Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Odhinn
Sembra quasi che la triade delle divinità indoeuropee, ammirabilmente ricostruita da Georges Dumézil con gli dei sovrani, quali lo Juppiter latino o l’Odhinn germanico, al vertice, gli dei della guerra, come Mars o Thôrr, al secondo livello e gli dei della prosperità e del bello, sul tipo di Quirinus, Venere o Freyr, al terzo, si sia trasfusa e adattata in una severa formula latina ricordata dal bardo dei “Pisan Cantos” in un suo breve scritto. Quest’ultimo era apparso su di una di quelle variopinte riviste liguri colle quali Pound, il poeta americano, aveva collaborato lungo tutti gli anni 30, quando abitava in Rapallo e ivi partecipava alla vita culturale cittadina che per gli interventi sulla stampa locale di scrittori di fama e i concerti cui erano invitati musicisti stranieri, a quel tempo poté dirsi in effetti internazionale. La formula in questione era stata da lui rinvenuta in un trattato latino di Rodolfo Agricola, un autore olandese o fiammingo del XVI secolo, ed era riferita all’”oratio”, il discorso o, per estensione, lo scrivere attorno ad un argomento. Oratio da comporsi non ad arbitrio di intenzione ma secondo la stretta regola dell’ “ut doceat, ut moveat, ut delectet”, ossia avendo di mira “a che insegni, che muova e che diletti”. Un severo monito per chi volesse cimentarsi nella scrittura, dato che tale formula si completava, nel trattato dell’autore nordico, con un perentorio e imperativo “ut non doceat, non posse”, ovvero “a che non insegni, non è possibile”. In qual modo vedere ora in questo breve memento del latino cinquecentesco la triade delle divinità indoeuropee trasfusasi in una dottrina della scrittura? “Ut doceat” è un compito specifico dalla funzione sovrana. Nella Ynglingasaga, al capitolo sesto, ciò è detto esplicitamente nel precisare il carattere dell’imperiosa figura di Odhinn:
“quando l’Odhinn degli Asi venne con i Dîar(=gli dèi) nei paesi del nord è certo che furono loro che vi portarono e insegnarono le arti che le genti in seguito esercitarono. Odhinn era il più ragguardevole di tutti e fu da lui che esse impararono tutte le arti e mestieri perché egli era il primo ad averli conosciuti, e meglio di tutti gli altri”.
D’altra parte, ricordando anche le fonti ulteriori della complessa mitologia di questo dio sovrano, mago e poeta, divenuto monocolo per aver sacrificato uno degli occhi in cambio dell’accesso alla sorgente Mimir, fonte di ogni sapere, chi se non lui può effettivamente insegnare? “Ut moveat” è compito che possiamo ascrivere con sufficiente equilibrio alla seconda funzione, quella della forza fisica, del vigore e della guerra. Il muovere un qualcosa da uno stato di staticità inerte, e avvenisse questo anche solo per il tramite di un’idea declamata o scritta, non è un atto che si raffigura bene coll’analogia di una forza fisica che muove delle masse immani, o, in forma mitologica, con un Ercole che vince dei Giganti e aperti varchi fra le montagne muove alle conquiste? Commuovere fino alle lacrime non era proprio agli aedi dell’età eroica degli Elleni? Non era Tirteo il claudicante poeta inviato con palese ironia dell’intenzione dagli Ateniesi agli Spartani e rivelatosi poi, con l”ut moveat” di cui fu capace attraverso i suoi carmi, un possente trascinatore di guerrieri? L’“Ut delectet”, è infine il compito precipuo della terza funzione, quella che oltre a dispensare prosperità e fecondità, protegge e dispone dello svago e dell’intrattenimento festoso; la lettura di una prosa magistrale per lo stile, o di una novella, o di una favola dove le deliziose avventure si alternino ad insegnamenti antichi di millenni, non è forse uno degli intrattenimenti più belli che si possano avere? Quanto fin qui è scritto può apparire come un gaio fantasticare sulle dotte pagine del professore francese e su quelle veementi del bardo americano. Ammetto questo volentieri e però, a volte, se avviene regolata entro robusti recinti, la fantasticheria pare un buon ausilio per istituire singolari corrispondenze e soprattutto rammentare i termini di antiche dottrine.
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