Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
E se per caso solo e soltanto al momento dell’epico scontro Fini avesse avuto ragione? Avesse avuto ragione dell’insofferenza di Berlusconi alle critiche, della conduzione cesaristica del potere, dei suoi modi – con buona pace di Ostellino – tutt’altro che liberali? Quel confronto aspro è ritornato alla mente nel leggere dell’ultimatum lanciato a Fitto, il quale da buon democristiano, erede e discendente dei popolari “aventiniani” antifascisti, ha scelto la significativa assenza alla più valida ma traumatica contestazione diretta dei tanti macroscopici errori commessi da Berlusconi dalla perdita di Palazzo Chigi ad oggi. Ma la lezione non è servita, tanto che anche ieri il presidente del Milan si è lasciato andare ad affermazioni ambigue e demagogiche: “Al di là delle spacconate talvolta indigeribili del Pd in queste ore [solo in queste ore?], non abbiamo interrotto il nostro lavoro costruttivo [quale, di grazia?]. Continueremo comunque ad appoggiare ciò che delle riforme [quali sono state?] ci piace e che riteniamo utile al paese. Ma oggi torniamo ad esercitare a pieno titolo di opposizione a 360 gradi. Lo faremo senza sconti e senza quella benevolenza che questo governo ha dimostrato di non meritare”.
Berlusconi, dopo questa dotta lezione di senno, di altruismo e … di geometria, ha parlato di un sondaggio, che “darebbe un partito guidato da Fitto, all’1,3%”, ignorando i tanti altri, che, unanimi, calcolano la percentuale dei consensi di FI inferiore a quella della Lega, alla quale Berlusconi, sponte sua, non consegnerebbe “le chiavi del centrodestra”.
In una nota, pubblicata in una pagina interna, accanto a quella che sviluppa il titolo di apertura “Giallo sulle Popolari. Decreto Renzi, qualcuno ci ha guadagnato 10 milioni. L’indagine della Consob: affari anomali. E Bankitalia commissaria l’istituto del padre della Boschi”, Adalberto Signore, sul Giornale affronta l’argomento di “ Matteo e quei numeri che non lo lasciano dormire tranquillo”. I calcoli sarebbero realistici e credibili e le difficoltà consistenti solo se Berlusconi (ma parliamo del partito, che non esiste come non è mai esistito prima) decidesse di contrapporsi seriamente e decisamente.
Una parola sui contrasti, sempre più evidenti nella Lega: le gelosie sono pilotate ed i dissidi sono artificiali e provocati? Storace oggi denunzia una situazione di crisi “in tutti i partiti” dalla Lega a Fratelli d’Italia a Fi. L’analisi è probabilmente vera ma non può essere davvero Storace il “pulpito” da cui predicare. Basterebbe fare il confronto tra la situazione in cui è nato il suo partito e quella di oggi e stilare l’elenco interminabile degli amici, diventati nemici.
Una puntualizzazione su Fini: può essere compreso e condiviso al momento della rottura, non certamente prima, nel momento in cui ha deciso, con l’entusiastico consenso di certi “colonnelli”, oggi zelanti alla corte dell’imperatore di Arcore, l’annullamento di An nel Pdl e dopo con l’esperienza di Fli, fallimentare secondo l’inappellabile giudizio degli elettori.
AMMINISTRATIVE 2019, IPOTESI PATTO PER FIRENZE? Se ne parla sottovoce, ma in molti ci sperano.
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L'Italia senza Renzi è un po' più seria ma molto più imbambolata, meglio che torni magari in dosi meno esagerate
Subito elezioni? Forse meglio di no. Spiegalo al centrodestra.
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