Editoriale

Due spettri si aggirano per l’Europa

Questione migranti e cultura del gender, la prima fa paura, la seconda no, ma a riflettere bene…

Giuseppe del Ninno

di Giuseppe del Ninno

i sono due spettri, e non già uno, che si aggirano per l’Europa. Sono in realtà molteplici – e di natura diversa - gli episodi recentemente fioriti qua e là, utilizzabili come indicatori della direzione assunta dall’Europa come unione di popoli; tutti però ascrivibili a due grandi categorie – a due grandi spettri… - che per brevità denomineremo come “cultura del gender” e “questione migranti”, quest’ultima in stretta connessione con i rapporti con l’Islam (e non solo con lo Stato Islamico).

In Italia, questi due spettri occupano una scena disastrata: alla persistente crisi che ha modificato le abitudini di quasi tutti i cittadini, all’irreversibile discredito dei partiti politici (fenomeno comune ad altri paesi del Continente), si è aggiunto quello delle Pubbliche Istituzioni. Vedremo quale ne sarà l’assetto definitivo, dopo la ventata riformista del governo Renzi: qui basterà ricordare gli scandali trasversali che hanno travolto l’Istituto Regionale e la finta abolizione di Province e Senato, risoltasi con la pura e semplice abolizione del voto popolare. Per carità di patria dovremmo sorvolare sulla perdita di credibilità dello Stato, sia all’estero - dove il suo peso politico è vicino alla zero - sia all’interno, dove si mostra rapace quando si tratta di presentarsi al cittadino col volto dell’armi degli esattori fiscali, e insolvente quando si tratta di pagare i debiti contratti con le imprese fornitrici e con i pensionati (oltretutto additati al pubblico ludibrio dei giovani, ai quali sottrarrebbero risorse e opportunità, con le loro legittime pretese, sancite da un verdetto della Corte Costituzionale). Del resto, che il nostro Stato sia incapace di garantire la certezza non solo dei diritti acquisiti, ma della giustizia “tout court”, è cosa risaputa, sia in sede civile che in sede penale. E lasciamo andare pure i ripetuti rimproveri – e condanne - delle autorità europee in materia di politica carceraria, e non solo…

Ma il “cahier de doléance” sarebbe lungo, e qui dobbiamo tornare a parlare dei nostri due spettri… Quanto al tentativo di governare i flussi migratori, è apparso evidente che nessuno è in grado di fornire ricette valide nell’immediato e tanto meno nel medio-lungo termine; e altrettanto chiara è la condizione di minorità della nostra Italia nei confronti dei suoi partners comunitari (e non solo dei colossi Francia, Inghilterra e Germania, ma perfino di Polonia ed Estonia). Qui, fra i problemi centrali, di rado viene illustrato quello della cittadinanza, i cui contenuti andrebbero sottoposti ad una approfondita riflessione teorica, ben al di là della semplificata contrapposizione fra “ius soli” e “ius sanguinis”.

Tuttavia la diffusa miopia indotta dalla facile sopravvalutazione dei singoli interessi nazionali coinvolge anche le (mancate) decisioni strategiche concernenti l’aggrovigliato conflitto in atto sulle coste libiche e in un’area sempre più vasta del Vicino e Medio Oriente. E’ vero: la soluzione militare appare problematica, anche per l’opposizione in sede ONU di Russia e Cina; ma non meno problematica è la via diplomatica, per l’assenza e la riottosità di interlocutori credibili. Nel frattempo, continuano gli sbarchi, anzi è facile prevederne un robusto incremento, col favore della bella stagione. Poco lontano, l’esercito dell’ISIS continua ad avanzare, a praticare esecuzioni in massa, a distruggere siti archeologici.

Si continua a parlare di “guerra civile” all’interno del mondo islamico, ma si continua pure a ignorare che l’obiettivo finale – di entrambi i contendenti? -  è quello dell’espansione, della conquista, della conversione. Lo dice il Corano. Siamo di fronte, insomma, ad una delle tante guerre asimmetriche della nostra epoca, e in questa guerra l’asimmetria consiste nel fatto che uno dei due soggetti, il cosiddetto “occidente”, appare inconsapevole e perfino riluttante ad accettare il suo coinvolgimento in qualunque forma di belligeranza. Su questo piano, il romanzo di Houellebecq, Sottomissione, rischia di essere profetico non solo per la Francia.

