Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Domenico Del Nero
Dante e Michelangelo. La grandezza del genio toscano che diventa veramente universale: due artisti capaci di evocare immagini straordinarie, l’uno con le parole che erano davvero “faville del maglio”, per usare la nota espressione di D’Annunzio, l’altro con le immagini. Ed era inevitabile che il sommo artista conoscesse, amasse e si ispirasse all’Altissimo Poeta: entrambi geni, ma anche entrambi toscanacci …. con tutte le conseguenze del caso.
Davvero bello
dunque il tema di quest’anno del
Concorso Buonarroti, promosso dalla
Sezione Didattica della Fondazione Casa Buonarroti e realizzato grazie
al contributo di Banca di Cambiano, Unicoop Firenze, Toscana Energia e Giunti
T.V.P. Editori: Dante in Michelangelo;“Fossi io pur lui”, riprendendo un
celebre sonetto dedicato dal Buonarroti all’Alighieri.
Un appuntamento ormai giunto alla terza edizione, rivolto esclusivamente agli
studenti delle scuole superiori e che ha il grande merito di proporre agli
studenti di cimentarsi in una prova seria e non certo facile, articolata nelle
tre sezioni letteraria, artistica e musicale: saggi e/o racconti per la prima,
disegni, pitture o sculture per la
seconda, composizioni musicali per la terza.
Per il secondo anno consecutivo (ed ultimo, avendo ormai concluso gli studi liceali) vincitore della sezione letteraria del concorso è il giovane collaboratore di Totalità.it Niccolò Andreotti, che già lo scorso si era imposto con il bellissimo saggio/ racconto sul tema Michelangelo giovane nel Giardino di San Marco. La fecondità di una scuola: quale il segreto, allora e oggi?
Ancora una volta, Niccolò Andreotti ha scelto la stessa formula, sceneggiandola però in forma di dialogo. Per meglio far risaltare l’influenza di Dante in Michelangelo introduce infatti un terzo artista, una sorta di …. Virgilio che guidi il lettore alla scoperta della sinergia e della sintonia dei due grandi artisti per la realizzazione di quel capolavoro straordinario che sono gli affreschi del Giudizio universale nella Cappella Sistina.
Fedele al suo metodo di documentazione esatta e rigorosa, con un equilibrio quasi manzoniano di storia e invenzione, Andreotti riprende infatti un episodio reale: nell’aprile 1912, il grande poeta e musicista scapigliato Arrigo Boito, ammiratore e “discepolo” di Dante, riceve dall’amico francese Camille Bellaigue la richiesta di condurlo a visitare gli affreschi della Cappella Sistina. Ecco dunque che Boito, che accettò con grande piacere, si trovò a fare da “Cicerone” (o meglio da … Virgilio) a un caro amico che era anche un raffinato uomo di cultura.
Non possediamo, purtroppo, un resoconto di quella visita, che data la statura dei due personaggi sarebbe senz’altro stato di grande interesse. Ma qui subentrano la fantasia e la creatività: il giovane Andreotti, con una sicurezza di metodo e una leggerezza di stile sorprendenti soprattutto in un giovane della sua età, costruisce un dialogo e un confronto credibilissimo: la presenza di un terzo artista, sensibile e raffinato come il grande scapigliato, consente tra l’altro di inquadrare ancora meglio il rapporto tra i due antichi maestri, il modo in cui Michelangelo recepì e concretizzò alcune visioni e intuizioni dantesche.
Un lavoro di grande ricchezza e sensibilità, in cui metodo, cultura e fantasia interagiscono tra loro. Che ci sia un talento in arrivo?
Dante e Michelangelo: Un agitarsi alterno fra Paradiso e Inferno
Niccolò Andreotti
Roma,1912.ArrigoBoito è stato da poco nominato senatore del Regnod’Italia:tutti hanno letto il suo Libro dei versi e il suo Mefistofele, rappresentato nei più importanti teatri d’Europa.Ormai ha settant’anni e soffre di angina pectoris. Quando non scrive ripensa al suo grandioso dramma, oggi così celebre: era stato presentato per la prima volta alla Scala di Milano ma a causa dei disordini ripetutamente verificatisi in teatro, era stato costretto a interrompere le esecuzioni e aveva dovuto lasciare il teatro sotto scorta.
