Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Era il 24 settembre 2014 quando la maggioranza di Governo venne spaccata, in primis, dal dissenso del partito NCD che ebbe a votare contro e, poi, da Forza Italia, ambedue gli schieramenti molto preoccupati di consegnare nelle grandi falangi delle procure un immenso potere, atto a colpire chi tenta di disapprovare la linea ferrea dei PM, un grande calderone dove rientrano anche i giornalisti d’inchiesta.
Ora è la volta del Senato.
Mattarella sollecita a gran voce il sì definitivo, visto che quasi un anno fa finì con 351 Sì, 50 No e 26 astenuti.
Renzi, come al solito, per non pestare i piedi a poteri che potrebbero stritolarlo con inchieste improvvise e inaspettate appoggerà la proposta, così come il Presidente del Senato Grasso che spera di arrivare ad una risoluzione definitiva senza fratture o divisioni.
Il PD spinto da Renzi accetterebbe il testo tale e quale com’è stato realizzato.
E questa presa di posizione dovrebbe preoccupare e non poco, in quanto la norma, originariamente di 5 minute righe, pensata solo per reati gravi come strage e mafia e rivolta principalmente ai pubblici ufficiali, è stata poi ampliata a dismisura, comprendendo anche i cosiddetti reati comuni. E le pene sono molto severe: fino a 4 anni di reclusione “per chi ostacoli o impedisca indagini o processi distruggendo, nascondendo o alterando le prove e creando false piste”. Pena che aumenta da un terzo alla metà per il pubblico ufficiale e da 6 a 12 anni se il reato riguarda processi per stragi e terrorismo, mafia e associazioni segrete, traffico di armi e materiale nucleare.
Se la legge passasse così com’è esiste la mera possibilità che si riveli un'arma anche contro la libertà di stampa. Nell'autunno scorso Ncd sostenne che il reato è stato delineato in modo «fumoso ed indeterminato», con il rischio concreto di un'applicazione strumentale della norma. Fi denunciò un provvedimento «liberticida», voluto dal «partito delle procure», che poteva dare al Pm il «potere assoluto di stabilire quale sia la linea corretta dell'indagine». Anche il magistrato Stefano Dambruoso, deputato di Sc, riconobbe in aula il suo imbarazzo di fronte ad una norma «fatta tecnicamente male».
Ora, però, sull'onda dell'emozione per le celebrazioni dell'anniversario della strage di Bologna, l'accelerazione che si vuole dare al provvedimento potrebbe impedire di correggerne gli errori.
«Il governo - afferma il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri - è impegnato in prima linea e sta seguendo e sostenendo con interesse la proposta di legge, ora all'esame del Senato, per l'introduzione del reato di depistaggio nell'ordinamento italiano. È importante che la magistratura abbia tutti gli strumenti necessari per cercare la verità».
Per Alessandro Di Battista del M5S, in realtà, le dichiarazioni di questi giorni sono solo divulgazione propagandistica. «Il governo Renzi - dice - è impegnato su una legge per mettere il bavaglio ai giornalisti, impedendo la pubblicazione delle intercettazioni e non si sta minimamente occupando del reato di depistaggio». Che potrebbe rivelarsi, anch'esso, un discorde nonsense o qualcosa di molto peggio.
L’importante è che la proposta porti vantaggi a Renzi, poi, per il resto, tutti dentro indiscriminatamente.
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