Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Se pure non sfiliamo da qualche polverosa biblioteca il manifesto sulla flora futurista, si sa che i fiori in vaso, dai quali generazioni di pittori hanno tratto le loro nature morte, altro non sono che poveri fiori recisi. Il fatto è trascurabile o solo lievemente avvertibile per esagerata sensibilità, se si è in un dolce giardino d’Oriente dove ad un dipresso di alberi di ciliegio e nell’ombra di un tempio buddista fiori, fiori e fiori di tanti colori e forme delicatamente accuditi nascono, crescono e sfioriscono per ricrescere nel perenne rinnovarsi.
L’arte di comporli nel vaso di una dimora non lontana da questo giardino sa di essere nell’immediata prossimità di una fonte della bellezza inesauribile e perciò in essa può immergersi. I fiori recisi lasciano il posto a nuovi fiori che ancora non sono e l’arte può proseguire, non ne vanno perduti i miracoli che la aumentano perché ne viene trasposta l’esperienza in precetti calligrafici, tali anche perché annotati dall’impareggiabile scrittura ad ideogrammi. Se una composizione fosse in tal misura bella da dover essere ricordata e servire di esempio, ecco, a margine della scrittura, uno di quei fantastici disegni in pochissimi tratti e appena acquerellati in chiaro di cui i giapponesi sono maestri.
Piccoli schizzi dove i segni che delineano l’oggetto, e vi è anche la speciale arte nipponica di comporre figure con il tratto eseguito senza mai staccare il pennello dal foglio, in un modo inesplicabile e complementare adombrano però anche tutto lo spazio circostante l’oggetto. Superfluo ricordare che ogni atto che sottintende un’arte, anche quello del semplice tracciare un segno sul foglio bianco, nel Levante imperiale come nella Cina antica, è sempre sorretto da una dottrina chiara nelle premesse e dettagliata nella pratica.
Diverse, e molto, sono le nostre possibilità nella pratica di quest’arte decorativa: dei giardini a lato di templi non sono da noi comuni. Sono stati accorti gli abitanti delle regioni alpine perché non hanno reciso i fiori per adornare i vasi ma in questi, colmati d’una porzione di suolo ben scelto, li hanno direttamente coltivati e li hanno posti ad ogni finestra. Ricreando in fondo un giardino minuscolo eppure, per quanto possibile, autonomo. L’arte di comporre dei fiori non può in tal guisa raggiungere la fine bellezza raggiunta nell’Oriente e resta vagamente naif ma, in ogni caso, si è preservato ai poveri fiori il destino di essere recisi, che qui non è compensato dalla generosità orientale di una costellazione capillare di giardini con il tempio a pagoda.
Violetta Valéry ritorna nel suo tempo: una Traviata ottocentesca per il Maggio Musicale
Firenze: una Butterfly d'eccezione per il centenario pucciniano
Madama Butterfly tra Oriente e Occidente: Daniele Gatti legge il capolavoro di Puccini
Una favola che seduce e incanta: Cenerentola di Rossini trionfa al Maggio
Un lampo, un sogno, un gioco: Gioacchino Rossini, Manu Lalli e l'incanto di Cenerentola