una compensazione per la libertà di pensiero che usano di rado”.

 

 

 

 

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