Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
La vera pizza napoletana
La pizza napoletana potrebbe davvero diventare patrimonio dell’umanità.
Il governo italiano ha inserito, infatti, tale prelibatezza nella lista Unesco del patrimonio culturale.
Ma sì, che prima si pensi alle cose più importanti e dopo, ma solo dopo, alla disoccupazione, alla povertà e alla crisi che sta inginocchiando, da anni, lo Stivale.
Renzi & Co. vogliono la consacrazione ufficiale almeno di un alimento universalmente riconosciuto, perché la pizza, in questo momento, è l’unico simbolo globale del Paese Italia. In effetti, supporta la più grande associazione di rappresentanti dell'agricoltura italiana (Coldiretti), che ha già raccolto 300.000 firme, insieme ad altre associazioni, per raggiungere tale scopo.
L'obiettivo è di promuovere un commercio in Italia che da solo genera 10.000 milioni di utile all’ anno, diviso tra 63.000 pizzerie e impianti che impiegano più di 150.000 persone.
I maggiori consumatori di pizza sono gli americani. Detengono il record del mondo con una media di 13 chili per persona all'anno, quasi il doppio degli italiani attualmente al secondo posto, con una media di 7,6 chili.
Con questa decisione, il Governo italiano non si limita a nominare un prodotto tipico, ma la storia che esiste dietro la pizza e che ha letteralmente colonizzato il gusto del nostro tempo. Si tratta di una storia centenaria, iniziata nel XVIII secolo a Napoli per arrivare oggi in tutto il mondo. Dietro c'è anche un mito. La pizza era già famosa quando Alexander Dumas nella sua visita a Napoli nel 1835 né descrisse la sua gustosa bontà, trovando che questo cibo “nasconde un’antica arte nella sua apparente semplicità” .
Infatti, pochi alimenti come la pizza rispondono sia al fabbisogno alimentare che alla ricerca del sapore, con un costo praticamente accessibile a tutte le tasche. Questa è la ragione fondamentale perché la pizza è diventata un piatto universale, colonizzando il gusto del nostro tempo.
L'antropologo Marino Niola scrive che “la pizza è un alimento povero e sublime. Democratico e inclusivo. Per tale motivo a Napoli non si dice mangiamo una pizza, bensì ci facciamo insieme una pizza, dando alla cosa un’argomentazione molto distinta: significa che si va in pizzeria per assaggiare il gusto della convivenza. Un gusto che nel mondo globale è sempre più raro.”
Ciò spiega perché, Niola, conclude con “ il governo italiano presenta la candidatura di un prodotto tipico, l'arte umile ma magistrale dei “pizzaioli” che hanno fatto circolare un po’ d'Italia nelle vene del mondo” .
Perfetto, ora che hai pensato alla pizza, pensa anche a noi…Renzi o’pizzaiolo!
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