Il significato del canto di questo uccello

I tre giorni della merla

Tradizioni e racconti in questi, che per molti, sono normali giorni di gennaio

di Marina Cepeda Fuentes

I tre giorni della merla

Un proverbio bolognese afferma che  “Quand canta al mérel, a san fóra dl’invéren” e cioè “Quando canta il merlo, siamo fuori dall’inverno”. Ma quando cominciano a cantare i merli?  La data è molto incerta e naturalmente dipende dai luoghi; per esempio,  in un loro proverbio i romagnoli consigliano il merlo di non cantare nemmeno a marzo perché gli si potrebbe gelare il becco: “Mèral, ‘d mêrz no’ cantê’, che e’ bëc  u t’ s’ po’ agiazê”.

Comunque sia il canto del merlo può essere ingannevole perché, nonostante  anticipi le prime avvisaglie di primavera, non sempre segnala che la bella stagione si sta avvicinando per davvero e loro stessi possono cadere in errore.  Come accadde infatti molti secoli fa a una intera famigliola di questi furbi uccelli, un po’ pigri, che in Italia tendono a non migrare rimanendo sullo stesso posto per tutto l'inverno. Lo racconta una popolare leggenda che risale addirittura ai tempi antichi, quando i  merli erano ancora bianchi e il mese di gennaio era il più corto poiché aveva soltanto 28 giorni  mentre febbraio era di 31.

Si narra che una famiglia di merli, padre, madre e tre merlottini, viveva senza preoccupazioni su l’immensa quercia di un giardino che apparteneva a un ricco nobile.  Il 28 gennaio  papà Merlo partì alla ricerca di cibo per la sua prole sempre affamata. Era una giornata soleggiata e serena e  mamma Merla, credendo che la primavera fosse vicina, uscì dal nido cantando e, chissà mai perché, cominciò a deridere messer Gennaio, dicendogli con l’aria burlona che come mese invernale non valeva niente perché non era affatto  freddo.

Gennaio, furibondo, decise di vendicare il suo onore e chiese tre giorni a febbraio, che da quella volta restò con ventotto.  Il permaloso messer Gennaio trasformò quei tre giorni in una  ghiacciaia mandando la temperatura sottozero. La neve e il gelo colpirono i piccoli  merlotti  che rischiarono di congelare.

 Perciò, quando  mamma Merla vide uscire fumo dal camino della villa padronale decise di rifugiarsi in quel tepore insieme con i figlioletti decisa a rimanervi almeno fino ritorno del suo compagno, il quale, arrivando infreddolito con qualche vermiciattolo nel becco per la sua famiglia, rimase anche lui nel comignolo per ore e ore,  aspettando la fine del freddo.

Quando finalmente vi uscirono il primo febbraio quasi non si riconobbero vedendo che erano diventati neri come la pece: il fumo del camino aveva impregnato totalmente le loro penne e accade  lo stesso da quel momento anche ai loro discendenti che, generazione, dopo generazione e fino ai giorni nostri,  nascevano neri   come corvi. Da quel momento gli ultimi tre giorni del mese di gennaio furono ribattezzati  “i Giorni della Merla” e,  almeno nell’Italia del nord, sono ritenuti i  più freddi dell’anno.

Una volta, nei paesi del lodigiano i ragazzi si riunivano in questo periodo per scacciare il freddo cantando, come i merli. A un certo punto della festa le ragazze correvano a barricarsi da qualche  parte: per poter entrare nel loro rifugio i giovani dovevano eseguire la cosiddetta “Madonà”, una serie di strofe in onore della Merla. Ebbene, solo  quando le ragazze erano soddisfatte del canto, lasciavano entrare i loro compagni. Perciò, “cantare la Madonà” significa nel lodigiano fare una lunga anticamera.  E ancora oggi, a Lodi, nella provincia di Milano, domenica 29 gennaio  ci sarà festa sotto i portici del Broletto, dove s’intoneranno i canti popolari della “Madonà della Merla” e si distribuiranno calderoni della tipica  “trippa alla lodigiana” con fagioli borlotti, chiamata popolarmente “la buseca”: ottima per combattere il freddo con un buon bicchiere di vino rosso.   

Anche in provincia di Cremona, dal  29 al 31 gennaio, si eseguiranno i cosiddetti  “Canti della Merla”:   da  Crotta d’Adda a Moscazzano, da Soresina a  Formigara, da  Casalmaggiore ad Annico  e altre località ancora. Da quelle parti, dove una volta l’economia si basava soprattutto sull’allevamento del baco da seta, quei canti, che  rallegravano le lunghe serate invernali nell’attesa della primavera, auspicavano il buon andamento nel raccolto dei bozzoli.

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