Per la creazione del Prologo in cielo aveva avuto come guida più il Paradiso di Dante che Goethe1;
d’altronde Dante gli aveva ispirato anche alcuni dei suoi più celebri versi. Il famoso incipit di Dualismo: "Son luce ed ombra; angelica/farfalla o verme immondo" deve molto al Divin Poeta. Si veda, infatti, Purgatorio, X1 24-25:"siam vermi/nati a formar l'angelica farfalla". Boito aveva poi recuperato da Dante il suo plurilinguismo, capace di accostare con sapienza sermo humilis e tecnicismi,e un ricco e suggestivo vocabolario (al v.51 della lirica sopra citata si legge “che s'indìa”, dove il verbo indiare è prelevato direttamente da Paradiso, IV 28).
Boito però non era stato l’unico ad aver avuto Dante"sempre dinanzi agli occhi"2e lo sapeva bene.
Un giorno il grande scapigliato si era recato alla Cappella Sistina e proprio qui aveva plasmato il suo Mefistofele, sorta di Virgilio rovesciato,che guida il proprio allievo Faust nella scalata a quella specie di inferno capovolto che è il Broken, luogo di macabri convegni stregoneschi3.
Che piacevole sorpresa ricevere quella lettera dell’amico francese Camille Bellaigue: aveva bisogno di lui per scrivere proprio la storia della Cappella Sistina. Dopo aver udita insieme la messa gregoriana l’11aprile, avrebbero cercato di definire insieme l’antitesi che faceva, sotto la volta della Sistina,l’incontro di Michelangelo con Dante: misticismo e splendore di forme, Rinascenza e ascetismo. Boito risponde entusiasta: se l’anno prima s’erano incontrati a Genova, questa volta, prometteva, si sarebbero incontrati, sì, a Roma4.
Caron dimonio, con occhi di bragia
loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s'adagia5.
"Tutta l’opera del Buonarroti - confida Boito a Bellaigue mentre i due entrano in San Pietro - rivela il suo amore sviscerato per Dante6. Nella Cappella Sistina ciò accade con intensità - precisa il francese - tale è la varietà delle teste, la moltitudine delle figure,la terribile grandezza dell’opera, la sua armonia cromatica che essa pare fatta in un giorno".
Entrati in quel luogo senza tempo tinto i loro sguardi si perdono inevitabilmente su quella parete dietro l’altare della Cappella:qui sfilano, come in un quadro vivente, gli eletti e i dannati,gli angeli e i diavoli,i morti e i vivi con i loro affetti sconsolati. È il Giudizio Universale e qui la presenza di Dante è avvertibile più che altrove. Boito indica all’amico la figura di Caronte e sussurra "Batte col remo qualunque s’adagia".
“Chissà quante volte Michelangelo avrà tenuto sul suo tavolo carico di fogli, penne e carboncini anche un esemplare dell’Inferno dantesco aperto al canto di Caronte7. Come nella tradizione classica, Caronte, personaggio mitologico prima e essere demoniaco poi, traghetta le anime nell’aldilà – continua Boito – In Dante, Caronte percuote col remo le anime che fanno l’atto di sedersi, costringendole a stare in piedi, per raccoglierne ad ogni traversata sulle acque del fiume infernale il maggior numero possibile”. Bellaigue interrompe l’amico: ”In Michelangelo invece il demonio percuote i dannati per farli scendere dall’imbarcazione”.
Una simile figura, che veniva dalla mitologia pagana, avrebbe destato scandalo in anni di Controriforma; ma diversi scrittori, già all’epoca, avevano finito per giustificarla ricorrendo all’autorità di Dante. Boito ricorda che, appena nel1549, il letterato fiorentino Benedetto Varchi, buon amico di Vasari, si chiedeva: ”Chi vede quel suo Caronte, che non gli venga subito nella mente quella terzina di Dante Caron demonio…?”8 Forse il Caronte che stanno osservando non è esattamente bianco per antico pelo ma i suoi occhi allucinati sembrano realmente esser fatti di bragia: ”Epica virgiliana, dantesca e michelangiolesca” dice Boito.
