Editoriale

Genialata del ministro Poletti, ridurre le vacanze agli studenti e mandarli a lavorare!

Ottima idea, peccato non ci sia lavoro, non ci siano soldi con cui pagarli ecc ecc ecc : provare a stare un po'zitti, no?

Vincenzo Pacifici

di Vincenzo Pacifici

Professore ordinario di Storia Contemporanea Roma La Sapiena

a notizia più interessante da commentare, pur improntata al tradizionale ed inalterabile binomio di questo esecutivo, fumo e castroneria, arriva dal ministro Poletti, il quale, tanto per conquistare uno spazio sulla scena, altrimenti egemonizzata dall’autocrate toscano,  ha osservato che “un mese di vacanza va bene. Ma non c’è un obbligo di farne tre. Magari uno potrebbe essere passato a fare formazione. Una discussione che va affrontata". La proposta ha raccolto il consenso della associazione dei genitori “Moige”, che vorrebbe molto probabilmente una scuola parcheggio, aperta 12 mesi su 12, ma appare criticabile sotto mille aspetti. Il ministro, salito sul proscenio, ha citato l’esempio dei propri figli, “ d’estate sempre andati al magazzino della frutta a spostare casse” ma sono infiniti i casi, anche remoti o lontani, di giovani, che li hanno preceduti con analoghe esperienze, ben prima che il rappresentante del governo Renzi proclamasse questa genialità. Una voce, una volta tanto realistica, si è alzata dal sottosegretario  Davide Faraone, per il quale “Tre mesi sono forse tanti, si potrebbe distribuirli durante l’anno. Ma si tratta di ragazzi, evitiamo di spremerli troppo, non dobbiamo formare automi, più che cittadini”. L’obiezione più consistente comunque è un’altra: durante questa esperienza di lavoro il giovane o la giovane dovrà essere necessariamente e doverosamente protetto da una assicurazione infortunistica (i figli di Poletti lo sono stati?), che sarà pagata da chi? Almeno su due altri aspetti occorre riflettere, prima di uscirsene con tali estemporaneità: siamo al centro del Mediterraneo, con estati lunghissime e climi torridi, con aule o locali didattici molto spesso, se non sempre, privi di condizionatori ed il costoso onere dei periodi di studio all’estero non è da tutti sostenibile.

   Sempre sul mondo della scuola, tanto per sorridere, non può non essere raccolta una boutade del nostro “premier”, secondo il quale sul modello educativo” ci giochiamo una delle chance di essere superpotenza mondiale”.

   Lo stesso “presidente del Consiglio” è andato dagli studenti dell’Università dei suoi amici della Confindustria, e con i consueti modi da “bullo” ha difeso le sue riforme, “un disegno unitario, la strategia chiara  di un nuovo gruppo dirigente”. Chi scrive, seppure per pochi mesi ancora docente presso la principale Università romana, lo attende in visita nello “Studium Urbis”, atteso da migliaia di studenti.

   E’ stato proprio un accreditato docente dell’ateneo, onorato dalla visita del dott. Renzi, a sostenere, a proposito dell’operazione Pirelli, che “conta solo la produzione, non l’italianità”. Una nota di “Libero” ci offre la possibilità di conoscere i manager attivi nel far diventare l’Italia “terreno di conquista per i figli e i nipoti di Mao”. Sono uno “sgrassatore”, nuovo “mister Pirelli, diventato “miliardario esperto nel rastrellare aziende in crisi o decotte”, un banchiere presente nei consigli di amministrazione, Eni, Enel, Generali, Fca, Mediobanca, Saipem e Telecom, l’elettricista, che “messo le mani sul 35% di Cdp Terni, la holding in cui sono detenute le quote di controllo di Terna (elettricità) e Snam (gas), un timoniere, proprietario dal 2012 del 75% del Gruppo Ferretti, uno stilista, che ha acquistato da Mariuccia Mandelli il brand Krizia e l’allenatore, artefice dell’operazione all’acquisizione di Infront, l’advisor che gestisce i diritti tv del calcio italiano.

   Forse i professori sono in ritardo con Renzi, impegnato a conquistare con fine senso democratico nuovi interim,  rimasto eccezionalmente e straordinariamente silenzioso sull’eclatante vicenda.   

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