Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Immigrati eritrei
Se c'è un paese che esemplifica in pieno le speranze annegate nel Mar Mediterraneo e la ragione di questa fuga, è l'Eritrea.
Anche se negli ultimi mesi c'è stato un aumento di persone provenienti dall'Africa occidentale (nelle recenti tragedie cittadini del Senegal, Ghana e Nigeria), allo stato attuale, si stima che più di 1.500 persone al mese scappino dall’ Eritrea, uno dei regimi più brutali e oppressivi esistenti in Africa .
Quasi un anno fa, quattro vescovi leader dell’ Eritrea annunciavano una critica interna relativa alla situazione insolita della nazione africana, attraverso una lettera distribuita pubblicamente.
Nella missiva, di 36 pagine e distribuita in lingua tigrina, i patriarchi anticipavano l'esodo di massa di giovani che stavano sperimentando i duri disagi della regione.
“I giovani di Eritrea vanno a cercare Paesi dove regna la pace, la giustizia, il lavoro, in cui queste qualità siano espresse a voce alta, un paese in cui si lavora e si guadagna onestamente”, riporta il documento firmato dai quattro appartenenti alla Chiesa ortodossa: Mengsteab Tesfamariam, della capitale Asmara, Tomas Osman (Barentu), Kidane Yeabio (Keren) e Feqremariam Hagos (Segeneti).
Già nel 2013, il relatore delle Nazioni Unite nella regione, Sheila B. Keetharuth, sosteneva che il servizio militare a tempo indeterminato (invece dei 18 mesi previsti dalla legge) fosse una delle ragioni principali, per gli stessi eritrei, di lasciare il loro paese di origine.
“ Questo sistema mantiene i suoi cittadini in cattività in una situazione disperata , costringendoli a prendere rischi inimmaginabili in cerca di libertà e di un rifugio sicuro “, dirà, dopo un tour a Malta e Tunisia.
Oggi siamo di fronte a un vero e proprio esodo epocale, dove la gente parte per raggiungere lidi di salvezza, ma spesso non arriva mai.
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