Editoriale

Proviamo con l'ambientalismo ragionevole, libero dalle ideologie

Non ne parla nessuno ma uno dei fondatori di Greenpeace già da qualche anno esorta ad un cambio di rotta... convincente

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

tyle="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;background-image: initial;background-attachment: initial;background-size: initial;background-origin: initial;background-clip: initial;background-position: initial;background-repeat: initial;">In occasione della campagna elettorale a sindaco di Colleferro, Silvano Moffa, storica figura  della destra laziale,  ha fatto sua l’idea-slogan dell’ “Ambientalismo ragionevole”, volendo – con questo – affermare, “da destra”, l’idea di una politica di tutela/riqualificazione dell’ambiente molto “concreta”, giocata cioè sugli interessi reali della gente, sulla riqualificazione urbana, sulla lotta all’ inquinamento industriale, sulla soluzione delle questioni relative ai rifiuti.

L’idea/slogan non è nuova, ma val la pena di riprenderla e sottolinearla, quale esempio, magari da imitare, di un ambientalismo  non-ideologico, realmente attento al rapporto uomo-ambiente, piuttosto che alle estremizzazioni di un ecologismo radicale ed irrazionale.

E’ stato Patrick Moore, esponente di punta  del movimento Greenpeace, a pubblicare, qualche anno fa, un libro,  intitolato “L’ambientalista ragionevole”, con il quale stigmatizzava la sua frattura dal movimento ambientalista che aveva contribuito a fondare, nel 1971, denunciandone la deriva “antiscientifica” e “antitecnologica”  e delineando l’idea di un approccio razionale all’ambientalismo, fondato sulla ricerca scientifica.

Al di là degli orientamenti  dello stesso Moore, che ora si dichiara favorevole all’energia nucleare (in grado di sostituire l’utilizzo dei carburanti fossili e di permetterci quindi di eliminare alla radice il problema dell’inquinamento) e ai cibi geneticamente modificati (perché  permettono di non utilizzare più i pesticidi che sono i reali nemici dell’ambiente e della nostra salute , aiutando  lo sviluppo delle popolazioni tra le quali  ancora oggi si muore di fame), l’idea di un “ambientalismo ragionevole”, su basi scientifiche, è, oggi, una necessità delle società postindustriali.

Ed è anche una sfida culturale inderogabile tra chi vede nell’uomo un problema “ambientale”, cioè un essere capace solo di distruggere, e chi lavora per ridurre l’impatto delle nostre azioni sull’ambiente,  senza  dimenticarsi però delle nostre esigenze di vita e di sopravvivenza.

Al contrario – dice Moore - “Gli esseri umani sono parte della natura, sono una parte bella e positiva della natura”. Importante è comprenderne il valore – aggiungiamo noi – ed i confini reali, insieme alla  difesa delle specificità culturali dei popoli.

La “ragionevolezza” – in fondo -  sta tutta qui, nel bilanciamento  tra valori spirituali ed esigenze  di vita e di sviluppo delle comunità, tra protezionismo e intervento antropico: una battaglia non facile, ma essenziale, se si vuole evitare di lasciare l’ecologia  in balia delle strumentalizzazioni ideologiche e del facile sensazionalismo. Una battaglia che vale la pena di fare, magari a partire dalle realtà locali, per riaffermare un’idea “altra” della tutela ambientale, meno “di bandiera” e più attenta alle  concrete  esigenze della gente.

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