Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
ul «Corriere della Sera» Claudio Magris ammonisce affinché, a proposito della crisi ellenica, non ci si faccia influenzare dalla grandezza del passato della Grecia. Certo ha ragione (almeno in parte, se le colpe dei padri ricadono suoi figli non si vede perché i loro meriti debbano invece essere intrasmissibili), troppo facile dire siamo stati la culla della civiltà e dunque ogni peccato ci sia rimesso anche perché quei peccati non sono stati compiuti in nome della civiltà ma per una certa dissennatezza.
D’altra parte è anche vero che questa Europa finta, che senza la Grecia non esisterebbe, si è lasciata subornare dal sistema americano il quale, cosciente di non avere una storia di grandezza e di emanazione della civiltà alle proprie spalle, si è inventato un diverso modo di interpretare i valori:
Profitto: Il denaro omnia vincit
Meritocrazia fondata sulla maggiore capacità di guadagnare e non sulle capacità intrinseche al proprio campo professionale, ha vinto l’etica calvinista secondo la quale il guadagno in denaro è dimostrazione del ben volere di Dio: così un ottimo avvocato, per esempio, guadagnerà più merito (poiché produce, e guadagna, più soldi) di quanto possa mai aspirare a fare un altrettanto bravo professore universitario che produce “solo” sapere.
Temerarietà con gli altrui capitali: le bolle finanziarie sono un magnifico esempio di turlupinatura di pochi a danno di molti (che peraltro come deficienti si sono fatti turlupinare)
Coraggio nello sfidare il sistema per spremerne, dalle pieghe nascoste, quanto serva a ottenere il privilegio per sé a scapito di chi lo osservi invece pedissequamente: il segreto sta nell’avere un buon avvocato e un ottimo commercialista, pochi possono permetterseli, ma li pagano benissimo e così torniamo all’esempio della meritocrazia, per cui il maggior merito va a chi sa ben aggirare la legge per i pochi privilegiati che se lo possono permettere – in tutti i campi.
Tornando ai greci e alla loro grandezza passata che certo non può immunizzarli dalla malattia della modernità, vale la pena però rinfrescarci la memoria a proposito di quel grande condottiero, statista, uomo di governo, cittadino, soldato, mecenate che fu Pericle.
L’età di Pericle continua a rimanere un modello insuperato non solo perché, come leggerete di seguito, si realizzava la vera democrazia e non la sua versione farlocca che conosciamo e pratichiamo, ma soprattutto perché di concerto funzionavano le arti, il benessere, lo svago.
Fu forse la prima, senz’altro l’ultima (con una eccezione per i romani che in parte si avvicinarono al modello pericleo) in cui l’etica si coniugava con l’estetica e costituiva uno Stato equo, solidale, meritocratico, ricco, bello, giusto saggio.
Leggere l’orazione di Pericle agli ateniesi nella quale, ricordando i caduti nella guerra del Peloponneso rievoca i pregi della Costituzione ateniese secondo quanto riportato dalle Storie di Tucidite (II, 36-37)
37 Utilizziamo infatti un ordinamento politico che non imita le leggi dei popoli confinanti, dal momento che, anzi, siamo noi ad essere d'esempio per qualcuno, più che imitare gli altri.
E di nome, per il fatto che non si governa nell'interesse di pochi ma di molti, è chiamato democrazia;
per quanto riguarda le leggi per dirimere le controversie private, è presente per tutti lo stesso trattamento;
per quanto poi riguarda la dignità, ciascuno viene preferito per le cariche pubbliche a seconda del campo in cui sia stimato, non tanto per appartenenza ad un ceto sociale, quanto per valore;
e per quanto riguarda poi la povertà, se qualcuno può apportare un beneficio alla città, non viene impedito dall'oscurità della sua condizione.
Inoltre viviamo liberamente come cittadini nell'occuparci degli affari pubblici e nei confronti del sospetto che sorge nei confronti l'uno dell'altro dalle attività quotidiane, non adirandoci con il nostro vicino, se fa qualcosa per proprio piacere, né infliggendo umiliazioni, non dannose ma penose a vedersi.
Trattando le faccende private, dunque, senza offenderci, a maggior ragione, per timore, non commettiamo illegalità nelle faccende pubbliche, dato che prestiamo obbedienza a coloro che di volta in volta sono al potere ed alle leggi e soprattutto a quante sono in vigore per portare aiuto contro le ingiustizie e quante, benchè non siano scritte, comportano una vergogna riconosciuta da tutti.
38 Inoltre ci procurammo moltissime occasioni di svago dalle fatiche, per il nostro spirito, dato che celebriamo secondo la tradizione giochi e sacrifici per tutto l'anno e grazie a case e suppellettili eleganti, il cui godimento quotidiano allontana lo sconforto. Poi, a causa dell'importanza della nostra città, giungono tutti i generi di prodotti da ogni terra e ci capita di godere dei beni della nostra regione con una disponibilità altrettanto normale che godere di quelli delle altre genti.
Siamo consapevoli che si tratta di una faccenda del V secolo avanti Cristo, ma non ci sembra “robaccia” morta e sepolta, assomiglia tanto alle chiacchiere delle anime belle che ben conosciamo, a differenza loro, Pericle e i suoi praticavano quel che predicavano!
Ps. Nel web in questi giorni dopo la fiammata solidaristica (di una parte) a favore dei greci e della lor alzata di testa contro la Ue circola una versione interpolata dalla frase: “noi greci siamo fatti così” che ovviamente non appartiene allo stile di Tucidite, e tantomeno a quello di Pericle, ma è solo una chiosa interna per rendere più seduttivo il testo banalizzandolo qual tanto che serve a sintonizzarlo con i nostri tempi e le nostre sensibilità. Appunto!
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