Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Meditazione e Valle Taoista
L’attitudine al modello in miniatura, per ciò che riguarda gli alberelli bonsai, potrebbe forse rappresentare l’evoluzione d’un caso singolare proprio alla cultura taoista cinese. Monaci che seguono questa dottrina compongono giardini in miniatura dove su di un bacile colmo d’acqua si pone una pietra che rappresenta un’isola sul lago. Sulla pietra si dispongono piccoli alberi, pagode e ponti, in un incavo della pietra si rappresenta la grotta, rifugio del monaco in meditazione. Come al solito per l’Oriente si sono codificate le figure e i modi di queste rappresentazioni in modello; nel caso più rudimentale è solo la pietra erta in mezzo all’acqua della catinella a svolgere l’ufficio di figurare il nucleo più importante, si può dire quello col maggior grado di astrazione nel simbolo: la montagna che è l’isola sulle acque e la sede dei Beati. O addirittura la catinella colma d’acqua ha solo il coperchio che adombri la miniatura del giardino, il coperchio qui dovendo rappresentare la montagna. Palese qui il parallelo con l’isola di Euthanasios del racconto di Eminescu o con l’isola Svetadvipa sul lago Anavatapta del Suttanipada indiano. Simile a quanto già esplicato nel capitolo sui bonsai può essere il motivo per il quale monaci e più in generale una cultura hanno evoluto tale arte: contemplazione estetica ma questa non solo passiva bensì attiva; con il rendere codificati composizione ed uso di questi giardini, ognuno può ricreare il proprio e vedere nascere dalle proprie mani la montagna sede dei Beati, innestandovi quella parte di individualità estetica e non agonistica che gratifica, e ciò allo stesso modo che ad ognuno, nel perseguire attivamente la propria traiettoria spirituale è possibile pervenire presso alla fonte che illumina.
Uno dei paralleli d’Occidente dei giardini taoisti si può scorgere nell’acquario e nella cura che taluni dedicano alla sua composizione. Qui la rocce e sassi non emergono più dalle acque ma sono albergo di creature acquatiche, gli alberi sono sostituiti da alghe, non vi sono pagode anche se il panorama resta lo stesso variegato per la mobilità continua e visibile dell’elemento fluido e dei suoi abitatori. Non è assente, se bene si riflette, nemmeno la codifica per il “bell’acquario”, questa è stata data in un capitolo delle sue opere da Konrad Lorenz. Il medico austriaco dà nel suo scritto gli avvisi per creare un acquario vivente addirittura in una boccia d’acqua, quella che nelle vignette delle riviste si disegna ravvivata da un solitario pesciolino rosso, senza l’ausilio di apparati per l’ossigeno e il ricambio d’acqua. Il ciclo di questa nell’esser nutrita e filtrata essendo dato dallo scambio con le alghe i muschi subacquei e le altre creature viventi composte nell’acquario in miniatura con i precetti dati da Lorenz. Offre lo spunto a qualche riflessione questo singolare parallelismo di modelli d’Oriente e Occidente: nel primo è il monte, emblema di stabilità, l’isola dimora dei Beati ad esser il tema centrale del quadro, nel secondo è l’abisso fluido, popolato dalle sue creature viventi e mute a costituire il tema. Nel mondo in miniatura d’Oriente si è, con l’immaginare il vento e le tempeste turbinare sulla cresta del monte, il canto degli uccelli sugli alberi, nel dominio dei suoni, quindi della musica. In quello d’Occidente, vedendo l’incresparsi delle alghe e dei muschi alle flebili correnti del fluido, vedendo le sottili pinne dei pesciolini vibrare e dar loro un moto nella sospensione pare di essere nel dominio di una danza senza suoni. Si intuisce come l’antagonismo fra i due poli geografici sottenda, in fondo, una complementarità. Nel giardino taoista minimo si vede la scena ma il nucleo è dato alla mente dalla suggestione, nell’acquario si vede e si intuisce. Nel primo vi è emblema, nel secondo studio. In entrambi i casi l’osservatore esercita una raffinata forma di contemplazione estetica nell’ammirare i due quadri che esemplificano dei mondi ridotti a miniatura.
Albero cosmico e della vita
Se l’alberello bonsai possa essere visto come un modello divenuto emblema vivente dell’albero cosmico o della vita per una sorta di contemplazione individuale, al chiuso della propria camera o del proprio minuscolo giardino, non saprei dire. Non ho letture che me ne abbiano dato documento esplicito. Ma il solo fatto di aver fondato un’arte che riassume disciplina biologica e senso spirituale credo implichi che di quest’albero primordiale ne viene adombrato per una via estetica il culto implicito. Se così è, l’albero cosmico e della vita viene stilizzato, perde addirittura qualsiasi appiglio ad una specie naturale ben definita; esso non è più rappresentato ora solo dall’albero della vite o dalla quercia sacra, ogni albero ridotto dalla disciplina nipponica ne diviene figurazione.
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