Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
rendiamola alla lontana, ma non più di tanto. Ricordate la narrazione biblica sulla
punizione divina dei costruttori della Torre di Babele ? Fu la superbia degli uomini –
secondo la Tradizione - a condannarli, per volontà divina, alla confusione dei linguaggi e
allo scompiglio.
La politica italiana non sembra essere immune da questa maledizione. A destra e a sinistra.
Al Nord e al Sud. Le vicende della Lega, spaccatasi, nella sua roccaforte veneta, tra i fans
di Tosi e quelli di Salvini; lo stato confusionale in cui versa il Pd ligure, uscito massacrato
dalle “primarie” ed ora costretto a fare i conti con il dissenso interno dei “civattiani”,
contrari alla candidata renziana Raffaella Paita; lo scontro tra “fittiani” e “berlusconiani”,
nella Puglia del dopo Vendola, la dicono lunga sulla babelica confusione dei linguaggi
nella politica italiana.
Addio appartenenze, identità, idealità. A dettare la linea sono le rispettive ambizioni. A fare
da traino più che i programmi gli interni rapporti di forza. Tutto sembra essersi ridotto ad
un’indistinta mucillagine, nella quale a restare invischiati sono soprattutto i cittadini-
elettori, a dir poco frastornati in questa girandola di distinguo, di spaccature, di fughe, senza
che poi, al fondo, appaiano ben chiare le ragioni e le rispettive distinzioni politiche tra
quanti, fino ieri, si ritrovavano sotto il medesimo tetto di partito ed oggi sembrano invece
impegnati a favorire l’avversario “esterno”.
La logica, a trovarne una, pare quella del derby strapaesano, dove la politica conta
veramente poco e ad emergere sono le rispettive appartenenze “di contrada” ed il peggiore
familismo, in grado di soffocare le ragioni del gruppo.
Senza, per questo, apparire nostalgici del vecchio monolitismo ideologico, un minimo di
“linea”, se c’è, all’interno, dei rispettivi partiti, una condivisione di valori e di programmi,
andrebbe tenuta. Non è solo una questione formale. Essa riguarda (dovrebbe riguardare) i
processi di selezione interni, il rispetto di chiare regole di comportamento, il rapporto tra
eletti e struttura-partito.
Al fondo dovrebbe esserci – e qui torniamo al discorso su Babele – un’omogeneità di
linguaggio, espressione, a monte, di una chiara distinzione di valori, laddove invece, oggi,
tutto appare indistinto, confuso e lontano dagli interessi reali della gente.
Tra tante discussioni sterili da qui bisognerebbe ripartire per cercare di ricucire non tanto gli
sfilacciati brandelli dei partiti politici quanto il senso vero e profondo della Politica,
recuperandone la dimensione culturale e spirituale, insieme al senso del nostro sistema
democratico, su ciò che significa realmente partecipazione, su come ritrovare un destino
comune e condiviso.
Anche per evitare – come ormai accade di elezione in elezione – di “stupirsi”
ipocritamente, ma il giorno dopo, per l’astensionismo e per la lontananza dei cittadini dalle
istituzioni rappresentative. Visti certi spettacoli indecorosi le ragioni per allargare questa
lontananza ci sono tutte.
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