Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
What are we gonna do Captain? What are we gonna do now?
Nella notte più attesa il Liverpool è sotto 3-0 contro un Milan praticamente perfetto. Volti lunghi e teste basse nello spogliatoio accompagnano una domanda: Capitano, cosa facciamo adesso?
Si dice che le parole contino molto meno dei fatti, quando sono questi a parlare, ed infatti è andata proprio come il Capitano ha voluto. Il gol di Steven Gerrard di testa per il 3-1 riaccese le speranze nella notte di Champions League di Istanbul dell’ormai lontano 2005.
Poi 3-2,3-3 e vittoria ai rigori .Forse le parole che fra il primo ed il secondo tempo sono state pronunciate, guardandosi negli occhi e asciugandosi il sudore, hanno fatto il loro effetto.
Circa 5 mesi fa, in una normalissima giornata di Gennaio Steven Gerrard annunciava la decisione forse più importante della sua vita. Lasciare casa sua, il Merseyside, per andare a giocare oltreoceano nei Los Angeles Galaxy. Nelle successive partite fino ad arrivare a ieri, i tifosi del Liverpool si sono gustati ogni singolo attimo del giocatore più completo fra tecnica e valori, ma improvvisamente il tempo sembra aver accelerato il suo corso, 5 mesi sono inspiegabilmente volati e l’ultima giornata ad Anfield Road è arrivata.
Nato a Whiston il 30 maggio 1980, un paesino vicino a Liverpool, è dalla nascita tifoso dei Reds ed ha cominciato a giocarci da 9 anni, quando lo presero dal Whiston Junior.
Ma la sua vita cambia radicalmente in un’atroce pomeriggio primaverile del 1989. I suoi genitori non avevano comprato a Steve il biglietto per la semifinale di FA Cup, mentre i suoi zii lo avevano appena regalato a suo cugino, Jon– Paul Gilhooeley, che vedeva nella partita dei Reds coronarsi un vero e proprio sogno.
Nel match giocato a Hillsborough, il 15 aprile 1989, fra Liverpool e Nottingham Forest, lo stadio diventa scenario diuna tragedia. Crolla parte della gradinata e Jon muore schiacciato dai corpi dei suoi compagni tifosi. Le lacrime degli zii e dei suoi genitori colpiscono Steve che sente dentro di sé ancora la grande piccola voce del suo cuginetto,accompagnandolo per tutta la carriera, come ha raccontato qualche anno fa alla stampa.
Il 5 novembre 1997 pone la firma sul suo primo contratto da professionista per poi esordire l’anno dopo, a soli 18 anni, contro il BlackBurn. “The teenager Steven Gerràrd” calca il telecronista. Pronuncia sbagliata, giocatore appena maggiorenne: la storia ebbe inizio.
Da lì a 5 anni divenne capitano del Liverpool e poi 17 stagioni di amore incondizionato per una maglia cucita sulla sua pelle coronate da una Champions League, una Coppa UEFA, tre Supercoppe di Lega, due Supercoppe Europee e due FA Cup. 204 gol in 708 partite, tantissimi per un centrocampista.
Il pomeriggio di Sabato 16 Maggio l’Anfield Road di Liverpool aspetta il suo eroe per i suoi ultimi passi da giocatore, e chissà se lo vedrà mai tornare con giacca e cravatta, a bordo campo. Steve G è l’ultimo ad entrare nello stadio mentre ledue formazioni lo aspettano disposte in fila all’entrata del campo; con le sue 3 figlie al fianco è pronto a scendere per l’ultima volta quella manciata di gradini che poggiano sull’erba verde della Kop, curva leggendaria dei tifosi dei Reds. Un ultimo tocco al cartello della sua squadra appeso al muro ed entrata in scena. 45.000 persone, un solo colore rosso ad attendere il loro Capitano. Coreografie e dediche, occhi dei tifosi pieni di lacrime. Eppure Steven Gerrard sembra tranquillo, rilassato. Dopo una prima stretta di mano agli avversari si dirige verso il centro del campo, coprendo le orecchie alla figlia più piccola, impaurita dalla maestosità del boato dello stadio. Un respiro profondo e petto gonfiato,Gerrard alza le mani al cielo e si gira verso la Kop, applaude. Tutto lo stadio si inchina ai suoi piedi, cantano tutti per lui sia prima che dopo la partita (persa poi dal Liverpool 1-3 contro il Crystal Palace, ma poco importa). Questione di una frazione di secondo, la pelle si infittisce di brividi, gli occhi diventano lucidi, ma l’eleganza e l’orgoglio diventano i protagonisti principali dello stato d’animo del numero 8 e tutte le esperienze vissute in quel campo sembrano attraversargli la mente. Dalla Champions alle FA Cup (coppe d’Inghilterra) all’ultimo campionato sfumato in un attimo sotto i suoi piedi.
