Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Adesso la colpa per la mancata assunzione, tanto strombazzata e vantata, dei precari è dovuta “ai 3000 emendamenti” legittimi e democratici presentati alla Camera. La “faccia tosta” di Renzi è veramente inarrivabile: non vuole ammettere l’ennesimo fallimento suo e del suo staff , data la pratica e sostanziale impossibilità di ricorrere al decreto legge, in precedenza con tanta arroganza usato ed abusato. Comunque i precari e tutto il personale della scuola vigilino su quell’altro strumento, utilizzato fino all’eccesso, dei decreti delegati, sui quali gli uffici scolastici (ex provveditorati) vanno compiendo manovre non chiare.
Il sedicente “cavallo di corsa lunga”, dopo le sconfitte subite a causa del frazionismo interno al partito da lui egemonizzato in Liguria, a Venezia ed in Sicilia, in presenza della gigantesca, irresponsabilmente sottovalutata crisi dell’immigrazione, parla di momento “più duro” della legislatura, accorgendosi di essere arrivato ad un precoce ed inimmaginabile inverno con la crisi di Roma, in cui è costretto ad anticipare il prelicenziamento , i “7 giorni” , a detta de “Il Corriere” a Marino, del quale si vorrebbe conoscere la verità sull’allontanamento americano, e a rottamare le primarie, fondamento della sua carriera. Anche su Twitter non è un momento favorevole a Renzi, che al tromboneggiamento “Tornerò il vero me stesso” ottiene come risposta “Quello che piazza gli amici della Leopolda?” e sul quotidiano milanese ci si interroga sull’opportunità del fulmineo passaggio di Pistelli dall’esecutivo all’ENI.
Dall’altro versante politico, mentre l’unica autentica vittoria attribuibile al centro – destra è quella di Arezzo, feudo della responsabile del ministero delle c.d. “Riforme”, Maria Elena Boschi, con Alessandro Ghinelli, si è arrivati a prospettare una nuova alleanza, con leaders da selezionare ancora tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni. I due appaiono immaturi e preparati solo superficialmente in due campi probanti, quali quelli dell’economia e della politica estera, ai quali potrebbe sopraintendere una personalità, seppur troppo liberal, del calibro e della caratura scientifica di Antonio Martino, a meno non si voglia sfoderare Berlusconi junior, scopritore di una legge finanziaria rivoluzionaria, “per aumentare i consumi, bisogna diminuire le tasse”.
Conosciute da pochissimi, perché quasi ignorate dagli organi di stampa, sono le parole con cui il presidente del Senato Pietro Grasso ha pesantemente respinto la riforma del Senato: “a governi forti è bene che corrispondano Parlamenti altrettanti forti: in questo sarà importante mantenere in capo al Senato la funzione di “contrappeso” proprio per mantenere un corretto equilibrio costituzionali”. Parole? O più probabilmente pietre, che ci si augura siano utilizzate (non dalla destra, sulla quale con Dante “il tacere è [sempre] più bello”) ma da altre opposizioni, tanto più che a nessuno sfugge che il governo in carica non è forte, ma solo prepotente.
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