Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Come avviene per le grandi individualità, che da qualsiasi attività intrapresa, fosse pure la più modesta, sempre lasciano tralucere un lampo del proprio genio, ognuna delle molteplici facce del Dürer è degna d’interesse. L’artefice di Norimberga non era infatti solo il sovrano pittore ed incisore che conosciamo ma fu anche un trattatista di valore al corrente di costruzioni geometriche molto evolute. Appassionato dell’Italia, come era naturale per un artiere del suo tempo, il Dürer fu per un lungo periodo in Venezia e sono gli appunti del viaggio verso la città adriatica o almeno tratti da essi quei bellissimi acquarelli che ritraggono la Val di Cembra, e i dintorni di Arco e di Trento incontrati durante la discesa lungo la valle dell’Adige. È quasi sicuro che nella capitale lagunare egli potesse vedere un’esemplare della famosa edizione della Hypnoerotomachia Poliphili stampata dal romano Aldo (ovvero Teobaldo) Manuzio con l’insegna, inarrivabile pure oggi per senno ed armonia grafica, del delfino che con grazia di creatura apollinea si avvita all’ancora. Ammirato dall’arte del romano, Albrecht Dürer ne imitò la classicità dell’architettura di testo e illustrazioni per i suoi volumi sui canoni delle proporzioni nel disegno e nella figura e, con una certa sottile affinità, in una sua opera di architettura militare. Volumi che è sempre utile, per non dire necessario, passare in visione se si vuole imparare l’arte della grafica e della bella pagina e dei quali ci si domanda perché non ne venga fatta una bella ristampa anastatica con, in fondo, una traduzione in italiano allo stesso modo di come è stato fatto per la famosa ed arcana avventura di Polifilo. I titoli di queste opere ci appaiono sempre complicati, dato che sono delle frasi intere, e indicano che, a quel tempo, cauto, meditato e preciso era l’indirizzo dell’autore al circolo dei suoi lettori, spesso capitanati da un condottiero o da un principe esperti intenditori di arti e lettere. “Unterweysung der Messung etc.” ovvero, e qui dico all’incirca perché il tedesco del XVI secolo è molto differente da quello contemporaneo, “Dimostrazione della misura etc” -dove l’etc è il nostro taglio al titolo- è il testo del Dürer che tratta dei fondamenti del disegno immaginato in guisa d’una composizione inesauribile delle tre linee elementari, la retta che ha una lettera I come suo simbolo, il cerchio che prende una O per segno e, infine la linea genericamente curva sotto tutela della S, lettera serpentina che può anche vedersi composta di un tratto retto e di due archi di cerchio dalle curvature opposte e di diverso raggio. Le tre lettere sono dal Dürer associate in una pagina del trattato nella figura dell’enigmatica sigla: I O S.
Da questi elementi si arriva per gradi alle costruzioni prospettiche dove si incontrano, lungo i vari capitoli, delle incomuni costruzioni geometriche, fra queste una bellissima costruzione del pentagono quasi regolare, a lati eguali ma con un angolo ad apertura differente dagli altri, effettuabile con una sola apertura di compasso e l’originale costruzione della curva parabolica, che danno un Dürer bene addentro le matematiche. Un aspetto, questo, che appaia l’artiere norico a Piero della Francesca del quale si sa dal suo biografo che “ebbe bonissima cognizione d’Euclide” e riuscì a calcolare esattamente il volume d’una architettura di volumi assai complessa con metodi che forse si avvicinano al calcolo differenziale di oggi.
Con i “Vier Bücher der menschlichen Proportion“, i “Quattro capitoli sulle proporzioni della figura” il pittore di Norimberga torna sull’antico tema del canone che già fu di Policleto. Sono da ricordare, in margine di quest’opera, dei curiosi studi fatti di schizzi su fogli sparsi dove la nostra figura corporea è chiusa entro una composizione di volumi a prisma e parallelepipedo le cui altezze, larghezze, profondità stanno fra loro secondo precisi rapporti per consentire, una volta che si tracceranno le linee curve che delimitano la figura ideata, la riuscita di un modello in ordine perfetto con i canoni della proporzione. La curiosità è data dal fatto che le figurine a parallelepipedi e prismi sembrano davvero la creazione di un moderno disegnatore pure se il rispetto dei canoni rende ragione della loro inaspettata e fine bellezza. Esse sono inoltre così apparentemente elementari da potersi facilmente ricopiare a mano libera.
“Etliche Unterricht zur Befestigung der Stett, Schloss etc” è, al contrario, il titolo, che accorciamo in “Alcune direttive nella fortificazione delle città, castelli etc.”, di un’opera militare, irta di figure di bombarde che sparano a mura fortificate e illustrata ad uso non del lettore in cerca del bel disegno ma del guerriero che ha da scegliere o le traiettorie di tiro dove i muri possano cedere o l’architettura per la sua piazzaforte più razionale e robusta contro i tiri delle artiglierie assedianti. Schizzi dunque d’un ingegnere militare, spartani e veloci da penetrare in ogni particolare che, anche se minimo, deve risultare funzionale alla pratica. Disegni non da architetto civile ma da ingegnere militare per i quali domandarsi se siano belli ha ben poco senno; se dal loro studio si ottiene che la costruzione sia ben salda ai tiri delle bombarde e dei cannoni sempre più potenti essi sono perfetti e tanto infine può pure indicare ch’essi risultano del tutto in ordine con l’estetica. Che siano stati adottati nella pratica gli accorgimenti architettonico militari proposti dal genio di Norimberga? E dove? Qui possiamo solo dire che lo spettacolare castello a pianta rotonda che campeggia fiero sulla collina sovrastante Sciaffusa, la città svizzera sul Reno, qui presso a precipitarsi dalle famose cascate, sembra mutui le sue belle forme da dei disegni del Dürer.
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