Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Addio democrazia! Si può intonare tranquillamente dopo la stalinistica decisione adottata ufficialmente dal dott. Renzi di sostituire nella commissione parlamentare impegnata nella discussione sull’Italicum i 10 deputati del suo partito (?), ostili all’impostazione del progetto. Le minoranze hanno abbandonato i lavori e tra i più severi critici della decisione del governo e di quanti lo sorreggono e lo guidano è stato il capogruppo di FI, che speriamo non sia smentito e sconfessato dal presidente del Milan. Tanto per ricordare sulla vicenda manca il minimo commento dei democristiani alfaniani, presenti in alcune coalizioni regionali con la Lega e con FdI Il minestrone berlusconiano è ogni giorno ricco di contraddizioni: nella polemica esplosa in Liguria tra la candidata renziana, rinviata a giudizio, tra l’altro, per omicidio colposo, ed il bistrattato Sergio Cofferati, il candidato di Fi, della Lega , dell’Ncd e di FdI , Giovanni Toti, si è schierato a fianco della prima. Va lodata comunque la Meloni per l’appoggio rifiutato al candidato presidente nelle Marche, già alla guida della regione con la sinistra per due legislature e , quindi, a rischio di ineleggibilità. Perché questa linea di distinzione e di sacrosanta autonomia non è stata seguita pure in Liguria, in Campania ed in Puglia?
A proposito dell’editoriale assai “diplomatico” sul tema elettorale, Polito dovrebbe spiegare il bizantinismo o meglio ancora il sofisma sostenuto con i deputati rappresentanti del gruppo in commissione ed in aula liberi “da qualunque vincolo di mandato e di disciplina di gruppo “, come se il lavoro in commissione non fosse il necessario ed indispensabile supporto della discussione più ampia e come se le minoranze non avessero diritto di rappresentanza. Il giornalista, altre volte assai più incisivo e puntuale, dovrebbe motivare la ragione per cui l’”Aventino” antifascista è ancora oggi da santificare, come baluardo delle libertà democratiche e la protesta delle opposizioni oggi viene irrisa come “gazzarra”, come se la democrazia non fosse ugualmente minacciata con il voto di fiducia, il premio di maggioranza e la mancanza del voto di preferenza.
Non si capisce la ragione del tono acrimonioso usato da Belpietro nei confronti dei dissidenti Pd, che saranno pure, come qualsiasi altro deputato di qualsiasi colore, preoccupati di perdere il seggio, ma che del tutto involontariamente stanno offrendo una formidabile arma di contestazione per l’opposizione al regime in costruzione (non all’uomo, che ne è solo la voce ed il braccio). Resta solo da vedere come i gruppi di minoranza vogliano usarla. Il più debole è al solito FI mentre paiono più convinti i grillini ed i leghisti con la Meloni impegnata in una controproducente lotta fratricida in Puglia.
Il presidente della Repubblica il prossimo 25 aprile esalterà la libertà ritrovata ma dimenticherà di notare che essa è calpestata a 70 anni di distanza da un “decisionista”, fortemente supportato.
A proposito di “decisionismo” esso appare – nelle parole di Draghi – sicuramente carente in Francia, Italia e Portogallo, tanto da spingerlo a sollecitare “un’azione risoluta” sulle riforme strutturali dal momento che l’attuazione delle raccomandazioni Ue è risultata “piuttosto deludente”. La Bce, ha concluso nel suo messaggio il presidente, che pare dall’arroganza del “premier” e del suo supporto economico Padoan piuttosto inascoltato, auspicando ”un rafforzamento più robusto e sostenibile”.
Ed ancora da “Libero”, molto più efficace e concreto sotto l’aspetto economico rispetto a quello politico, cogliamo un titolo eloquente del quale, se le opposizioni avessero maggiore attenzione e non fossero perdute in battaglie improduttive ed autolesionistiche, dovrebbero avere riguardo: “I numero smascherano i bluff del premier. Debito, tasse e tesoretto: tre schiaffi sui conti a Renzi. Authority, Bankitalia e Corte dei conti bacchettano il governo: i risparmi sul deficit servano a far quadrare il bilancio. L’Istat: Pil su dello 0,1%, ma la pressione fiscale sale al 44%”.
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