E veniamo al secondo spettro, una crescente presenza fantasmatica che, a differenza dell’Islam fondamentalista e sanguinario, non incute paura, ma finisce col minare in profondità gli assetti della nostra civiltà, a partire dalla famiglia. Vedremo che fra i nostri due spettri esistono legami forse non evidenti, ma profondi e gravidi di conseguenze. L’esito del referendum irlandese sul matrimonio omosessuale, la preannunciata presentazione di una proposta di legge “bipartisan”, per il varo del matrimonio omosessuale – auspicato, fra l’altro, dalle firme più prestigiose del Corriere della Sera – e, si parva licet… il registro delle unioni omosessuali inaugurato giorni fa con grande pompa dal Comune di Roma, pongono al centro dell’attenzione non tanto il regime di queste unioni, quanto lo spirito del tempo, che sembra sospingerle. Del resto, la stessa Chiesa cattolica, dopo il referendum in Irlanda, non ha potuto che prendere atto della volontà popolare, sia pure rinnovando il proprio impegno culturale ancor prima che religioso.

Siamo di fronte a un “déjà vu”, a una replica dei grandi movimenti d’opinione che portarono all’introduzione del divorzio e dell’aborto nel nostro paese e che, anni dopo, fecero della Spagna zapaterista il battistrada delle rivendicazioni omosessuali e della decostruzione normativa della famiglia “tradizionale”. Provvedimenti, sarà bene sottolinearlo, non abrogati dal governo cattolico-popolare di Rajoy a quello socialista di Zapatero). Sia chiaro: chi scrive è convinto che si debbano riconoscere diritti ai conviventi, quale che sia la loro identità sessuale; quello che inquieta è il piano inclinato, già percorso in altri paesi, che porta, fra l’altro, alle adozioni da parte di coppie dello stesso sesso.

Dobbiamo ricordare che la struttura della famiglia non è patrimonio di questa o quella religione, ma appartiene a tutto il genere umano, da sempre? Qui la bandiera delle nozze omosessuali, sventolata non solo dalle sinistre e dai libertari di mezzo mondo, ma perfino dai cosiddetti “benpensanti”, ci appare come il cavallo di Troia di quella “cultura del gender”, che rivendica l’identità sessuale come frutto di una scelta e non già come un dato di natura.

Si aggiunga che, in questo, il “gabinetto del dottor Caligaris” o, se preferite, il laboratorio del Dr. Jekyll, vengono in soccorso di questa cultura, con la presunzione di sottrarre ai sostenitori del “matrimonio naturale” l’argomento della infertilità di quello omosessuale. E’ a tutti noto, infatti, che una coppia omosessuale ormai può generare figli, ricorrendo alle pratiche più svariate, prescindendo dal metodo che ci ha portato da Adamo ed Eva fino a noi. Qui non si tratta di considerare “contro natura” i rapporti omosessuali, ma semplicemente di riconoscerne l’eccentricità rispetto alle leggi stesse di natura. Ma c’è di più: su questa linea, che viene da lontano (almeno da quando sono stati messi in discussione tutti i principi di autorità e le loro fonti, da quelli che riguardano lo Stato a quelli che investono la Scuola e la Famiglia), assume una priorità crescente la ricerca di una felicità individuale sempre cangiante, a dispetto di tutti i valori che hanno fin qui edificato e salvaguardato la civile convivenza. Rientra in questo schema il divorzio breve, recentemente approvato anche da noi.

Se nelle scuole elementari del nostro paese si varano programmi pedagogici che prevedono l’insegnamento della masturbazione, l’indiscriminato uso di giochi e di abiti “da maschietto” e “da femminuccia” , la rivisitazione di favole dove i protagonisti non sono più Principi e Principesse ma Principi e Principi, non c’è da stupirsi che la nostra civiltà non sia più in grado di opporre resistenze – culturali, ma anche politiche e militari – a quelle civiltà che hanno conservato il gusto dei ruoli (non soltanto sessuali)  e l’energia, fisica e spirituale, per affermare i propri valori. Così, Le suicide français illustrato da Eric Zemmour nel suo omonimo saggio, rischia di essere l’eutanasia di tutta la nostra civiltà.

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