l movimento dada

Il disegno industriale è una lacuna del futurismo?

di Piccolo da Chioggia

Il disegno industriale è una lacuna del futurismo?

Gio Ponti

Dei futuristi, per i molti di loro, che furono e restarono fedeli, sinceri e ingenui pure quando fu chiaro che il movimento aveva esaurito il suo slancio e si avviava al tramonto, non si può che avere ammirazione per gli intenti, e per gli esiti più belli della loro opera. Poca attrattiva esercitano, per contro, Autori anche benevoli sul futurismo che sovente trovano modo di declinare delle colonne a stampa con novità già note. Se almeno decorassero i loro articoli o libri con qualche illustrazione inedita! Sono chiaramente esclusi da questo novero i bravi ricercatori che, essendo consapevoli della possibilità di ridire cose conosciute da tempo, si avventurano per archivi e incontrano discendenti di futuristi alla ricerca di ricordi vivi e nuovi documenti che diano un’ultima fresca eco di quella scintillante stagione tramontata.  Per chi si senta attratto da uno studio non comune è necessario leggere le pagine del Papini su futurismo e marinettismo che sono, fra l’altro, la documentata disamina degli imprestiti creativi, a volte di assai lontana origine, assorbiti dal movimento, e, di complemento, la famosa dura pagina di Julius Evola su “La Torre” del 1930 ove sono enucleati dai manifesti i presupposti dottrinali dai quali scaturiscono teatralità e limitazioni del futurismo.

I bravi futuristi avevano tentato, in uno slancio generoso verso le stelle, di ricostruire l’universo e per questa via si erano avviati; fautori del progresso, poeti della macchina, delle folle agitate dal lavoro negli opifici, sembra però che abbiano dimenticato o solo trascurato una cosa importante per la pratica e davvero interessante per l’estetica tanto della macchina, quanto della vita delle folle e degli opifici stessi: il “disegno industriale”.

Qui si può obiettare che Depero è un creatore ante litteram in tal dominio e con lui lo sono gl’inventori della cravatta metallica, del libro imbullonato e di altri curiosi e ludici oggetti. Ciò vale certo per Balla quando costruisce giocattoli, mobili e soprattutto i famosi bellissimi fiori che potrebbero essere ora arredi tanto per dimore all’antica quanto per appartamenti ultramoderni. Il fatto è che le invenzioni futuriste fatte per divenire oggetti di disegno industriale, quando vi furono, non varcarono la soglia dell’atelier e, se lo fecero, questo fu per campi di azione limitati: pubblicità, qualche cosa nel tessuto, qualche cosa, anche estremamente bella, nella ceramica.  E una grafica, va detto, quasi sempre molto bella e mutuata dalla pratica delle tavole parolibere e dallo studio dell’antica tradizione della tipografia italiana: Aldo Manuzio, Andrea Alciato, Panfilo Castaldi, il grande Bodoni.

Su mobili e oggetti d’arredamento, macchine industriali, radioindustria, aeronautica, automobile, ferrovie, navi, ovvero la summa summarum delle applicazioni del disegno industriale, l’influsso di un’estetica futurista è davvero arduo a cercarsi.

E infatti dai fatidici anni 20, quelli del Vittoriale e dell’eleganza “fatale” delle dive del cinema muto, in tale dominio il vero astro italiano, ed il maestro delle generazioni a seguire, pare essere Giò Ponti. In questo architetto di rango internazionale, moderno e classico ad un tempo sembra abbastanza impossibile rintracciare venature di ispirazione futurista. Sempre che non si tratti di futurista lo “Zeitgeist” dello stile europeo degli anni 20 e 30, cosa che in realtà può capitare entro i confini della nostra penisola, solo perché una certa modernità creduta di matrice futurista, e però dall’origine assai più composita, travolge definitivamente l’ornamento e la decorazione affastellata di volute dell’”Art nouveau”. Basti scorrere “Domus”, la rivista di architettura e arredamento nata proprio nei primi anni 20, per accorgersi che l’onda travolge sì lo scoglio del floreale ottocentesco ma non perché il vento che agita la tempesta sia soltanto quello futurista.  Vi sono infatti ben altre bufere ad agitare quell’onda; esse sono le razionalità imposte dalla produzione di massa nell’America del nord già dal tardo 800, la guerre economiche che poi causeranno la tempesta d’acciaio del 1914-18. Tutte cose che hanno i natali ben prima del fatidico 1909, e che nel futurismo italiano hanno trovato una delle prime e tuttavia non la sola delle avanguardie mondiali in grado di vederne il lato poetico.

