Editoriale

Marino vuole rimandare la destra e i fascisti nelle fogne, nessuna fatica, basta una passeggiata per le vie della sua Roma

Nella sua storia millenaria la capitale non era mai stata amministrata così male, il peggior sindaco che si possa ricordare ora se ne vada!

Dalmazio Frau

di Dalmazio Frau

gni limite ha la sua pazienza”, diceva Totò e il Sindaco di Roma, Ignazio Marino, ormai i limiti della pazienza li ha valicati tutti, finendo per correre in un campo minato. Da che è stato insediato ha soltanto accumulato una serie di pessime figure, una sempre peggiore dell’altra che neanche i suoi predecessori - tutti insieme appassionatamente - avrebbero saputo fare. Inutile elencarle tutte, dalla demenziale pedonalizzazione dei Fori Imperiali, alle ridicole soste multate della sua Panda, all’asfaltatura dei sampietrini, al cambio del logo cittadino, fino all’ultima, straordinaria, delirante esternazione fatta durante la Festa dell’Unità. Erano quarant’anni che non sentivo più gridare “Fascisti, carogne, tornate nelle fogne!”. Tristezza di gente che è vecchia dentro, rimasta ancorata, fossilizzata e pietrificata ancora a triti schematismi che hanno con loro soltanto morti inutili e ingiuste da ambo le parti.

Roma non merita una sindaco come Ignazio Marino, che l’ha lasciata in mano alla devastazione criminale e alla corruzione, pregressa certo, ma non svanita sotto di lui, anzi... Roma non merita i cumuli di “monnezza” che si ergono a sfidare in altezza la Piramide Cestia a pochi passi dall’Appia Antica. Ma certo, è molto più importante sfilare fasciato nel suo tricolore d’ordinanza al Gay Pride, perché questo è il suo concetto di tolleranza libertaria a chi la pensa diversamente da lui: “tornate nelle fogne”!

Forse Marino non sa – tra le tante cose che ignora della città che amministra - che le fogne romane, antiche d’oltre duemila anni e perfettamente funzionanti al contrario di quelle recenti e maltenute, sono opere d’arte, sono parte di quell’immenso patrimonio storico artistico del museo infinito che è la città di Roma. Marino non sa che su quelle fogne si è costruito un Impero, quello dei Cesari e sulle stesse poi si è eretto quello Cristiano. Marino non sa che le fogne dove vorrebbe nuovamente – lui tollerante, progressista, libertario – andassero a rintanarsi i “cattivi” di destra sono le radici sulle quali poggia il suo Campidoglio sempre più vicino al tracollo.

Purtroppo la “saudade” genovese del Sindaco si fa sempre più sentire - una forma di tristezza che non ha nulla a che vedere con la malinconia - così caratteristica da affliggere geneticamente molti nativi del capoluogo ligure. C’è in essa una cattiveria inutile, rancorosa, un odio sottile e continuo verso tutto ciò che non capiscono e men che meno comprendono.

Ecco cos’è che affligge Marino, lui non ama Roma, non la comprende. Non può in effetti, lui avvezzo alle città statunitensi, nato in una terra stretta tra il mare ed i monti, matrigna e non madre, sentire il battito del Cuore del Mondo. Come potrebbe mai, dunque, comprendere e amare Roma?

E allora sì, dico “viva le fogne”, dico “torniamo a essere carogne”, cominciando a chiedere che il sindaco Marino, abbia una sussulto di dignità o – se preferisce – di genovese superbia e si dimetta, lasciando libero uno scranno che altri, meglio di lui, sappiano occupare ricordando che loro passano e svaniscono, ma Roma resta!

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