Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
La Grecia ha votato, il no ha vinto. Il ministro per l’economia Varoufakis si è appena dimesso, aveva promesso di farlo in caso di vittoria del Sì. Cosa sta accadendo?
La motivazione ufficiale addotta dall’ormai ex ministro greco è abbastanza significativa, il passo indietro sarebbe scaturito dalla volontà di non ostacolare la ripresa dei negoziati con l’Europa presso la quale egli era assai poco amato, non dimentichiamo che prima dell’esito del referendum aveva indirizzato ai rappresentati della troika il poco conciliante epiteto di terroristi.
Quindi senza dubbio Varoufakis con le sua motocicletta sprint, le magliette o le camice fuori dai pantaloni, lo zainetto sulle spalle era il prototipo di quel che la compassata Ue non sopporta, accetta a malincuore le birichinate dell’italico Renzi solo perché al momento opportuno china il musino docile docile come un cagnolino perfettamente addestrato.
L’ellenico in sei mesi ha mostrato di essere tutto tranne che conciliante, e anche dal punto di vista diplomatico le feluche avrebbero di che ridire.
Quel che non è chiarissimo a questo punto riguarda la posizione di Tsipras. Non vuole uscire dall’Euro, non vuole accettare le condizioni dei creditori Ue, non vuole più Varoufakis. Adesso si dovrà scoprire cosa vuole e se lo otterrà.
Il paradosso sarebbe che, dopo tutto questo ambaradam, il premier greco accettasse le condizioni europee della vigilia del voto, dimostrando che il frettoloso referendum è stato convocato solo per costringere i greci a rinnovargli la fiducia in via indiretta e quindi essere autorizzato a imporre le riforme che essi non vogliono, ma che pretende l’Europa, magari con qualche belletto superficiale che finga un accordo trattato da una posizione di forza.
Ipotesi peregrina? Speriamo, lo speriamo soprattutto perché se non sarà così e se Tsipras tratterà con la forza del dissenso di base nei confronti dell’Europa e delle sue regole dissennate potremo anche noi, ma anche gli spagnoli e i portoghesi, sperare di sbattere finalmente i famosi pugni sul tavolo e mandare al diavolo il famigerato pareggio di bilancio che ci incombe sul collo peggio di una ghigliottina.
Non dimentichiamo che Renzi si era guadagnato il consenso promettendo agli italiani una linea dura nei confronti delle pretese della Ue, poi le cose sono andate come tutti sappiamo, e il suo consenso si è dimezzato.
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