Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Trascuriamo per la cura morale di noi stessi tre argomenti sul tappeto: 1)l’indisponente insistenza di Berlusconi sulla sua più fresca “trovata”, la creazione di un partito “dei moderati” sul modello di quello repubblicano americano, come se fosse ancora credibile l’inalterabile autocrazia del presidente del Milan, che ha nelle mani un giocattolo usurato e frantumato mentre ben più attivi ed incisivi appaiono la Lega e FdI; 2) la spaventosa vicenda dell’incendio nello scalo internazionale di Fiumicino, in cui se fosse credibile – e non lo è – l’ipotesi colposa, denunzierebbe una penosa insufficienza dei servizi di sicurezza. Questa versione, che si tenta di accreditare, rientra nella tattica narcotizzante che lo staff governativo ha sviluppato e sviluppa, ieri a Milano ed oggi, sull’opinione pubblica; 3) al limite dell’inverosimile e del grottesco è la pagina, del tutto inconcludente, scritta dai sindacati della scuola con il loro pellegrinaggio al santuario del Pd con disprezzo delle sedi legittimate a discutere in sede istituzionale il determinante problema.
Soffermiamoci invece su un articolo e due interviste presenti nell’edizione odierna de “Il Giornale”. Nel primo Giuseppe De Bellis opportunamente segnala l’opportunità di non incorrere nell’errore di considerare Cameron “il nuovo Messia della destra europea”, rilevando l’esistenza di fattori tipici ed esclusivi della storia britannica, decanta ricette di una destra impraticabile ed impensabile in Italia, basate su tagli di contributi ai ministeri, licenziamenti in massa, blocchi degli stipendi e congelamento dei sussidi di disoccupazione. De Bellis ricorda “la straordinaria arma di pressione” su Bruxelles, costituita dal referendum, che deciderà la permanenza o l’uscita dall’uscita dall’Ue. E’ un’idea mai avanzata nell’Italia, asservita a partiti, come il democristiano, la sinistra ed il socialista, privi di idee nazionali radicate e convinte.
Il politologo Giovanni Orsina individua il nodo, che rende impossibile una riorganizzazione dell’area di centro – destra , a parte le battute propagandistiche del Cesare di Arcore, nel momento in cui avverte che il problema è capire se Berlusconi “in futuro vorrà uno schieramento aperto, in cui il leader si potrà scegliere anche in un’altra area, con le primarie, o vorrà imporre il suo candidato. In quest’ultimo caso, continuerà la balcanizzazione”. Orsina ci consentirà una risata franca all’ipotesi di pretese di guida avanzata da tipi, non ho scritto figuri, come Fitto ed ancora di più di Passera o della “cadetta”, candidature che consegnerebbero la guida dell’Italia ai … pronipoti di Renzi. Desta perplessità il credito conferito al Senato, sulla cui riforma bisognerà apportare modifiche radicali per riuscire a conseguire il peso prospettato da Orsina, perché al momento con l’incredibile calo dei rappresentanti non di sinistra nelle regioni e la loro pratica sparizione nei comuni, a palazzo Madama impereranno i “renzi dipendenti”.
Il collega Giuseppe Parlato, dal canto suo, prospetta per la ricerca storica un quadro di profondo disagio, ad iniziare dal settore universitario in cui “i fondi per la ricerca si sono ridotti e, in ogni caso, è privilegiata la cultura scientifica e tecnica, rispetto a quella umanistica”. L’osservazione successiva riporta alla ribalta la Gelmini, riemersa, con generale fastidio, a proposito dello sciopero sulla riforma scolastica, apprezzata “dal 15% dei cittadini”, e per anni responsabile con la Brighetto Arnaboldi Moratti del dicastero dell’istruzione. Ebbene con loro e sotto di loro nulla è stato per arginare e circoscrivere il dominio della sinistra, che spadroneggia – come sottolinea Parlato - con le Fondazioni culturali, “mentre la destra latita, a causa del disinteresse che i suoi capi politici hanno tradizionalmente dimostrato verso la cultura”.
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