Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Professore ordinario di Storia Contemporanea Roma La Sapiena
n ottimo fondo ma carente nelle conclusioni e principalmente nell’individuazione vera o presunta delle responsabilità, è quello di Ernesto Galli della Loggia, intitolato “L’identità fragile dei cristiani”. Nel breve editoriale tanto amaro quanto drammatico Galli inizia: “Cristiana la nostra identità? Ma quando mai! Innanzitutto non ce lo permette forse la nostra Costituzione [redatta dalla diarchia, durata 60 anni, ed oggi riemersa DC – PCI], sicuramente poi ce lo vieta l’Europa [in cui il Ppe ha un peso, se non determinante, notevolissimo] e ancor più sicuramente ce lo vieta il pensiero dominante [laico – massonico, irenistico, pacifistico, universalistico]. Secondo il quale tutto ciò che ci distingue, infine a cominciare dallo stesso termine identità, è sospetto: allude a possibili discriminazioni, esclusioni, persecuzioni. Se vogliamo essere dei bravi democratici (come vogliamo) [e come dobbiamo essere forzatamente per non subire discriminazioni ed accantonamenti], possiamo avere quindi solo identità cosmopolite, universali, fruibili e condivisibili senza distinzioni da chiunque, sanzionate da diritti altrettanto universali. E poiché ognuno di noi deve sentirsi libero di essere qualunque cosa, ne segue come collettività, come insieme, non possiamo essere nulla, consistere in nulla, identificarci in nulla di storicamente o culturalmente determinato”.
Quale impegnativo, duro ma affascinante spazio si aprirebbe, in difesa della propria identità nazionale e non certo padana, ad una Destra italiana coesa, incisiva e preparata! Non si parli quindi di tempi superati e di nuovo quadro generale!
Sarcastico quanto sconfortato l’editorialista prosegue, fino alla conclusione, “Neppure lontanamente possiamo pensare, ad esempio, di avere “radici” (ambiguo termine biologico, che, come è stato denunciato, solo per questo sa già di razzismo, radici in una storia, in una tradizione, in un cultura. Figuriamoci poi in una religione. Ancora ancora, grazie al ricordo della Shoah, avvertiamo un leggero soprassalto se ammazzano qualche ebreo in un supermercato parigino o in un museo di Bruxelles. Ma se in una contrada d’Africa o d’Asia da anni abbattono croci e incendiano chiese a decine, fanno schiave e violentano donne solo perché cristiane, se per la stessa ragione decapitano o freddano con un colpo alla nuca chiunque non preghi Allah, non riusciamo a scomporci più di tanto.”.
E la conclusione non è saltata ma manca. Allora cerchiamola di dare. Tutta la descrizione è onesta, dettagliata e precisa. Manca però l’individuazione delle responsabilità o quanto meno per una ipotesi. Tutto il mondo occidentale, le grandi democrazie europee e d’oltre Atlantico hanno il peso di questa situazione non affrontata o tollerata per scopi ed obiettivi molto spesso non onesti e non limpidi, la Chiesa cattolica, impaniata in un ecumenismo improduttivo e legata all’irenismo delle sette protestanti, sempre più povere di fedeli, finisce con l’essere la punta più esposta in un ambiente ormai arido grazie al predominio semisecolare di partiti e di ideologie atee, radicali o deboli, come i democristiani di ieri e di oggi.
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