Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Nei giorni, per dirla pudicamente, della commemorazione e non della celebrazione del centenario dell’ingresso in guerra in Italia nel 1915, spunta, in prima approvazione alla Camera il disegno di legge n. 2471, firmato da 59 parlamentari del Pd e intitolato “Disposizioni concernenti i militari italiani ai quali è stata irrogata la pena capitale durante la prima Guerra mondiale”. Primo firmatario è stato il 62enne Gian Paolo Scanu, laureato in Scienze politiche, e relatore il 51enne Giorgio Zanin, insegnante di scuola media inferiore. Nella stessa pagina interna (la XII), in cui Mario Cervi invita a far sventolare il tricolore vietato, con l’acquiescenza del governo, a Bolzano, il Giornale riprende il comunicato Ansa, che tiene a segnalare che la proposta “è arrivata in aula prima del 24 maggio” “grazie all’impegno del presidente della Commissione Difesa Elio Vito (Forza Italia)”. Intelligenti pauca verba
La presentazione si apre citando il Comitato interministeriale per il Centenario della prima Guerra mondiale, istituito nel 2013, allo scopo di coordinare “la programmazione, la preparazione e l’organizzazione del centenario della prima Guerra mondiale” . Tra gli obiettivi, il conseguimento della massima partecipazione della popolazione, la ricerca di una prospettiva internazionale per le iniziative da promuovere unitariamente agli altri Stati che hanno preso parte alla I guerra mondiale, la valorizzazione dei luoghi della memoria, l’arricchimento della rete museale e del sistema espositivo.
Con inserimento del tutto gratuito e grazie al gusto squisitamente ed unicamente italiano dell’autoflagellazione, si è ritenuto di non poter più far rimanere “sotto silenzio la tragica vicenda dei militari italiani che, durante la prima Guerra mondiale, finirono davanti al plotone di esecuzione per reati contro la disciplina militare, accusati di tradimento o di viltà di fronte al nemico” e di sostenere “un auspicabile provvedimento di riabilitazione che abbia la forza della legge”. “Riabilitazione”, poi addirittura in chiusura si userà la parola “perdono”, ma di cosa e soprattutto per quale motivo.
Infatti, dopo una tirata sulla disciplina, “che regolava” l’Esercito, “una delle più repressive tra quelle applicate dagli Stati coinvolti” (questo livello di obbrobrio, da chi è stato stabilito? Dall’ex radicale Vito?), si lamenta la vetustà del codice penale militare, risalente al 1869, simile a quello del 1859, ispirato a quello del 1840 (attendevamo gli ulteriori precedenti risalenti all’età romana) e si dimentica di addebitare al nume tutelare della sinistra in questi anni, Giovanni Giolitti, colonialista nel 1911 e neutralista nel 1914, la responsabilità del mancato adeguamento delle norme.
Non si possono evitare due considerazioni. La prima riguarda la responsabilità delle esecuzioni sommarie “autorizzate e incoraggiate” dal generale Luigi Cadorna (1850 – 1928), padre di Raffaele (1889 – 1973), affrancato in quanto comandante del Corpo Volontario della Libertà nel periodo della Resistenza.
La seconda riguarda il carattere autolesionistico, strumentale e onestamente presuntuoso della proposta, volta “anche a costituire uno stimolo affinché, nell’ambito dell’ONU, la moratoria della pena di morte si affermi come valore universale”.
Siamo certi che nell’assemblea americana ci sia già la fila dei rappresentanti diplomatici della Corea del Nord, di Cuba, della Mongolia e dei “democrazie centroafricane” , che premono per avere copia di questa iniziativa prorompente e straripante senno e logica.
Caro Pacifici,
pubblico il tuo pezzo anche se sono solo parzialmente d’accordo con te ma la politica del giornale è quella di pubblicare anche quel che non ci trova d’accordo.
Mi sembra di capire che non sei d’accordo sulla riabilitazione dei fucilati, per questioni disciplinari, nel corso della Grande Guerra, di cui Cadorna fu il più convinto sostenitore.
Francamente non appartengo alla schiera dei buonisti in servizio permanente effettivo, ma ti ricordo che sono passati cento anni, e se oggi si libera un pluriomicida dopo 14 anni si può ben riabilitare quanti furono passati per le armi spesso con accuse inconsistenti e dopo non-processi o magari i processi sommari.
Ci furono, come in tutte le guerre episodi di eroismo e di vigliaccheria, di miseria disgustosa e di generosità, l’umanità è questa e allora non era peggiore di adesso.
Un grande poeta, Gabriele d'Annunzio certo non imputabile di buonismo un tanto al chilo, fece la guerra, cantò la bellezza del patriottismo e dell’eroismo, ma quando si trattò di parlare dei morti rese omaggio anche decimati della famosa brigata Catanzaro pratagonista di un clamoroso ammutinamento, ti ricordo qualche suo verso che nessuno prende più in considerazione, si intitola “Cantano i morti con la terra in bocca”:
«Sappiate che i morti non piangono.
Ma cantano. E chi ha udito quel canto, quegli sa che c’è un cielo sotto i nostri piedi come ce n’è uno sopra la nostra fronte.
Io so con quale voce i morti cantino in petti non ancor vuoti di respiro»
E lo trovi nel Libro ascetico della giovine Italia
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Simonetta Bartolini
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