Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Turisti presi in ostaggio nel Museo del Bardo a Tunisi fra splendidi mosaici romani
Sembrava una scaramuccia, un blitz terroristico tutto sommato poco cruento, poi con il passare delle ore quel che è accaduto a Tunisi si è mostrato in tutta la sua terribile verità di morti, 19, fra i quali anche due italiani.
Guardare in televisione le immagini ha un effetto straniante, infondo quello schermo domestico ci rimanda con la stessa intensità immagini della realtà di un massacro e quelle delle finzione di un film o di un telefilm. Dopo lo spettacolare e tremendo attacco alle torri gemelle che abbiamo fatto fatica a credere vero per quanto era incredibile, ci sono state le immagini, sempre offerte dal piccolo schermo di casa, della stazione ferroviaria in Spagna e poi della metro in Inghilterra, e recentemente in Francia della sede di Charlie Hebdo e del supermercato ebraico; e quelle immagini si confondono con quelle dei telefilm, in una ridda di esplosioni, sangue, urla, corpi di polizia in assetto di guerra: non sai più se nel fotogramma successivo vedrai apparire Kiefer Sutherland perché sei sintonizzato su 24 o se sentirai il nome di qualcuno che conosci.
Tunisi non è lontana, è ad un’ora di aereo da Roma, meta di turisti che scendono da quei condomini galleggianti che sono le navi da crociera, e si dirigono a frotte a vedere di corsa, perché la nave ha tempi stretti, il porto antico romano, poi caricati su un pullman tutti a Sidi Bou Said la città appoggiata sulla collina che domina Tunisi, tutta bianca e celeste dove solo poco più di un mese fa un giovane professore italiano di arabo (mio collega) è stato ucciso nella sua casetta da dei malfattori che poi hanno dato fuoco al suo corpo.
Poi una tappa al Museo del Bardo, posto in una spianata poco fuori dalla città vecchia.
Il museo del Bardo è bellissimo, ci sono stata qualche anno fa, prima che scoppiasse il fenomeno delle primavere arabe. Ero a Tunisi per fare una conferenza al Salone del libro, e naturalmente approfittai dell’occasione per girare la città e andare a vedere, fra le altre cose, quel magnifico museo ricchissimo di reperti romani in particolare di mosaici conservati magnificamente in sale straordinariamente grandi, luminose, dove l’architettura araba si sposa con l’estetica romana con tranquilla sintonia.
Ora rivedo quelle sale negli scorci delle immagini drammatiche che la televisione propone in cronache disperate di morte e distruzione. Ripenso (era la fine di aprile quando anche io mi aggiravo ammaliata fra reperti e mosaici) a quanta gente era con me quel giorno, quanti turisti chiassosi o educati, magari annoiati o stanchi, forse felici di star trascorrendo una vacanza a lungo attesa.
Cerco di immaginare cosa significhi passare dalla contemplazione placida di una terracotta del I secolo alla stupefatta, incredula rumorosa realtà di armi che sparano, di voci che parlano una lingua che non capisci, intimando chissà che cosa. Non riesco a immagina cosa significhi trovarsi improvvisamente nella scena di un telefilm con la consapevolezza, che forse arriva in ritardo e più dolorosamente, che è tutto vero e tu sei una vittima.
Inutile ripercorrere qui le fasi dell’attacco che notiziari televisivi e radiofonici hanno ampiamente illustrato. Quel che lascia sconcertati e attoniti è l’ennesima prova del sacrilegio di vite e di luoghi.
A Tunisi questa volta hanno insanguinato la storia e la bellezza, dopo aver visto in Iraq la bandiera nera dell’Isis posta sul campanile al posto della croce cristiana, sembra che nel mondo non ci sia più un luogo sicuro.
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