Editoriale

Festa in casa La Russa. Se il politico invoca il diritto (proprio) e se ne frega di quelli dei vicini

Nessuno più si sente vincolato dal dovere di essere civile e di non disturbare, nessuno più educa i figli al rispetto che comincia fra le pareti di casa

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

l nostro Vincenzo Pacifici lamenta spesso in queste pagine (augurandosi un risveglio che sembra più un miracolo che una possibilità) l’inconsistenza dell’opposizione e della destra in particolare, non è l’unico e dà sicuramente voce ad una parte di elettorato che non sa capacitarsi di non avere più un punto di riferimento politico, nonché etico, e di valori da difendere.

Dobbiamo registrare un’ultima pietosa e vergognosa (nel senso che ce ne vergogniamo al suo posto) uscita del ex ministro La Russa.

Venerdì scorso a casa La Russa a Milano alle 23,50, secondo le cronache e il diretto interessato che oggi si difende in un’intervista sul Corriere della sera dicendo che si trattava del compleanno del figlio e che non era neppure mezzanotte, è arrivata la polizia, allertata da qualche vicino, infastidito per l’alto volume della musica che emanava dalla casa del parlamentare di Fratelli d’Italia.  Chi ha figli sa che far festa è connaturata all’età e alla legittima voglia di divertirsi, ma dovrebbe anche sapere che il giovanile entusiasmo, cui si unisce un po’ di sventatezza quando si tratta di un gruppo, dovrebbe essere bilanciato e regolato dall’intervento di un genitore che, qualunque sia l’ora, si preoccupi di non disturbare i vicini.

Questo dovere di rispetto della quiete altrui, per chi ha avuto incarichi di governo, ed è un deputato della Repubblica, dovrebbe essere più forte e più cogente. Il senso del rispetto della vita degli altri, il senso della libertà che non può, nel suo legittimo esercizio, limitare quella altrui (per esempio non solo si ha diritto alla quieta per riposare, ma anche per lavorare, per studiare, per leggere, per smaltire un mal di testa o magari solo per pensare– c’è ancora qualcuno che lo fa per quanto possa apparire strano) in genere si chiama semplicemente buona educazione e non dovrebbe essere regolata da leggi o fasce orarie.

La buona educazione si chiama anche senso civico, capacità di vivere in una società composta da altri individui che hanno esigenze diverse dalle nostre, le quali devono essere rispettate in assoluto, senza “se” e senza “ma”. E un parlamentare ed ex ministro dovrebbe essere il primo a dare l’esempio. Non vorrei aggiungere, ma lo faccio, che ci sarebbe anche la questioncella della perspicuità dell’ “uomo d’ordine” di destra!

Sento già qualcuno che obbietta sul diritto dei giovani ad un sano divertimento per festeggiare in casa il compleanno o qualsiasi altra cosa! No, signori miei quel diritto non esiste se provoca disturbo ad altri, non esiste il diritto al divertimento, esiste semmai il dovere al rispetto.

Il “diritto” che chiunque invoca in continuazione per giustificare il proprio comportamento sventato e egoista, è una faccenda seria di cui da troppo tempo si è abusato.

Il vero diritto, signori padri e madri di figli adolescenti, è quello di non morire di fame, di avere un’educazione scolastica appropriata, di poter crescere in un paese dove la civiltà non è una faccenda che riguarda solo gli altri, o lo scontro fra religioni, ma che comincia nel privato di ciascuno. Il diritto è quello di poter leggere un libro (o studiare o comunque godere della quiete) a casa propria a qualunque ora del giorno o della notte senza essere disturbati da chi si vuol divertire rumorosamente negando il diritto dell’altro.

Se viviamo in un paese incivile dove la gente evade le tasse, lascia la macchina in tripla fila, butta in terra la carta, il pacchetto di sigarette e quanto altro dia fastidio in tasca, è perché nessuno più educa ai doveri della convivenza.

Se viviamo in un condominio i nostri figli non hanno diritto a divertisti e a festeggiare? sì certo, lo possono fare ma nel rispetto del vicino, altrimenti si affitti un locale, si vada in campagna, o magari in parrocchia, o alla casa del popolo (dipende dalle possibilità di ognuno).

Tornando al poco onorevole (in questa circostanza) La Russa vorremmo chiedergli: se il vicino che ha chiamato la forza pubblica per tutelare il proprio diritto alla quiete, magari per leggere un libro, invece di rivolgersi alla polizia o vigili urbani, avesse preso un gruppo di amici e fosse entrato in casa dei festaioli con un pacco di libri e avesse con la forza (cioè con la violenza del più forte) obbligato quei ragazzi a leggere come loro lo stavano obbligando a sentire la loro musica, entrando in casa sua con altrettanta forza e violenza,  che tali erano visto che non poteva esercitare il proprio diritto alla quiete, come avrebbe reagito ?

 

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