Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Con il nuovo “patto del Nazareno”, concluso da Berlusconi sulla Rai ci possiamo attendere ricostruzioni storiche sul fascismo misurate ed equilibrate, rivisitazioni del leghismo aperte e sensate e trasmissioni televisive affidate a Marcello Veneziani, Gennaro Malgieri o Vittorio Feltri? Certamente no, perché l’affaire si tradurrà in un’intesa semplice e diretta tra Rai e Mediaset con buona pace di tutti.
Un argomento tanto cruciale, sfruttato da Berlusconi per le sue manovre e per infliggere ulteriori mortificazioni ai partiti suoi alleati, ha proclamato naturalmente una serie composita di commenti. Il collega Sandro Rogari nega si sia trattato di una “riforma” e lamenta l’esclusione di De Bortoli, ostile da sempre al “Granduca”. Segnala poi – aspetto sul quale non è stata posta eccessiva considerazione – lo strapotere conferito al direttore generale “longa manus del governo” e conclude , denunziando il mancato “colpo d’ala con il varo di un’azienda “di preminente interesse nazionale, magari con una golden share nelle mani del Tesoro, ma privatizzata, rispondente ad un azionariato diffuso, non ai partiti”. In altri termini una riforma autentica e sostanziale e non una farsa secondo il costume imposto dal clan al potere.
Ancora più pesante è il giudizio espresso da Dario Di Vico sul “consiglio di amministrazione di serie B”, “composto per la più da giornalisti della carta stampata in una singolare rivincita romana dei nipotini di Gutenberg sul mezzo televisivo”.
Al “premier” gli osservatori maliziosi – di certo la grande maggioranza – attribuiscono l’obiettivo di volere “un uomo solo al comando” e ai berlusconiani di avere assecondato “in una logica da “piccolo Nazareno” il disegno ribassista del premier”. Il “pasticciaccio” sulle nomine dei 4 consiglieri pensionati, tra i due giornalisti centristi Diaconale e Mazzuca, desta perplessità dal momento che il decreto sulla PA non ha ancora valore vincolante e condizionante di legge, almeno secondo le norme di uno Stato civile, scandito da regole consolidate.
Sulla pagina squalificante del numero legale, garantito dalle minoranze al momento del varo del provvedimento sulla PA, lasciano increduli e stupefatti le dichiarazioni di voto critiche dei senatori Giovanni Mauro (GAL) e Paola Pelino (FI). Per il primo il disegno di legge “ha una pluralità di deleghe così ampia da aver costituito per motivo di scandalo. Non si può prevedere che il Parlamento con un unico provvedimento conceda deleghe così ampie al Governo in settori così grandi della pubblica amministrazione”. Per la parlamentare abruzzese “questo disegno di legge non rappresenta una riforma della pubblica amministrazione, ma recita il titolo stesso del provvedimento, una mera riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni.
Mentre si rimane apertamente e decisamente lontani ed ostili agli auspici avanzati dal direttore di “Libero” per una intesa tra berlusconiani e renziani “su un mirato e specifico programma per la ripresa economica”, pare accreditata la candidatura di Paolo Del Debbio a Sindaco di Milano, la cui figura, la cui storia, la cui levatura sono lontane miliardi di anni luce dalle caratteristiche del preteso I cittadino di Roma, Alfio Marchini.
AMMINISTRATIVE 2019, IPOTESI PATTO PER FIRENZE? Se ne parla sottovoce, ma in molti ci sperano.
En Bien! La Francia alle urne... ma per andare dove?
L'Italia senza Renzi è un po' più seria ma molto più imbambolata, meglio che torni magari in dosi meno esagerate
Subito elezioni? Forse meglio di no. Spiegalo al centrodestra.
Intellettuali snob, sondaggisti, cantanti pseudo-colti, giornali: tutti gli sconfitti insieme alla Clinton