Stavvi Minòs
Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l’intrata;
giudica e manda secondo ch’avvinghia.9
“Michelangelo aveva la Divina Commedia tutta a memoria”10 mentre Boito pronuncia queste parole i suoi occhi e quelli di Bellaigue pur non spostandosi da quella parete si muovono un po’più in basso."Un altro essere demoniaco. Immaginato dagli antichi poeti quale giudice infernale insieme con Eaco e Radamanto, è da Dante trasformato in un mostro con la lunga coda che giudica le anime dell’Inferno e le assegna ai vari cerchi, cingendosela tante volte di seguito attorno al corpo quantunque gradi vuol che giù sia messa” spiega Boito.
Risponde l’amico: "Questo Minosse ha qualcosa di…mefistofelico!" Al che Boito sorridendo risponde:«Infatti, proprio Dante e Michelangelo mi hanno ispirato il grottesco. Guarda quei volti e soprattutto la coda: questa è un’invenzione di Dante, non c’era né in Virgilio né in alcun autore antico. Michelangelo ha dato forma visibile a quel grottesco che il poeta aveva evocato nelle sue terzine”11. Bellaigue precisa: ”Tuttavia anche qui Michelangelo non illustra, ma interpreta Dante a modo suo, sostituendo alla lunga coda del mostro infernale un serpente che lo morde”. Boito conferma: ”L’intento è palesemente vendicativo: Michelangelo volle infliggere una pena a Biagio da Cesena, qui raffigurato sotto le sembianze di Minosse, per aver aspramente criticato le nudità dell’opera, non ancora finita, dell’artista e questi lo raffigurò appunto come giudice crudele dei morti12… non per nulla Dante era un fiorentino spirito bizzarro e Michelangelo non era da meno anche se nato a Caprese, in Valtiberina”.
O sanguis meus, o superinfusa
gratia Dei, sicut tibi cui
bis unquam celi ianua reclusa?14
“Cos’altro?” domanda Bellaigue. Boito si volta: “Guarda quella lunetta, quella che reca i nomi di Iacob e Ioseph.” L’amico non capisce. “Nelle lunette che occupano la parte superiore delle pareti della Cappella sono elencati i regali antenati di Cristo, fino ad Abramo”. Boito lo invita a osservare meglio: “Quel vecchio con il bambino…non ti sembra di vedere l’avo Cacciaguida con il piccolo Dante?”15. Bellaigue: “Sarebbe possibile? Michelangelo avrebbe colto in questo modo il passaggio di consegna fra i due?” Boito: ”Non avrebbe fatto altro che anticipare una scoperta recente negli studi danteschi,quella di figura. Ogni personaggio dantesco può rappresentare o il compimento nell’eternità di ciò che è stato in vita o essere nello stesso tempo se stesso e umbra futurorum di un altro. Il vecchio Cacciaguida qui è l’anziano cavaliere ma anche figura del suo discendente che impugnerà l’arma della poesia invece della spada: entrambi difensori della fede. Ma quest’immagine vale immensamente più di tutte le dotte disquisizioni16. In un certo senso Michelangelo ha effettivamente anticipato e colto, da artista, la straordinaria complessità e ’polisemicità’ dei personaggi danteschi’. Bellaigue concorda: ”Michelangelo possiede come Dante il segreto di ispirare una calda vita nelle figure riesce a restituire la bella materialità e contemporaneamente l’idea del potente, il concreto e il presente essere simbolo e contemporaneamente il carattere che permane vero in tutti i luoghi e in tutti i tempi”.
Fuss’io pur loro
I due si accingono a uscire dalla Cappella Sistina. Boito si gira e ancora una volta ripensa ai suoi versi e alla sua musica che tanto devono a Dante e a Michelangelo: "Le figure di Michelangelo ci mettono perfettamente davanti agli occhi ciò che Dante ha espresso con le parole. Come quelle di Dante esse invadono le nostre anime, penetrano nella nostra memoria e vi affondano, rimanendovi indelebili"17. I due amici escono in silenzio. "Fuss’io pur lui" pensa tra sé Boito meditando il celebre sonetto di Michelangelo o meglio – e la riflessione gli strappa un sorriso – fuss’io pur loro!
