Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Non ho mai avuto certezza del suo nome, è un amico, un amico fattosi caro per comunione di vedute, opinioni, idee. Un amico rifugiato, un uomo di cultura e informazione, incontrato per caso in un mercato romano dieci anni fa, al tempo del mio primo libro su quella sua terra d'Afghanistan, libro complice d'amicizia. Ma una cosa è sempre stata certa, la sua città natale: Jalalabad. Ora, qualcuno via etere ha comunicato che lui, l'amico, è tra i feriti di Jalalabad, dell'attentato di quattro giorni fa e qui si prega che sia guarigione. Inch Allah!
Ma a Jalalabad si è già accennato in altra pagina, a Jalalabad come alla città delle cascate, era il 2012, ed anche allora a proposito di un attentato, ed anche allora si è tracciato un profilo, suggerendo di Jalalabad l'immagine solare, come di un angolo dell'antica India afghana. Ma l'aria vacanziera che fino a qualche anno fa caratterizzava Jalalabad, è evaporata tutta, s'è addensata sulla frontiera afghano-pakistana, questo non va dimenticato. E non va dimenticato che basi Nato con droni al seguito, sono presenti nelle zone limitrofe, e non va dimenticato che è da qui che s'involano per raggiungere luoghi più o meno vicini, più o meno lontani asseconda della strategia del momento. Ancora, ora.
Eppure, chissà come e chissà perché, con tutte le forze militari Nato, immaginabili e inimmaginabili che s'aggirano in zona, il Daesh, acronimo arabo di Isis, è riuscito ad infiltrarsi, agire, colpire senza che nessuno, ma proprio nessuno, se ne accorgesse. E, sì, perché dopo la presa di distanza dei Taliban afghani, secondo le notizie ufficiali, Shabibullah Shahid, portavoce di un indefinito gruppo staccatosi dal Tehrek-i-Taliban Pakistan per unirsi al Daesh, il certo Abu Mohammad che si è fatto esplodere davanti all'agenzia della Kabul Bank, tra la gente in attesa d'entrare, uccidendo 38 persone d'ogni età e ferendone 125, sarebbe un loro uomo: " è uno dei nostri" questa l'espressione di Shahid.
Ad avvalorare il tutto, oltre alla parola del presidente Ashraf Ghani, che non ha alcun valore dato il suo palese interesse a trattenere le forze militari straniere nel paese, per cui fa gioco l'idea della presenza del Daesh, o comunque di una probabile formazione, ci sarebbe anche una dichiarazione rilasciata sempre dal Daesh ma in gennaio, circa una propria costituzione nella "Provincia del Khorasan a cavallo tra Afghanistan e Pakistan" così pare sia stato detto, per cui due sono i punti, o l'ignoranza storico geografica è totalmente nei media d'occidente, il che non meraviglierebbe, o è nel Daesh o Isis, come si suol dire, ed anche qui con due interrogativi: o chiamano Khorasan l'intero Afghanistan, usando l'antico nome di una parte del paese che comunque mai ha confinato con il Pakistan bensì con l'Iran, o costoro proprio non sanno dove sono né dove stanno andando. In entrambi i casi anche qui nessuna meraviglia.
Quel che continua a meravigliare invece è come si possa perseverare nel credere alle quotidiane fandonie quando si sa, per esempio, della presenza di ex galeotti di Guantanamo appropriatamente liberati per essere a capo del Daesh o Isis, quando si sa... ma l'elenco proprio non va di farlo, va solo ridire che continua a meravigliare come si possa continuare ad avere dubbi sulla sostanza di questo Daesh o Isis, quando tutto indica la verità, basta osservare, riflettere e pensare senza bere le notizie, da qualunque parte giungano, comprese queste pagine, perché no, anziché muoversi secondo quel vecchio proverbio cinese che dice: quando il dito indica la luna, l'imbecille guarda il dito.
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