Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Il Segretario di Stato americano, John Kerry, al tavolo dei negoziati a Losanna
Le trattative tra le 5 potenze mondiali (+1), Stati Uniti, Gran Bretagna,Russia, Cina, Francia, Germania e l'Iran, per raggiungere un accordo sul nucleare continuano a ritmo frenetico a Losanna , ma ormai il tempo stringe. Il termine è scaduto da qualche ora, sebbene alcuni diplomatici abbiano già avvertito che i colloqui potrebbero estendersi fino a Mercoledì. Con così poco tempo, la domanda è cosa succederà se non ci sarà accordo?
Tecnicamente, il fatto -che i colloqui maratona di Losanna si dovessero concludere, nonostante questa proroga temporale senza un nulla di fatto- avrebbe delle non piccole conseguenze. Le sanzioni contro Teheran resterebbero in vigore e le misure l'Agenzia Internazionale Energia Atomica (AIEA) , ostacoleranno l’ accesso agli elementi necessari per la produzione di energia nucleare.
L'Iran insiste affermando che persegue tale obiettivo solo per scopi civili e che le restrizioni ostacolano il fine legale.
Ma a livello politico un fallimento creerebbe gravosi costi per i due leader, Barack Obama e Hassain Rohani, che più degli altri membri si sono implicati nel conseguimento di un patto che supporrebbe un profondo riequilibrio a livello regionale.
Gli USA hanno, nell'accordo con Teheran, una delle ultime situazioni favorevoli per dimostrare che la politica estera dell’amministrazione Obama ha ancora senso e per zittire il coro di voci critiche, alcune di esse proprio del Partito Democratico, che accusa il Presidente di avere agito in maniera sbagliata, timorata e controproducente di fronte alla scena internazionale.
Il suo mancato avvertimento di un duro intervento militare contro il regime siriano, in caso di uso di armi chimiche contro la popolazione, ha progressivamente incoraggiato lo Stato islamico, il ruolo di Putin nella guerra in Ucraina e il caos in Libia, minando la credibilità del presidente e diminuendo in maniera drastica la strategia di grande potenza dell’America.
Da parte sua, il presidente iraniano, Hassan Rohani, necessita come acqua di maggio qualche tipo di compromesso da Losanna, pur vago che sia. L’economia del paese è soffocata dalle sanzioni internazionali, che ostacolano il predominio sull’Arabia Saudita sunnita e su tutta la regione.
Lo Yemen, ormai in fiamme,è l'ultima tappa di questa pericolosa situazione. Inoltre, il suo messaggio di apertura e il suo impegno per liberare l’Iran dalle sanzioni, sono stati una delle chiavi per la sua vittoria elettorale nel giugno 2013. Il fallimento di Losanna sarebbe anche per Rohani sinonimo di grande frustrazione all'interno di una popolazione, sopratttutto urbana, molto più moderna e aperto all’ élite clericale che la governa. Rohani e il regime si serve sono giocati al tavolo dei negoziati di credito e chissà, forse anche la stabilità.
Il presidente dell’Iran, dunque, ed il regime di cui è servo, si giocano al tavolo delle negoziazioni il credito rimasto e, forse, anche la stabilità e il dominio della regione.
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