Editoriale

Le promesse per la buona scuola e quelle materie umanistiche trascurate

Renzi promette, spiega ma neldiluvio di parole si capisce solo una cosa, sarà un'altra fregatura per tutti

Vincenzo Pacifici

di Vincenzo Pacifici

Professore ordinario di Storia Contemporanea Roma La Sapiena

pprofittando della condizione di mia moglie, insegnante non precaria, ho avuto il piacere e l’onore di leggere la letterina inviata dal “premier” in stile non formale e non accademico, ma puerile e banale.

   In apertura è un inno all’ovvio, una sequela di affermazioni scontate e demagogiche: dalla crescita dopo 11 trimestri del Pil, come non conoscessimo la serie di misure assunte sul piano internazionale allo scopo e come non avessimo letto del trend positivo internazionale, alla “centralità dell’educazione e del prestigio dell’educatore”, ai maggiori “soldi” concessi alla scuola pubblica. La performance più esaltante è raggiunta con il riconoscimento dato all’Italia di essere “una potenza superculturale” e con i propositi preoccupanti di sostanziale impossessamento manifestati su settori nevralgici come la cultura, la Rai, il sistema universitario, la ricerca e l’innovazione tecnologica. Dopo aver strombazzata la perentorietà del decreto legge ed avere accettato, chissà perché, il disegno di legge, si dichiara pronto al confronto. I punti cardinali sono:

1)l’assunzione di oltre 100 mila precari ed un bando di concorso di 60 mila posti. Quindi si ripete il giochino del Jobs act con la trasformazione dei contratti da temporanei a definitivi, ancora a carico dello Stato ma resta oscuro dove e come tutto questo personale sarà utilizzato;

2)si promettono 4 miliardi di stanziamenti per l’edilizia scolastica, dal momento che “la Buona scuola passa anche dai controsoffitti e dagli infissi”, come non fossero ben più gravi e profonde le carenze, quali la vetustà degli edifici, la mancanza di misure di sicurezza, l’inconsistenza delle attrezzature sportive;

3) In forma spicciativa, offensiva, anticipa “diamo più soldi agli insegnanti”;

4) il passaggio più preoccupante è rappresentato dall’ inno irresponsabile innalzato all’autonomia con l’attribuzione di “ libertà educativa e progettuale alle singole scuole” e con il blocco delle centralistiche circolari ministeriali. Renzi, o chi per lui, non bada alle ripercussioni, al caos, agli scavalcamenti ed ai localismi, tali da creare scuole monadi isolate ed orgogliosamente dissonanti. Saranno in altri termini, come i dialetti mai simili da Comune a Comune;

5)Notati il 44% di disoccupazione giovanile ed il preoccupante tasso di dispersione scolastica, il “presidente del Consiglio” proclama il proprio favore al sistema duale esistente in Alto Adige, con “un maggiore coinvolgimento dei ragazzi nelle aziende” e “un rafforzamento delle loro competenze”. Ma i ragazzi, di grazia, per non essere sfruttati, dovranno essere retribuiti e soprattutto dovranno essere assicurati.

   Vanno respinte con irritazione e con rabbia tesi come quelle della “Buona scuola”, destinata “innanzitutto a educare cittadini consapevoli. Per questo reintroduciamo spazio per la musica, la storia, l’arte, lo sport. E valorizziamo la formazione umanista e scientifica”. Al dott. Renzi non hanno detto che quelle indicate sono materie già presenti e soprattutto è stato cancellato e deve tornare un insegnamento di grandissima rilevanza, quello della geografia. Al sullodato non hanno fatto presente che i corsi umanistici, e non umanisti, sostantivo e non aggettivo, sono in crisi perché trascurati e bistrattati e necessitano di interventi speciali di sostegno .

   Come al solito “in cauda venenum”: Renzi conclude la lettera da lui firmata che “ ci sono temi su cui da decenni si aspetta un provvedimento organico e che finalmente stanno nelle deleghe previste dal testo. In particolar modo un maggiore investimento sulla scuola 0-6 e gli asili nido, sulla semplificazione normativa, sul diritto allo studio, sulla formazione iniziale e l’accesso al ruolo degli insegnanti”. Si torna a sfruttare, in barba ad ogni discussione parlamentare, alle leggi deleghe, che abbiamo in altre occasioni viste trasformate in questi mesi in strumento illiberale delle manovre, degli obiettivi e delle mire politiche dell’esecutivo. Che gli insegnanti, già minacciati dalla precettazione, il personale interessato e coinvolto ed i partiti dell’opposizione vera vigilino sulle manovre già in corso nelle “secrete stanze” del potere.

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