Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
el suo ultimo editoriale Simonetta Bartolini ha messo in evidenza l'insostenibile leggerezza della condizione politica e sociale italiana a fronte della tranquillizzante, ma quanto beota, illusione dai più tenacemente coltivata secondo cui nel Belpaese, per definizione, si starebbe assai bene, si condurrebbe una vita accettabile nonostante tante magagne, insomma si vivrebbe in maniera più che accettabile, nonostante le note difficoltà dalle quali è oggettivamente assediato. Menzogne. L'indicatore del contrario è proprio dovuto alla "scoperta" (ma chi non se n'era accorto prima non poteva che essere un imbecille) improvvisa si direbbe, visto il clamore suscitato, che gli stipendi medi italiani sono tra i più bassi d'Europa. A dire la verità quasi tutti i salariati ne erano a conoscenza, ma guai se si provavano a dirlo: quantomeno venivano tacciati di disfattismo, quasi fossero nemici della Patria.
Adesso che le tabelle di Eurostat hanno certificato che dopo di noi guadagnano meno soltanto i portoghesi, gli sloveni, i maltesi e gli slovacchi, possiamo metterci l'anima in pace. Siamo tra i più poveri d'Europa e nessuno ci venga più a rompere le scatole con le sue elucubrazioni circa il nostro tenore di vita ritenuto ben superiore a quello di altri popoli a noi vicini. Tra i lussemburghesi, la cui retribuzione media è di 48.914 euro annui, e gli italiani, che ne percepiscono 23.406 (ovviamente lordi) c'è una differenza di circa 25.000 euro. Ci piacerebbe sapere dai governanti attuali e da quelli passati a che cosa si deve questo gap non risultando tra il nostro Paese ed i più abbienti europei ragioni tali da giustificare la nostra miseria. Se perfino la Grecia e la Spagna, ritenute sull'orlo del default, sono posizionate meglio di noi vuol dire che il divario è costituito dall'utilizzo improprio delle risorse e, dunque, da un sistema di ladrocinio legalizzato che riempie i pozzi oscuri della spesa pubblica, alimenta la voragine degli sprechi, zavorra i tentativi di investimenti e preclude soprattutto ai giovani l'inserimento nel mondo del lavoro non creando i presupposti dello sviluppo.
Mentre si accerta che l'Italia impoverisce con i suoi otto milioni di quasi miserabili ed i suoi tredici milioni di candidati all'indigenza che tengono la vita con i denti e spesso nemmeno quella, i grandi organi di informazione, oltre ad indirizzare la discussione su questioni inessenziali come quelle ricordate dalla Bartolini, attingendo ad un mirabolante surplus di demagogia e di populismo vogliono farci credere che gli italiani non aspettano altro che di veder pubblicati on line i redditi della cosiddetta casta e pretendono perciò che deputati e senatori adempiano ai loro imperativi, ma non dicono che se le possono procurare con un minimo sforzo attingendo direttamente agli uffici della Camera e del Senato.
È un Paese impazzito il nostro. Come la maionese. Non resta che buttarlo via e ricostruirlo daccapo. Questo è ciò che pensa la gente di fronte a notizie sconvolgenti come quella che abbiamo riferito e c'è chi ritiene di distrarla premendo l'acceleratore sull'antipolitica come se questa emanazione dell'invidia sociale fosse materiale commestibile e non agente infiammabile.
Ai moralisti che ragguagliandoci sulle miserrime condizioni nelle quali versiamo neppure viene in mente che prima di attizzare lo scontro con i fantasmi, farebbero bene a dare uno sguardo alla sanità - ma senza trascurare trasporti, viabilità, sicurezza, scuola (la peggiore d'Europa, minata dalle fondamenta da alchimie didattiche incomprensibili a chiunque ed oltretutto costa maledettamente ai contribuenti: altro che casta!) - a livelli di indescrivibile degrado, come testimoniano i pronto soccorso della Penisola allo stato di penose baraccopoli popolate da stazionanti pazienti cui poco o nulla si dà in termini di assistenza. Con tutto ciò quasi tutte le aziende sanitarie rischiano di fallire per lo sperpero di denaro pubblico da parte delle Regioni che non hanno saputo amministrare un comparto cruciale della vita civile. Non tutti i sistemi sono sul punto del tracollo, ma la maggior parte è la rischio. È il bello, si potrebbe dire facendo del macabro umorismo, della cultura dell'autonomia e del federalismo (del quale per fortuna non si parla più dopo oltre un quindicennio di sbornia). Chissà se tutte le amministrazioni regionali saranno in grado di assicurare lo stipendio nei prossimi mesi a medici,infermieri ed operatori vari. La denuncia è di chi dovrebbe erogare l'assistenza e bussa, senza vergogna, a quattrini alla porta di uno Stato in dissesto.
Più poveri, meno protetti, sicuramente depressi. Ecco gli italiani che voltano le spalle ai partiti e non credono che la politica possa tirarli fuori dai guai. Speriamo non incattiviscano. Gli effetti potrebbero essere devastanti, mentre sul Titanic Italia si continua a ballare cinicamente la rumba del politichese, ipotizzando ardite alleanze, costituzioni di schieramenti che devono fottersi l'un l'altro. Che tristezza.
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