“Listen. Listen. This is gone. We go to Norwich. Exactly the same. We go again. Come on! This does not slip now!!”
“Ascoltate. Ascoltate. Questa è andata. Adesso andiamo a Norwich. Facciamo esattamente lo stesso. Vinciamo di nuovo. Andiamo! Questo non ci scivola adesso!”
Questo il discorso post partita dopo la vittoria con il City di Pellegrini. Rabbia e sentimento, voglia di crederci fino all’ultimo secondo e di vivere appieno ciò che stava succedendo nel Merseyside.
Due settimane dopo, ecco un’altra sfida essenziale per lo scudetto, in casa contro il Chelsea di Mourinho, mentre il Manchester City, in corsa insieme al Liverpool per lo scudetto, aspetta solamente uno scivolone dei Reds. 0-0 al 47esimo del secondo tempo, Sakho all’altezza del centrocampo scarica proprio a Gerrard che sbaglia il primo controllo e scivola, lasciando 70 metri di corsa palla al piede all’attaccante Demba Ba dei Blues per poter segnare lo 0-1, e consegnare lo scudetto al Manchester City.
Una smorfia che vale una sconfitta, uno scivolone che vale un campionato. Steven Gerrard ha vinto tutto, tranne il primato nella Premier League, che manca al Liverpool da ben 25 anni. C’erano quasi gli uomini di Brendan Rodgers, ma qualcuno da qualche parte ha voluto che la storia di Steven Gerrard rimanesse incompiuta per un qualche tipo di scherzo fatale, un ironico scivolone. A lui, che in 17 anni di carriera non ne ha mai fatto uno: sempre elegante e impeccabile dentro e fuori dal campo, corsa, grinta e passione per una maglia che si porta dentro, sia del Liverpool che della Nazionale. Capitano dell’Inghilterra e bandiera della regina ha visto finire il suo ultimo Mondiale in Brasile nel 2014 come una sorta di naufragio. Una parabola di una carriera conclusa stranamente, quasi irreale.
Direttore d’orchestra, pittore di traiettorie, portatore di pianti e gioie ai tifosi dei Reds; forse qualcosa in effetti l’ha lasciata, linfa vitale che porta valori ed amore dentro ogni filo d’erba, in ogni angolo dello stadio.
Steven Gerrard ha scritto il suo nome su ogni storia targata Liverpool degli ultimi anni, immortale campione. Quella notte di Istanbul i suoi compagni, fra il primo ed il secondo tempo gli avranno il da farsi, e lui li ha trascinati a vincere quella coppa dalle grandi orecchie.
Ma adesso sta al mondo del calcio chiederti so, what are we gonna do now, captain?
Una storia incompiuta, bandiera che si alza sopra il cielo di Liverpool, una carriera sfortunatamente mai coronata fino in fondo, mai sul tetto d’Inghilterra.
Intervistato dopo la sua ultima apparizione nel suo stadio reagisce dedicando un saluto speciale ai suoi tifosi: “primache arrivino le lacrime, prima che cominci la commozione voglio rivolgere un saluto particolare ai miei tifosi; ho giocato in molte parti del mondo, ma voi siete i migliori, i migliori in assoluto. Vi auguro il meglio.”
E così il Crystal Palace con la vittoria ad Anfield per 1-3 rovina la giornata a Stevie, ma si sa, non esistono le favole perfette. Quella di Liverpool è più di una festa, è come se l’ultimo dei Beatles avesse posato la chitarra abbandonandola alla polvere del tempo, come se il sole che ogni domenica splendeva sullo stadio tramontasse per sempre. Anfield e tutta Europa salutano così una delle ultime bandiere rimaste.
La regina aspetterà il suo capitano, che forse tornerà sotto un’altra veste, magari più elegante e non proprio protagonista del campo, ma quasi. Le sue gesta, i suoi valori, lo stile e il suo grido da “Captain Fantastic” riecheggeranno tra gli spalti dell’Anfield Road, sempre, sotto quel assordante, incessante ruggito di “you’ll never walk alone”.
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