Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Quando Abu Mohammed al-Adnani, portavoce dello Stato islamico in Iraq e Siria, proclamò il 29 giugno 2014 la formazione dello Stato Islamico e la restaurazione del califfato musulmano sotto il comando di Abu Abkr al Baghdadi, in pochi, meno noi di Totalità, presero sul serio le sue parole.
Una settimana dopo il califfo ebbe a pronunciare un discorso di vittoria per la conquista della moschea di Mosul, e la stampa internazionale, nonostante questo decise di dare attenzione agli orologi che indossava il musulmano, un Sokonda, un Rolex e un Omega, che al contenuto di un messaggio che si diffuse rapidamente e profondamente nelle menti dei più accorti.
Un anno e migliaia di morti dopo l’Isis si è presa la frammentazione settaria di Siria e Iraq per ridisegnare la mappa del Medio Oriente e formare una sorta di "yihadistán" nel cuore del mondo arabo, come definito da David Garner in "Financial Times", diffondendosi in Egitto, Yemen, Tunisia, Algeria, Libia, Afghanistan, Pakistan e Nigeria.
La bandiera nera degli schifosi macellai sventola in questi Wilayat (province) del califfato, dove i gruppi armati hanno giurato fedeltà al califfo Ibrahim, come lo chiamano i suoi seguaci, e hanno dimostrato la loro fedeltà assoluta con attacchi, uccisioni di massa, che istituiscono l’interpretazione più ultra-ortodossa dell'Islam come fonte di legislazione locale, simile a quella predicata dai talebani in Afghanistan prima del 2001.
Priorità del Califfato è stata consolidare i confini in Siria e in Iraq, che occupano quasi la metà della Siria e alle province a maggioranza sunnita dell'Iraq di avere uno spazio fisico concreto, mettendo in second’ordine l’organizzazione di Al Qaeda eclissata dalla nascita e dall’imperversare degli uomini di Baghdadi.
Il gruppo continua giornalmente a progredire e, in risposta alle operazioni militari internazionali lanciate dagli Stati Uniti, a settembre Al Adnani ha richiamato i "musulmani di tutto il mondo ad uccidere gli infedeli sia civili che militari."
Due mesi dopo lo Stato islamico ha riconosciuto il suo primo wilayat nel Sinai egiziano grazie al gruppo terroristico Ansar al-Beit Maqdis.
Due passi in più verso la globalizzazione del califfato che terrorizza l’Occidente sotto forma di attacchi come quello di Parigi nel mese di gennaio.
Quattro ostaggi e un morto. Da allora i jihadisti non hanno mancato il loro appuntamento mensile con il terrore lontano dai propri confini con operazioni come l'attacco di marzo al Museo del Bardo in Tunisia, e nel mese di aprile e maggio in Yemen e Arabia Saudita, per due venerdì consecutivi, con attacchi alle moschee sciite e l’ultimo Venerdì con un attacco a Francia, Kuwait e Tunisia, dove il giovane Abu Yahya al-Qayrawani ha ucciso 39 turisti su una spiaggia di Sousse.
Dopo aver ignorato del tutto lo Stato Islamico alla sua nascita, ora i leader europei, con grande ritardo, affermano che "abbiamo, probabilmente, la più grave minaccia globale mai subita fino ad ora e in continua evoluzione" .
La risposta occidentale a questa "minaccia globale" è iniziata nel mese di agosto con la formazione di un’alleanza internazionale che ha bombardato le posizioni dello Stato islamico in Iraq e Siria. La sfida di Al Baghdadi al presidente americano Barack Obama si è poi materializzata con le immagini della decapitazione del giornalista James Foley, la prima di queste uccisioni, che ha portato ad una veemente risposta del Pentagono, che da allora, dicono loro, hanno annientato migliaia di bersagli e uccisi "10.000 miliziani."
"Abbiamo fatto progressi significativi, ma ci sono zone come Ramadi dove ti costringono a lasciare l’attacco da una parte, per poi essre attaccati dall’altro”, ha affermato il segretario di Stato Anthony Blinken". "Sono agili, aggressivi e molto opportunisti".
Gli attacchi aerei e marittimi non sono sufficienti e gli Stati Uniti al momento hanno 3.500 uomini in suolo iracheno che cercano di istruire le persone del luogo per formare un esercito, lavoro che include anche paesi europei.
"Non è esagerato dire che, dopo 14 anni di guerra globale al terrorismo dove sono state investite cifre senza precedenti, non siamo ancora in grado di comprendere correttamente le loro mosse per dare più adeguata battaglia alla rivoluzione dell’Isis" , ha detto Mohammad-Mahmoud Ould Mohamedou, un membro del "Centro di Ginevra per il sito web la politica di sicurezza ".
Ma intanto questi sporchi assassini potrebbero già essere nel nostro Paese.
Inserito da bea il 29/06/2015 11:52:58
Bravo Massimo, una descrizione chiara e precisa della situazione attuale. Molto pericoloso anche che IS ha una ammistrazione funzionante, incl. Internet etc collegata con tutto il mondo. Hanno il denaro, le armi pesanti, e sappiamo bene perché ... Vediamo che stanno accerchiando il Mediterranneo, e nessuna strategia efficace dalla parte degli aleati: USA occupati a minacciare la Russia, UE occupati a minacciare Tsipras... Da noi - penso io - sono pericolosi le piccole cellule che si formano nel nascosto con i giovanni indottrinati, radicalizzati, che poi "lavorano" per sommi capi, perché è difficile identificarli prima. Ed i nostri politici? Si bagnano solo nei loro propri interessi. Finché sará troppo tardi.
Inserito da ELEONORA il 29/06/2015 09:26:51
QUESTO è SICURO!!!
Inserito da VIVIANE il 29/06/2015 09:25:57
pazzescooooo .. !!!
Inserito da Alessio il 29/06/2015 09:25:01
Articolo perfetto che spiega l'inconsistenza degli alleati contro l'avanzata del califfato... Quando arriveranno da noi sarà troppo tardi... Bravo Melani
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