Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Tante donne e tanti uomini, che costituivano il grosso patrimonio elettorale (oltre 4 milioni) di Alleanza Nazionale, al momento della confluenza abbagliante ma deleteria nel Pdl scelsero la via dell’astensionismo o quella del consenso alle formazioni di area minori, ora scomparse. Molte e molti di quei cittadini, senza chiederle il senso e la ragione delle scelte compiute con la militanza nel minestrone berlusconiano, nel 2013 in occasione delle elezioni politiche e nel 2014 per la consultazione europea, hanno appoggiato la Meloni con il suo movimento, mai in grado assumere posizioni incisive e di presa presso l’opinione pubblica, come dimostrano i sondaggi altalenanti, sempre a ridosso pericoloso con la soglia fatidica del 3%.
Sabato abbiamo visto la Meloni, ospitata graziosamente da Salvini nello show leghista in quella piazza del Popolo, frequentata dalla Meloni stessa in occasione delle oceaniche manifestazioni di Giorgio Almirante. Chissà cosa avrà pensato nell’ascoltare grida assurde come “secessione, secessione” e “Padania libera”? E meno male che i “padani” si sono ricordati di essere a Roma, per tante volte ieri e perché no anche oggi etichettata come “Roma ladrona”. E’ vero che nella piazza, come al solito solo rumorosi, erano presenti i militanti della formazione “Casa Pound”, tante volte utile per le proprie gesta estremistiche al Viminale e a “Repubblica”, ma Meloni poteva evitare la subordinazione a questo fenomeno mediatico vanaglorioso ed inconcludente come il suo omonimo, e motivarci seriamente la sua assenza alla riunione indetta da Isabella Rauti l’8 febbraio scorso.
E’ utopistico concentrare la propria predicazione sull’antieuropeismo, difficile da superare, nonostante il conforto e l’appoggio degli elettori, vedi il caso del terzo sbruffone, il greco Tsipras.
A parte il giudizio di Berlusconi, impegnato nelle “purghe” dei fittiani, sulla posizione “velleitaria e anche un po’estremista”, assunta da Salvini, condannata per la sua sacrosanta rivendicazione di autonomia, l’editoriale di Belpietro mette in luce i limiti e l’inadeguatezza della proposta politica, la strumentalità della linea seguita sul Sud, difficile da conquistare, visti i non dimenticati precedenti, la mancata, aperta e definitiva abiura di idee e di slogans caratterizzanti ed impressi nelle menti e nei cuori della totalità dei militanti, preoccupati per le sanzioni sulle ”quote latte”, lo sfruttamento occasionale della vicenda dei marò, “per la quale la Lega non si è mai spesa troppo”. A ciò si deve aggiungere l’inurbanità del linguaggio ed il tono simil Grillo. Al Partito unico della destra, chissà mai chi aderirà.
Però nessuno si preoccupa di spiegare la discriminazione subìta dagli statali, ai quali è stata negata l’agevolazione della concessione anticipata del TFR, riservata solo ai dipendenti privati, i quali, saggi e previdenti, però l’hanno rifiutata nel 94% dei casi rinviandola al momento finale della loro attività lavorativa.
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