Nonostante Michelangelo non abbia mai propriamente illustrato la Divina Commedia, egli in arte, resta sicuramente il suo maggior interprete .Ci è riuscito grazie al suo amore per il soggetto e all’ energia dell’espressione e della tecnica. D’altra parte, le prove della sua venerazione per Dante e per il suo poema abbondano e sono di un’intensità tale che rivelano in Michelangelo assai più che una semplice ispirazione letteraria e artistica .L’esser come Dante toscano, sentir lo stesso sdegno per le bassezze umane, l’aver lottato per il bene della patria, averne visto lo strazio e l’esser stato esiliato furono tutte cose che dovettero portare Michelangelo a combattere la corruzione e a riconoscere in Dante un fratello di dolore, un maestro di dignità e un esempio di fierezza. Per lui quindi la Divina Commedia divenne una necessità dello spirito e sull’esempio di Dante riuscì dipingere il profondo
male e il sommo bene, a sognare il Paradiso nell’inferno.
1Domenico DELNERO,Arrigo Boito un artista europeo, Firenze ,Le Lettere1995,pp.63-65
2Benedetto VARCHI, “Sulla pittura e scultura” in Opere di Benedetto Varchi per la prima volta raccolte, Trieste,Lloyd
Austriaco, 1859 ,p.646
3Marco EMANUELE, Opera mondo e crepuscolo del melodramma, in Mefistofele, Teatro Regio di Torino, stagione
2001-2002,Torino, edizioni Teatro Regio,2002,p.23
4L’episodio è reale ed è citato in PieroNARDI, Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942,p.661-662.Naturalmente
l’episodio è statoda me
rielaborato sotto un profilonarrativo ma sempre seguendo fonti
e studi di cui si darà
conto
5INF .III vv.109-112
6Giovanni PAPINI,Michelangelo e Dante, Milano,Mondadori1961,p.578
7Irving STONE ,Il tormento e l’estasi. Il romanzo di Michelangelo, Milano, Corbaccio,2013.
8Benedetto VARCHI,Sulla
pittura …, cit. p.646
9INF V, vv.4-6
10Corrado GIZZI, Michelangelo e Dante, Milano, Electa, 1995, p.223
11Giorgio PADOAN,“Minosse”in Enciclopedia dantesca, Roma, Treccani 1970, p.963
12C. GIZZI, Michelangelo … cit. p.232
13PAR, XVII v.
13
14PAR,XV vv. 28-30
15Si trattadi unatesisostenuta da alcuni studiosi cfr .C. GIZZI, Michelangelo … cit. p.227
16Ho posto in bocca a Boito la celebre“concezione figurale”elaboratadal grande dantistaErik Auerbach (Studi su
Dante,Milano,Feltrinelli,2005pp.214-226)
17C. GIZZI,Michelangelo …
cit. p.232.
BIBLIOGRAFIA
Ascanio CONDIVI, Michelangelo:la vita raccolta dal suo discepolo Ascanio Condivi; revisione, introduzione e note per cura di Paolo D'Ancona,Milano, Cogliati, 1928.
Giovanni PAPINI, Dante e Michelangelo, Milano,Mondadori 1961.
AA. VV., Michelangelo;Architettura, Pittura, Scultura, Milano, Bramante Editrice, 1964. Giorgio PADOAN, Enciclopedia dantesca, Roma,Treccani 1970.
Corrado GIZZI,Michelangelo e Dante, Milano, Electa, 1995.
Domenico DELNERO,Arrigo Boito;un artista europeo, Firenze,Lelettere1995. Bruno NARDINI, Michelangelo; biografia di un genio, Firenze, Giunti, 2000.
Marco EMANUELE, “Opera mondo crepuscolo del melodramma”, in Mefistofele, Teatro Regio di
Torino, stagione 2001-2002, Torino, edizioni Teatro Regio, 2002. Erik AUERBACH, Studi su Dante, Milano, Feltrinelli, 2005.
Irving STONE,Il tormento e l’estasi. Il romanzo di Michelangelo,Milano, Corbaccio,2013 (1°ediz.
1996).
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