Dove trovare in “Domus” qualche scultura dinamica o qualche quadro futurista? A quanto ci pare di ricordare la parola futurismo viene scritta una volta sola sui numeri della decade 30/40, a proposito di un arazzo svedese o tedesco ove appariva un motivo decorativo con aeroplani e antenne. Per il resto vuoto di oggetti anche lontanamente futuristi e piuttosto una ricerca ovunque di forme che siano razionali all’uso e nitidamente proporzionate all’occhio secondo il noto criterio architettonico perfettamente formulato da un maestro del tempo, Heinrich Tessenow: “il semplice non è sempre bello ma il bello è sicuramente semplice”.

Italocentrici e a volte teatrali i futuristi hanno voluto essere innovativi fino all’iperbole ed hanno inventato libri imbullonati, innestato di segni matematici l’ortografia delle loro composizioni, ma non hanno, in un contrasto curioso, previsto che la società delle macchine di cui erano fautori fatalmente avrebbe relegato sempre di più al margine quel poeta che in loro rimase, al fondo, un latente “passatista”. Fatto, questo, da osservare freddamente e, per l’aspetto poetico, e da non vedere in luce negativa.  Si sono comunque arrestati prima di una constatazione che poteva squassare il loro scintillante castello; i nuovi oggetti e le nuove macchine mutuati dall’inarrestabile iperbole di invenzioni, le nuove immense architetture, al di là della buona volontà lirica futurista, non necessitano di essere trasposte in poesia, e devono solo essere costruite.

Il movimento dada aveva previsto perfettamente questo processo e si era infine sciolto. Se, come detto in alcuni testi di quel movimento, è lo spettatore a creare l’opera d’arte, che sia dinanzi alla Gioconda o al biglietto del metrò, arriva velocemente la logica spietata deduzione che detto spettatore di fronte a un ponte gigante d’acciaio non ha assolutamente più alcuna necessità dell’effusione lirica di un poeta potendo egli stesso divenirne il poeta. E il ponte gigante si celebra da sé con le sue inarrivabili dimensioni. Se con la modernità si va verso una semplificazione non è proprio il lirico, pittore scultore o poeta, della macchina e del suo “splendore geometrico e meccanico”, legata al contingente e destinata ad essere travolta da altre macchine, ad essere per primo il superfluo?  Caso mai risulta più utile, e solo fin che serve, l’ingegnere che perfeziona detta macchina o ne inventa una ancora più enorme o potente. Per degli effetti estranei dovuti all’arbitrio insondabile che ogni vicenda storica porta con sé e al di là delle previsioni, il futurista pare ad un certo punto restare quasi in retroguardia nell’epoca della macchina e non coltiva il disegno industriale, ovvero una delle ultime occasioni rimaste per imprimere un carattere, forse anche una forma in senso più profondo, alla macchina (o all’oggetto) e, per estensione, lasciare un segno non contingente entro una sempre più disanimata modernità. Ma, ancora, questa è solo una pura constatazione alla quale non associare in alcun modo un senso negativo. L’arte non può avere un facile accesso all’industria soprattutto se questa è rivolta ai grandissimi numeri. Quando questo avviene sono possibili miracoli estetici ma spesso ciò è avvenuto perché vi erano circostanze esterne forse anche tragiche quali sono le guerre. Se tale è stata una lacuna del futurismo la si può vedere, nella progettata conquista delle stelle, come un “ limite creatore” sopravvenuto.

 

Piaciuto questo Articolo? Condividilo...

Inserisci un Commento

Nickname (richiesto)
Email (non pubblicata, richiesta) *
Website (non pubblicato, facoltativo)
Capc

inserisci il codice

Inserendo il commento dichiaro di aver letto l'informativa privacy di questo sito ed averne accettate le condizioni.